martedì 2 novembre 2010
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L'inventore di Facebook – ovvero della piattaforma web per fare amicizia più diffusa al mondo – è in realtà un uomo solo. Esattamente come rischiano d’esserlo coloro che, ai difficili ma formativi rapporti diretti, sostituiscono le più comode, ma alienanti, "amicizie" virtuali. Questa l’intuizione più felice dell’interessante, e già popolarissimo, The social network: cioè del film campione d’incassi di David Fincher che è stato presentato ieri fra gli "eventi speciali" del Festival di Roma, attraendo un pubblico enorme e suscitando animate riflessioni.«La storia è quella, tutta autentica nei fatti, nei nomi e nei cognomi, dell’invenzione di Facebook da parte di Mark Zuckerberg, diciannovenne studente di Harvard – racconta Jesse Eisenberg (il giovane attore che lo interpreta) –. E della lotta per la paternità dell’invenzione che ha rivoluzionato la comunicazione fra i giovani». Assieme al geniale studentello, infatti, alla creazione di Facebook collaborarono nel 2004 il suo compagno di stanza e vari altri studenti dello stesso college. «Ma quando poi costoro minacciarono d’intralciare o ritardare gli sviluppi del progetto, Mark non esitò a metterli tutti da parte, tradendo la loro amicizia». La condanna morale dell’avidità del protagonista – e più in generale dell’ambiente affaristico in cui finisce per invischiarsi – è chiarissima nel finale, quando, ormai multimiliardario ma più solo che mai, per "diventare amico" dell’unica ragazza che ami, Mark deve ricorrere lui stesso a Facebook. «Senza però che lei gli risponda. Insomma – riflette l’interprete –, Mark ora è più isolato di quando cominciò, e non aveva ancora un dollaro. Ha creato un impero dal nulla, è famoso in tutto il mondo, ma alla fine non ha più un solo amico».Tuttavia il film di Fincher è indicativo – e persino un po’ inquietante – anche per le opposte reazioni che suscita. «Nonostante la sua immoralità, i giovani vedono il personaggio come un eroe, un ragazzo che fa cose fantastiche. Solo gli adulti ne condannano il cinismo. Io stesso – confessa disarmante Eisenberg – non riesco a considerare le sue azioni del tutto negative. In fondo lui non tradisce gli amici per avidità. Ma per far prosperare la sua creazione. Lui vive solo per Facebook, pensa solo a Facebook. Tutto il resto non conta». E non è un caso che gli stessi giovani che ieri a Roma affollavano la proiezione, l’abbiano poi applaudito come si fosse trattato di Rambo.Pare che i protagonisti reali della vicenda non solo non abbiano protestato per l’impietoso ritratto che ne fa il film; ma anzi abbiano fatto «tutti i loro complimenti. E il 1° ottobre, al debutto della pellicola in Usa – racconta Eisenberg – Zuckerberg ha addirittura organizzato dei bus per trasportare alla proiezione tutti i suoi dipendenti. Fra di loro c’era anche mio fratello. Il quale temeva di mettersi nei guai. Invece lui gli ha fatto i suoi complimenti; e poi li ha mandati anche a me, via sms».I soldi contano più di tutto, insomma? Comunque sia, incuriosisce la notizia che Jesse Eisenberg non è su Facebook. «No, non ho mai voluto iscrivermi. E non lo farò neppure ora. Il fatto è che quando girai il mio primo film andai su Google per vedere cosa la gente scriveva di me. Lessi cose così orribili che non sento la necessità di fornire ulteriori contributi a chi già mi detesta».
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