martedì 18 settembre 2018
Da oggi tornano le Coppe europee. Iniziano Inter e Napoli. Domani sarà la volta di Juve e Roma. Le tv spalmano e le grandi società annunciano un nuovo torneno dal 2021
E ora l'Europa vuole la terza Coppa
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E da stasera con Inter-Tottenham ( Tv: su Sky, ore 18.55) e Stella-Rossa-Napoli (Sky, ore 21) ci siamo veramente, la stagione del calcio ricomincia a girare a pieni cilindri. Il fischio d’inizio della fase a gironi della Champions League, seguito giovedì da quello dell’Europa League, riempie le ultime caselle vuote di un calendario che sarà oberatissimo da qui a fine anno solare, campionati, nazionali, Coppe, di tutto e di più. Un piatto non abbastanza ricco, pieno per l’Eca, l’associazione che include 232 clubs di tutta Europa e presieduta da Andrea Agnelli: con la benedizione - per ora solo quella - dell’Uefa, il cartello delle società ha annunciato settimana scorsa l’introduzione dalla stagione 2021/22 di un terzo torneo europeo, del cui format ancora non è dato sapere se non il numero di squadre, che saranno 32 come in Champions ed Europa League, che dunque subirà una riduzione (oggi la prima fase è disputata da 48 club).

Ai nostalgici, agli agés, è scappato istintivamente un evviva in nome della cara, vecchia, mai dimenticata Coppa delle Coppe che contribuiva a riempire quei mercoledì infiniti che esplodevano di pallone già dal primo pomeriggio, con il moloch televisioni ancora lontano, lì problemi di orari o di contemporaneità non preoccupavano. La chiamavano “C2ö, i francesi, per abbreviare il chilometrico e cacofonico “Coppa europea dei vincitori di Coppa” coniato dagli inglesi, un 2 che stava a significare una sorta di ranking dei tre tornei che la poneva sotto alla Coppa dei Campioni e sopra la Coppa Uefa, “mamma” dell’Europa League. In realtà, non era così, e dai ’70 a tutti i ’90, la Uefa era in realtà una competizione di altissimo livello tecnico e agonistico, vincerla significava essere una big, molto più della Coppe, dove spesso c’era spazio per squadre non di primissima fascia. L’Italia ha aperto e chiuso l’albo d’oro con la Fiorentina nel 1961 e la Lazio di Vieri e Nesta nel 1999, in mezzo tanti successi (Milan due volte, e poi Juventus, Sampdoria, Parma) e qualche bel ricordo, come quello dell’Atalanta di Mondonico che, dal plateau della Serie B, arrivò a sfiorare la finale nel 1988.

Di revival, di ricostituzione di questo torneo, tuttavia, non se ne dovrebbe proprio parlare: in mancanza di notizie certe, per capire quali nuove porte europee si apriranno ai club bisogna affidarsi agli indizi e alla logica. La logica, ahinoi, è sempre quella del denaro e dalla sua principale fonte, vale a dire gli sponsor e le televisioni. Che gradirebbero un intelligente mix tra piazze dal potenziale e dal target comunque importante e tutti quei mercati, Paesi, che rimangono fuori dalla porta specialmente nella nuova Champions League, che assegna metà dei posti a sole quattro federazioni e pesca dalla teoria delle qualificazioni solamente sei team. Fare più spazio alla costellazione delle nazioni medio-piccole aveva già portato l’Uefa nazioni a valutare l’allargamento a 64 partecipanti dell’Europa League, ma il progetto della nuova Coppa potrebbe essere un’idea ancora migliore: quella a cui si potrebbe assistere sarebbe insomma una sorta di piccola Champions (brutto dire di Serie B, ma il concetto sarebbe quello) in cui il parterre proveniente dai Paesi meno prestigiosi verrebbe completato da un pacchetto di squadre appartenenti alle “top leagues” d’Europa, piazzatesi nei loro campionati appena a ridosso delle posizioni che valevano l’accesso alle due principali competizioni.

Per intenderci, un po’ come funzionava qualche anno fa per la Coppa Intertoto: fosse già in pista oggi, una formula del genere avrebbe potuto coinvolgere Fiorentina, Sampdoria, Everton, Borussia Moenchengladbach, Saint Etienne, Nizza, giusto per fare un esempio. Oppure i grossi nomi potrebbero pervenire dal ranking Uefa, con posti riservati alle società meglio posizionate che non hanno staccato un biglietto per Champions o Europa League tramite il piazzamento in campionato. Una sorta di wild card per le big che sono inciampate in un’annata storta, insomma, e rimanendo nel giardinetto italiano, viene automatico pensare come le milanesi ex regi- d’Europa sarebbero state spesso ripescate in un meccanismo del genere.

Ipotesi, confortate da qualche voce, ma per ora solo ipotesi: intanto, il comitato per le competizioni per club dell’Uefa è al lavoro con in sottofondo il borbottìo dell’Associazione delle Leghe europee, alla quale l’annuncio di Agnelli con assist della federazione continentale non è piaciuto. I gestori dei campionati lamentano innanzitutto di non essere stati coinvolti nella decisione, e in qualche caso (non in Italia, certamente) il fatto che l’aumentato accesso ai premi europei contribuisca ulteriormente a squilibri interni. E poi la questione calendario: gli “spezzatini” già abbondano, incastrare nuove partite senza sovrapporle creando le necessarie pause sarà un affare complicato. Non siamo più nei ’70, quando la Coppa delle Coppe poteva essere diffusa in sintesi registrata o riassunta su Eurogol da Giorgio Martino e Gianfranco De Laurentiis. Bisognerà incastrarla, e il bello è che lo stesso Agnelli ha parlato di «necessità di modernizzazione dei calendari ». Considerando la situazione già in essere, un piccolo ma intenso brivido è più che comprensibile.

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