martedì 14 novembre 2023
Al MedFilm anche la pellicola del cineasta iraniano vincitore del premio Diritti Umani di Amnesty: «Questo film è dedicato a tutti i registi in carcere»
"Endless Borders" del regista Abbas Amini presentato al MedFilm Festival di Roma

"Endless Borders" del regista Abbas Amini presentato al MedFilm Festival di Roma - Ufficio stampa del MedFilm Festival

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Fa un certo effetto leggere sui titoli di coda di Endless Borders, il lungometraggio che il 9 novembre scorso ha aperto la 29ª edizione del MedFilm Festival di Roma e vinto il premio Diritti umani di Amnesty International Italia, che il regista Abbas Amini lo ha dedicato «ai registi in carcere» perché anche a lui, che avrebbe dovuto partecipare alla manifestazione, è stato ritirato all’ultimo momento il passaporto e, dunque, impedito di muoversi dall’Iran.

Del resto è proprio di questo, di libertà, che parla Endless Borders. Di libertà e, anche, di amore, poiché è quest’ultimo ad accendere il motore della vicenda raccontata che si svolge in un remoto villaggio iraniano ai confini con l’Afghanistan. Un enorme distesa di terra grigia nel mezzo di un nulla che è grande e claustrofobico insieme, dove la vita è al limite della sopportabilità e dove i locali Balochi aiutano i rifugiati ad entrare nel Paese.

È qui che, in condizioni misere, vive Ahmad (Pouria Rahimi Sam), il protagonista, un insegnante in esilio la cui moglie Niloofar (Mino Sharif ) è in prigione per gli stessi motivi politici del marito: lei che è donna, è stata rinchiusa, per lui è bastato il confino. Ad Ahmad, che ogni giorno deve presentarsi all’ufficio per la libertà vigilata in una città vicina, è proibito insegnare ma lui lo fa con i bambini del posto e con un gruppo di hazara provenienti dall’Afghanistan, dove sono perseguitati dal regime dei Talebani.

Del gruppo fa parte una famiglia il cui vecchio patriarca è in fin di vita: ad accudirlo c’è la sedicenne Haseeba che Ahmad crede essere la figlia o la nipote. Quando si rende conto dell’amore segreto che unisce la ragazza a Balaj, figlio del capovillaggio, scopre che lei è in realtà la moglie del vecchio, venduta a lui dalla sua famiglia indebitata e ridotta in schiavitù. Inizialmente Ahmad si dichiara contrario alla relazione tra i due giovani ma quando si rende conto che la ragazza, scoperta dalla famiglia del marito, sta per essere uccisa, si schiera senza esitazione dalla loro parte, aiutandoli a fuggire verso la Turchia.

Durante questo viaggio sfiancante e pericoloso, nel quale bisogna superare fili spinati e muri (anche mentali) e che molto ci dice su cosa affrontino coloro che cercano di fuggire da quei regimi, Ahmad si riunisce alla moglie, appena rilasciata e deciso a portarla con sé verso la libertà, nonostante la titubanza di lei, restia a lasciare la sua famiglia.

È evidente già da queste poche righe come al centro del film ci siano diversi temi legati alla libertà: la violazione dei diritti umani, la discriminazione, la condizione delle donne, i pregiudizi.

A spiegarlo è la motivazione con cui Endless Borders è stato premiato da Amnesty International Italia: «Per lo scarno, mai inutilmente violento eppure potentissimo affresco di un territorio attraversato da abusi e brutalità che si affiancano e, spesso, si sovrappongono. Come sempre, le persone più vulnerabili sono quelle che subiscono le violazioni dei diritti umani e le discriminazioni più insopportabili. Come spesso accade, la speranza è nelle persone che trovano il coraggio di opporsi, di resistere, di mettere in discussione usi e realtà ostili e di lottare per la libertà, anche a rischio della propria vita».

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