sabato 22 gennaio 2011
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Difficile dire se ci sarebbero più danni per l’immagine dell’Italia presso il mondo scientifico e accademico internazionale o per l’effettiva conduzione degli studi storici nel nostro Paese e nel mondo. Fatto sta che il taglio, per non dire la soppressione, dei finanziamenti all’Istituto storico italiano per il Medioevo ha già provocato seri danni alla nostra immagine e sta per causarne anche di gravi alla ricerca storica nel mondo. Tanto più che si tratta di soli 190 mila euro (la somma avuta per il 2010): meno che briciole. L’Istituto è tecnicamente un Ente pubblico non economico, vigilato dal ministero dei Beni culturali. È stato fondato con un decreto regio del 1883, integralmente recepito dalla Repubblica. Il suo compito istituzionale è la pubblicazione delle fonti della storia medievale italiana, in strettissima connessione con l’Unità del Paese, che aveva necessità di recuperare per intero le sue radici storiche e culturali. Subito è diventato un punto di riferimento per tutti gli studiosi che si occupano di Medioevo. Il presidente è Massimo Miglio, docente di storia medievale. Il Consiglio direttivo è costituito da studiosi di fama internazionale come Franco Cardini. Giorgio Inglese e Salvatore Fedele. Il quarto componente del direttivo, il filologo e medio-latinista Claudio Leonardi, è deceduto a giugno. «Da quel momento – racconta Miglio – nonostante le numerose sollecitazioni al ministro Sandro Bondi, siamo con un membro di direttivo in meno. Eppure si tratterebbe di una nomina a costo zero, perché sia io che i consiglieri non prediamo un’euro dal nostro pur oneroso impegno.È anche vero, però – annota amaramente Miglio – che da molti mesi tutte le lettere da noi indirizzate a Bondi non hanno avuto risposta». Risposte che invece hanno avuto le missive inviate al capo dello Stato e ai presidenti delle Camere. In esse è sintetizzato lo stato in cui versa l’Istituto, sono raccolti i dati di bilancio degli ultimi anni, e sono elencate le numerose iniziative editoriali e culturali, alcune delle quali in corso d’opera e quindi a rischio, per via delle incertezze finanziarie. A questo riguardo Franco Cardini tiene a precisare che «il catalogo dell’Istituto è foltissimo di opere di essenziale importanza per tutti gli studiosi del Medioevo. Abbiamo acquirenti nelle principali biblioteche e istituzioni culturali del mondo. Quelle stesse istituzioni che venendo a conoscenza delle nostre difficoltà economiche ci hanno inondato di indignate lettere di solidarietà».Nei fatti, aggiunge Miglio, «i centri culturali internazionali che hanno sede a Roma ricevono dai loro ministeri, per la sola gestione delle biblioteche, cifre che corrispondono al triplo di quanto noi riceviamo dai Beni culturali per l’intero Istituto». Naturalmente parliamo dei 190 mila euro del 2010. Sul 2011 regna l’incertezza. Il problema nasce dalla legge di Stabilità (la nuova Finanziaria) varata da Tremonti a maggio, nella quale sono stati tagliati i finanziamenti agli enti facenti capo ai Beni culturali. In seguito alle proteste (Napolitano parlò di «trauma per la cultura italiana»), il ministro Bondi presentò ad agosto un ddl con una nuova tabella degli Enti che il Ministero intende finanziare. Fra questi è stato inserito anche l’Istituto storico italiano per il Medioevo. Quel ddl è però rimasto insabbiato in Commissione cultura al Senato, che ne ha solo iniziato l’esame. Considerata l’attuale situazione politica e che poi sarebbe comunque necessario il varo del decreto attuativo si comprendono i timori dell’Istituto per il 2011. Non a caso proprio ieri il presidente Miglio ha inviato una lettera informativa ai presidenti e ai membri delle Commissioni cultura delle due Camere. Un ulteriore elemento di preoccupazione è venuto da quanto riferito giovedì in Commissione a Montecitorio dal rappresentante del governo, che ha annunciato che i finanziamenti per l’anno in corso ai suddetti enti culturali saranno gli stessi del 2010 decurtati del 16%. «In pratica – sottolinea Miglio – si tratterebbe, se confermato, di 155 mila euro, che non sono sufficienti a pagare nemmeno i cinque dipendenti, che hanno contratto pubblico». Nel complesso le spese vive dell’Istituto ammontano a 223 mila euro, compreso l’affitto al comune di Roma dei locali di Palazzo Borromini (costruito dal famoso architetto per l’opera fondata da San Filippo Neri, che riposa nella chiesa accanto di Santa Maria in Vallicella), dove hanno anche sede la Biblioteca Vallicelliana, l’archivio dei Padri Filippini, l’archivio storico capitolino e la Biblioteca delle letterature. La biblioteca dell’Istituto conta oltre 100 mila volumi. Dalla sua fondazione l’Istituto pubblica il "Bullettino", rivista sulla quale scrivono i maggiori specialisti. Ogni anno, anche in collaborazione con istituti nazionali e internazionali, vengono pubblicati volumi delle "Fonti della storia d’Italia". Essenziale è il "Repertorio per le fonti del Medioevo", in 12 volumi, che è costato quasi 60 anni di lavoro ed è un’opera unica nel suo genere. Al terzo volume è giunta la "Edizione nazionale delle opere di Flavio Biondo", di 13 volumi. L’Istituto inoltre gestisce la "Scuola per le edizioni delle fonti" e "Scuola storica nazionale". Tutto questo con un bilancio annuale di circa 600 mila euro, in gran parte ottenuti, dalla vendita delle opere, da sponsor e da Fondazioni. Ma è bastata l’incertezza per qualche mese dei finanziamenti statali per costringere al taglio dei sette collaboratori a contratto che curavano la redazione. «Nei fatti siamo un "Ente utile", che riesce a produrre cultura e reddito. Il nostro timore – conclude Miglio – è di venire ridotti a "inutili" per legge».
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