sabato 9 giugno 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
​Non è facile scrivere di etica. Questo libro mi è costato dieci anni. Oggi si parla tanto di etica nella politica, etica nel lavoro, etica in economia, ma restano discorsi vuoti, se non addirittura ambigui. E la gente percepisce lo scarto fra la realtà e parole che abbiamo ereditato dalla tradizione, come fiducia, onestà, coraggio, lealtà, amore, perdono, fedeltà». A esprimersi così è Laura Boella, docente di Filosofia morale all’Università di Milano. Il libro in oggetto, pubblicato per Raffaello Cortina Editore, si presenta con un titolo particolarmente impegnativo, Il coraggio dell’etica, sullo sfondo della più classica delle iconografie etiche: San Giorgio che trafigge il drago. Insomma, perché l’ennesimo libro sull’etica?«Perché al di là del rifiuto per certi discorsi vuoti e ipocriti, c’è un bisogno molto forte di etica». Non è, piuttosto, che la gente non vuole sentirne parlare perché preferisce non essere etica?«In un certo senso agire eticamente negli affari, nel lavoro, nella politica significa aggiungere un supplemento d’anima ad attività che spesso si ritiene debbano rispondere solo a regole utilitaristiche, da abbellire, semmai, con un pizzico di etica. E poi c’è l’etica vista come moralismo o come richiamo a valori che tutti credono di conoscere, ma che in realtà sono messi in pratica solo dai santi e dagli eroi».E allora come si fa a far emergere «il bisogno di etica?»«Smontando l’equivoco nato col trauma subìto dall’etica in seguito alle catastrofi del ’900. Pensatori come Vladimir Jankélévitch, Hannah Arendt, Emmanuel Lévinas, hanno affrontato la grande sfida lanciata all’etica dal totalitarismo e dalla Shoah. Arendt ha parlato di "desolante paesaggio dell’etica", di "polverizzazione dei criteri morali". Per l’etica laica quanto successo nel ’900 è un dramma decisivo. Ecco, il mio libro parte da lì per trarre conclusioni contrarie alla tesi della disfatta dell’etica. Per dire che è possibile un vivere etico».Come si può costruire oggi un rapporto fra vita ed etica?«Intanto oggi l’etica non può essere estraniata dal corpo. Non si può più ragionare come Kant per il quale la legge del dovere prescinde dalle emozioni. L’etica oggi deve trovare origine nelle emozioni. Deve nascere dalla vita pur non potendo appiattirsi sulla vita, perché l’etica implica una rottura, un salto di qualità, che può diventare morale nel momento in cui interrompiamo le dinamiche legate ai soli bisogni materiali. Porsi il problema del bene e del male, o della fedeltà, per esempio, significa interrompere gli automatismi, le abitudini per collocarsi fuori dal coro. E lo si può fare esercitando la semplice funzione dell’immaginazione».Che cosa intende per immaginazione?«La capacità della mente che ci permette di mettere in relazione le nostre emozioni. È l’organo della fantasia, della creatività ed è la funzione fondamentale che ci sintonizza con ciò che è altro da noi. E questa è la base essenziale dell’etica. L’immaginazione è fondamentale nell’empatia perché mi consente di aprirmi a ciò che non sono ancora o a ciò che l’altro non è ancora».Per fare un esempio: lei scrive che l’immaginazione è alla base del perdono.«Perché il perdono nasce dalla capacità di immaginare per un altro un futuro diverso dal suo presente. Immaginare è, in questo, energia etica. Forze etiche come il bene, la verità, la bellezza, la giustizia sono in quanto vanno oltre la mia singolarità. Hanno una qualità che mi trascende. L’immaginazione consente di sintonizzarci con questi momenti ideali trascendenti. Questo è il movimento dell’etica, attraverso lo strumento dell’immaginazione».Forse serve un altro esempio.«È un po’ come aprire la finestra e affacciarsi. È un esercizio di immaginazione: sporgermi fuori dal mio privato e aprirmi a ciò che è altro. Questa è la base dell’etica».Tornando al perdono. Viene in mente Cristo sulla croce: «...perdona loro perché non sanno quello che fanno».«Ne chiede il perdono perché altrimenti resterebbero schiacciati da una colpa così grave. Vede nel loro futuro il meglio che potrebbero essere e non sono. Così facendo dona un’opportunità di riscatto. Ed è l’anticipazione di ciò che potremmo essere che ci fa vivere nella fiducia dell’altro. Questa si chiama etica della vita».Una scommessa sul bene che può accadere.«È fiducia, è coraggio. Perché ci vuole coraggio per dire la verità in prospettiva del bene futuro che ne può scaturire. Questo è il movimento dell’etica che nasce dalla vita. È un movimento contrario a tutto ciò che ci dice di adeguarci alle idee degli altri. È un riaprire i giochi della vita nel segno della fiducia».Ma quella finestra, oggi si apre sempre di meno.«Perché domina la paura. E, per citare Fassbinder, <+corsivo>«La paura mangia l’anima<+tondo>. Per questo, diceva Edith Stein, bisogna aprire gli occhi, spalancarli sulla vita. Stare chiusi in casa ci limita, ci uccide. Aprire la finestra diventa un necessario gesto liberatorio».Basta accendere la tv per essere travolti da millenarismi e visioni pessimistiche del futuro.«Penso che questo eccesso di pessimismo, a partire dalla questione economica, sia un grave errore. Non è etico. La paura è un grande contenitore ed è strumentalizzabile in molti modi. La posizione dell’uomo etico è quella rilanciata da Giovanni Paolo II col suo "non abbiate paura"».Il Papa si rivolgeva soprattutto ai giovani.«Perché sono i giovani che hanno più bisogno di essere aiutati a capire che, affrontata con coraggio, la vita è degna di essere vissuta».Come si fa a insegnare ex novo la distinzione fra bene e male?«La perdita della distinzione fra bene e male deriva dalla disabitudine a interrogarsi su quello che si fa. Oggi tutto è fungibile, ma per crescere è decisivo tornare a dire nelle cose di ogni giorno: questo va bene, quest’altro no. Oggi si preferisce omologarsi, appiattirsi sul luogo comune. Etica, invece, è mettersi in gioco in prima persona, assumersi la responsabilità».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: