sabato 12 marzo 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Il mondo cattolico – e qui vo­glio andare oltre alcuni ste­reotipi che spesso si attivano in automatico – non è cultural­mente un mondo stantio, retro­grado, chiuso, diffidente nei con­fronti del nuovo. L’esperienza mi dice che si tratta di un mondo at­tento, curioso, vivace, partecipa­tivo, e lo testimoniano numerosi messaggi, giunti dagli utenti del­la prima ora, che hanno fatto se­guito al lancio della piattaformaeLiber: «Bravi». «Era ora». «I download funzionano alla perfe­zione ». "Ebook, arrivano i cattoli­ci", ha titolato Avvenire il 10 di­cembre 2010, in un paginone per salutare la nascita della piattafor­ma eLiber. Stiamo parlando di tre mesi fa, perché il libro digitale, che pure è sulla piazza da una decina d’anni, solo recentemente sta diventando realtà. Il termine di confronto, come sempre, sono gli Sati Uniti, da cui ci separa un gap tecnologico di almeno tre anni.Negli Usa le vendite di e­book sono state, nel 2010, il 9,3% delle vendite librarie complessi­ve. Da notare soprattutto l’esca­lation rispetto agli anni prece­denti: nel 2008 gli ebook rappre­sentavano l’1,19% del mercato li­braio e nel 2009 il 3,31. Quasi una triplicazione di fatturato in un solo anno, anche se va tenuto conto che la mobilità di questo mercato è vivace soprattutto nel primo periodo. Insomma, dallo 0,05 del 2002 si è passati al 9,3 del 2010, e l’anno in corso sem­bra promettente, anche per il fat­to che i grandi marchi fanno a gara per produrre propri device, tutti alla ricerca dell’eReader per­fetto.In ogni caso, dopo il mitico Kindle di tre anni fa (novembre 2007) sono stati prodotti almeno una trentina di buoni dispositivi di lettura (senza contare smartphone e tablet, tra i quali svetta l’iPad , che si calcola abbia già venduto più di 15 milioni di pezzi) e altri arriveranno nei prossimi mesi. La nostra situazione è distante anni luce da questi traguardi per­ché si calcola che il mercato ita­liano di ebook del 2010 sia stato pari allo 0,1 % di quello totale (che è di circa 3,4 miliardi di eu­ro), corrispondente a circa 6.000 titoli (a gennaio 2010 gli ebookdisponibili erano non più di 1.600) per 665.000 acquirenti.Dunque quello Italiano è ancora un mercato allo stato embriona­­le, e forse proprio per questo le discussioni, i convegni, le pagi­nate dei giornali che trattano l’argomento sono in crescita co­stante. Il titolo dell’intervento di Paola Dubini su 'Tirature ’11' (Il Saggiatore 2011) esprime tutta l’incertezza, ma anche la speran­za del momento: E-book, che sia la volta buona?, si chiede la stu­diosa milanese. Non tutto dipen­derà dagli editori. «I fornitori di piattaforme – scrive Dubini – so­no colossi impegnati in una competizione globale che asso­miglia a una guerra fra titani». Se oggi i guadagni sono quasi sim­bolici, l’investimento a livello d’immagine e l’occupazione dei mercati futuri è un grandioso bu­siness. Cosa cambierà per edito­ri, autori, traduttori, redattori, grafici e impaginatori, per gli uf­fici stampa, le librerie e i librai? Un mondo in effervescenza, se non altro perché il declino della carta stampata, a tutti i livelli, sembra inarrestabile. Che fine fa­ranno i libri?Nottetempo 2010,scritto da F.M. Cataluccio, cerca di mettere in fila i nuovi proble­mi. Qualcuno dice che il paradig­ma a cui fare riferimento è il cambiamento radicale che ha in­vestito quotidiani e periodici, ma anche l’industria discografica che non è più la stessa dall’av­vento della digitalizzazione della musica e dei grandi store online. Gli editori, categoria di cui faccio parte, dovranno unire i due mondi, quel­lo della stampa su carta e quel­lo dell’ebook .Oltre a tenere un catalogo, sarà sempre più necessario, per essere competiti­vi, offrire servizi: informazioni su titoli e autori, consigli di lettu­ra nonché la pos­sibilità di trovare anche libri difficil­mente reperibili. Decisiva, inoltre, sarà la politica de­gli sconti, per ora penalizzata dal fat­to che l’iva sui libri cartacei è del 4% mentre quella sugli ebook è del 20%. Su questo punto la legi­slazione è vistosamente arre­trata. Per capirci: attualmente, da noi, il prezzo di un ebook è in media il 30% in meno del prezzo di copertina. Potrebbe e dovreb­be essere molto più contenuto.Nella nuova fase, inoltre, andreb­bero favoriti anche libri non d’autore, quelli che non vendono a scatola chiusa perché non di firma. Di fatto, in Italia, dove ol­tre 3.000 case editrici censite pubblicano intorno ai 60.000 li­bri l’anno, l’11% dei grandi edito­ri (più di 50 titoli l’anno) pubbli­cano l’87% della produzione complessiva, e molti piccoli edi­tori (il 60%, che pubblica da 1 a 10 volumi l’anno) hanno una precaria presenza organizzativa sul mercato (G. Solimine, L’Italia che legge, Laterza 2010). Troppi libri, molti dei quali 'invisibili', e troppo pochi lettori, considerato anche il vezzo italiano per cui un’ampia percentuale di chi leg­ge arriva a leggere un solo libro all’anno, 31 milioni di persone non leggono e lo zoccolo duro dei 'lettori forti' non sfonda i 4 milioni di persone.La mia perso­nale previsione vede nell’imme­diato futuro dell’editoria italiana un affiancamento, anche lungo, di libro cartaceo ed ebook . Non ci saranno strappi, perché la rivolu­zione vera la faranno i nostri ni­poti, quelli che a un certo punto non avranno più nostalgie di sor­ta. Per loro non vi sarà nessuna mitizzazione della carta da sfo­gliare. Si produrrà meno carta stampata, a vantaggio delle fore­ste del pianeta. Attualmente i cir­ca 3 miliardi di libri venduti ogni anno nel mondo hanno un costo in natura di 9.300.000 alberi. Per quanto riguarda enciclopedie, dizionari, libri scolastici, riviste specializzate (sul­le quali eLiber sta puntando: nel­l’ambito della teo­logia e delle scien­ze religiose), il passaggio sarà a breve termine, so­prattutto perché funzionale. A que­sto livello vince­ranno tecnica e pragmatismo. Ricordo che l’Italia è in percentuale la nazione con la maggior concentrazione dismartphone , usati in modo cre­scente per scaricare informazio­ni.La logica delle cose spinge verso un uso della tecnologia sempre più massiccio, che ha co­me esito quello che De Rita defi­nisce il 'nomadismo mediatico': «Le famiglie italiane negli ultimi vent’anni hanno avuto un incre­mento medio dei consumi del 24%, ma la loro spesa per telefoni e servizi telefonici ha avuto un incremento del 480%, un incre­mento del 210% per prodotti au­diovisivi e computer, del 63% per i servizi ricreativi e culturali. Ma­glia nera per la spesa di libri e giornali, diminuiti del 21%». A questo punto, il sociologo del Censis lamenta non un digital divide , ma un press divide, per il fatto che ormai il 39% degli ita­liani non ha contatto con i mezzi a stampa (era il 34% nel 2006).L’avanzata sarà lenta o veloce, ma inesorabile, per il semplice fatto che la tecnica non è un mezzo che possiamo decidere di usare o meno, ma un ambiente che determina una nuova antro­pologia. E in buona parte siamo già cambiati.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: