domenica 21 maggio 2023
Presentati a Torinoi dati Aie dell’editoria.Si attesta la crescita del mercato del libroma soprattuttosi consolida l’acquisto“in presenza” mentrecalano le vendite online
Il Salone del Libro di Torino

Il Salone del Libro di Torino - Ansa

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L’editoria italiana si guarda allo specchio nel Salone del libro di Torino e poiché il titolo dell’edizione di quest’anno della kermesse, la trentacinquesima, è “Attraverso lo specchio” anche il bilancio di chi fa libri deve andare al di là dell’apparenza per approdare dall’altro lato. Dove non ci sono i personaggi della fantasia di Lewis Carroll, ma un obiettivo ben preciso e concreto per il 2024: la partecipazione dell’Italia come Paese ospite alla Fiera del libro di Francoforte. Presenza decisa nel 2017, ma che è via via slittata per colpa della pandemia. E sarà un ritorno dopo ben 36 anni dall’ultima volta.

Ad aprire quel programma di iniziative sarà un concerto dell’Orchestra filarmonica della Scala alla Philarmonie di Berlino, come ha annunciato nella giornata di apertura il commissario straordinario del governo per l’evento, Ricardo Franco Levi, che presiede l’associazione italiana editori (Aie), incontrando al Salone il presidente della Buchmesse, Jürgen Boos.

Se non si tratterà di una Cavalcata delle Valchirie o di una verdiana Marcia trionfale, il settore è però in netta ripresa, con un crescita nel post-pandemia che si stabilizza. Come testimonia l’analisi dell’ufficio studi Aie su dati Nielsen BookScan e altre fonti, presentata a Torino nel convegno “Il mercato del libro: andamento e analisi”, in collaborazione con il programma Aldus Up finanziato dalla Commissione Europea attraverso Europa Creativa. Incontro al quale hanno preso parte Alessandra Carra (Feltrinelli), Marzia Corraini (Corraini edizioni), Diego Guida (vicepresidente di Aie e presidente dei piccoli editori), Stefano Mauri (Mauri Spagnol), Martino Montanarini (Giunti), Maria Teresa Panini (Franco Cosimo Panini editore) e Enrico Selva Coddé (Mondadori).

L’incremento delle vendite dei primi quattro mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2019 è stato del 17% (esclusa la scolastica). Le librerie fisiche hanno consolidato la loro posizione come primo canale di vendita dei libri (53,8%). Mentre è ancora calato l’online (41,5%), che però nel 2019 era appena al 27%. Leggero recupero della grande distribuzione, che si attesta al 4,7%. Questi dati, ha spiegato il responsabile dell’ufficio studi dell’Aie, Giovanni Peresson – «ci dicono due cose: la prima è che la crescita del mercato che si era innescata già a fine 2020 non era un fenomeno passeggero, ma una tendenza di lungo periodo che attesta e stabilizza il libro a valori di vendite superiori a quelli del prepandemia. Questo anche grazie a un’offerta editoriale capace di intercettare nuovi bisogni e nuovi pubblici. La seconda è che questo risultato viene perseguito tenendo bassi i prezzi, nonostante la crescita dei costi aziendali per materie prime ed energia». Insomma, l’inflazione corre, i prezzi di copertina no. A fronte di un aumento generale dei prezzi su base annua dell’8,3% ad aprile, il prezzo medio del venduto è cresciuto solo dell’1,1%.

La ripresa delle librerie, secondo i dati dell’Osservatorio Aie sulla lettura a cura di Pepe Research, è da attribuire a una precisa scelta dei lettori che nel 46% dei casi dichiarano di aver utilizzato di più la libreria negli ultimi 12 mesi per aver ridotto gli acquisti online e negli altri canali alternativi alle librerie. In particolare, tra le motivazioni addotte, nel 55% dei casi viene indicato l’aver trovato in libreria promozioni interessanti, nel 45% l’essere stato attratto da un migliore assortimento, nel 26% l’avere riscoperto l’“atmosfera” della libreria.

La narrativa copre oltre il 50%. La top ten dei libri più venduti nei primi quattro mesi disegna un panorama dove convivono libri-evento (biografie reali), saggistica di cultura, romance, titoli trainati da trasposizioni cinematografiche e premi letterari, fenomeni social, Tik Tok in particolare. A tirare è il fenomeno romance, i romanzi d’amore che spesso negli ultimi due anni si sono posizionati in vetta alle classifiche di vendita e che nei primi quattro mesi dell’anno hanno visto una spesa dei lettori pari a 15,7 milioni di euro, più che raddoppiata rispetto al 2019. Tra questi, iniziano ad affermarsi i titoli di autrici italiane che sono passati da un valore di vendita di 1,1 milioni del 2019 a 6 milioni del 2023 (più 451%). La saggistica religiosa cresce del 17,3% rispetto al 2022 e del 14,5% rispetto al 2019.

Negli stand del Salone è stato fatto, il punto anche su altre zone dell’Europa dove l’editoria è in crescita ma si scontra con muri culturali ancora prima che economici. È il caso dei Balcani del Sud. Da quasi due anni è stata istituita a livello politico un’area di libera circolazione delle merci tra Albania, il Paese ospite del Salone quest’anno, Serbia e Macedonia del Nord. Su iniziativa del centro del libro di Tirana e dello scrittore Virgjil Muçi è stato presentato a Torino (e prima ancora alla Fiera di Lipsia) il progetto Open Book. Tra gli obiettivi c’è l’organizzazionedi un festival del libro nel 2024. Nella sala Albania – ispirata al romanzo di Kadarè La citta di pietra e dunque a forma di anfratto di roccia, colorata di rosso (il colore della bandiera) – ne hanno discusso Alda Bardhyli, direttrice del Centro nazionale albanese per il libro e la lettura e la giornalista e scrittrice serba Tatjana Djordjevic, da vent’anni residente in Italia. La prima ha raccontato di come abbia toccato con mano, in un recente viaggio a Belgrado, la scarsa presenza di letteratura albanese nella capitale serba. Lo stesso Kadarè, il romanziere più noto, era presente in un’edizione degli anni Sessanta. Eppure il libro e la cultura in genere sono veicoli importanti di conoscenza, «attraverso i quali questi popoli possono esprimere le loro potenzialità, cosa che non è potuta accadere in passato». L’auspicio è quello di coinvolgere anche gli altri Paesi vicini. Djordjevic ha ricordato come la stessa letteratura nella ex Jugoslavia sia contesa (si pensi a Ivo Andric che serbi, croati e bosniaci rivendicano ognuno come suo) e come ancora 25 anni dopo non siano passati i fantasmi della guerra. «Dobbiamo smettere di incolparci a vicenda e di trasmettere questo alle nuove generazioni». Sul ruolo che possono l’Italia e l’italiano, come “lingua franca” della zona, ha messo l’accento Daniele Comberiati, docente di italiano all’Università di Montpellier.


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