giovedì 25 marzo 2010
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L’Italia era pronta a sostenere il riarmo dell’Inghilterra contro la Germania, all’inizio della seconda guerra mondiale. Sembrerebbe esercizio di fantapolitica sostenere che la collusione tra il Duce e la "perfida Albione" giunse al punto da intavolare trattative segrete per favorire il riempimento degli arsenali inglesi. Eppure, clamorose conferme di queste prove d’intesa con Londra, avviate da Mussolini dopo la dichiarazione di non belligeranza da parte italiana, nel settembre 1939, emergono dai dossier inediti dell’allora ministro degli Scambi e valute (cioè del Commercio estero), Raffaello Riccardi, che fu protagonista di questi negoziati. Tali documenti sono conservati alla Wolfsoniana di Genova, e resi accessibili per la prima volta dal collezionista e miliardario di Miami Mitchell Wolfson. La verità rimossa torna a galla svelandoci fino a che punto l’Italia si spinse per vanificare gli esiti di una guerra scatenata da Hitler e dalla Gran Bretagna, e frutto di opposti oltranzismi. Dietro questo scenario si stagliano due gigantesche e ingombranti figure della storia: la mascella volitiva di Mussolini e l’uomo con sigaro, Churchill. Benito e Winston, nemici riluttanti, antagonisti innaturali spinti nel baratro di un conflitto che forse si sarebbe potuto evitare.La creazione, la conservazione e dunque il ritrovamento di questi carteggi d’inestimabile valore, si devono soprattutto al fatto che Raffaello Riccardi, ministro degli Scambi e valute dall’ottobre del 1939, era contrario all’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania. Di concerto con il ministro degli Esteri e genero del Duce, Galeazzo Ciano, che aveva sposato posizioni antitedesche, Riccardi fu al centro di una grande manovra che non fu soltanto di "commercio estero", ma di politica pura. Per smarcarsi da Hitler, e trasformare la non belligeranza in una neutralità attiva, destinata fatalmente a sfociare in un’alleanza, perlomeno "coperta", con l’Impero britannico, il ministro Riccardi, d’accordo con Mussolini, investì alcune personalità di rilievo della responsabilità di negoziare accordi segreti per favorire il riarmo dell’Inghilterra. Già nel novembre del ’39, l’esponente del governo fascista incaricò delle trattative tre eminenti figure del panorama industriale: l’ingegner Prospero Gianferrari, ex direttore dell’Alfa Romeo e presidente del Gruppo costruttori aeronautici, l’israelita Cesare Sacerdoti, nume della cantieristica e membro dell’Associazione costruttori navali per l’estero, e l’industriale aeronautico Gianni Caproni.In tutta segretezza, Riccardi aprì un ufficio a Gianferrari, nella City di Londra, per cercare accordi con il governo di Sua Maestà britannica. Solo da alcuni mesi, dopo l’invasione nazista della Cecoslovacchia del marzo 1939, l’Inghilterra aveva seriamente accelerato i suoi programmi di riarmo, che fino a quel momento avevano avuto un andamento insufficiente, se non disastroso. Basti considerare che nell’anno della Conferenza di Monaco, il 1938, la Royal Air Force disponeva soltanto di 1.600 aerei da combattimento. Nel novembre del ’38, il ministro dell’Aviazione, sir Kingsley Wood, stimò che le spese previste per la difesa aerea sarebbero passate dai 120 milioni di sterline di quell’anno ai 200 milioni del ’39. Il governo avrebbe ordinato 5-6.000 velivoli da combattimento, cercando sostegni in ogni direzione. Nel marzo del 1939, lo stesso Kingsley Wood, gonfiando le cifre, annunciò che la produzione di Spitfire e di Hanker era nel frattempo raddoppiata. La Gran Bretagna "sfornava" 1.200 aerei da guerra al mese, la metà di quelli tedeschi. Troppo poco per prepararsi allo scontro totale con Hitler.Per colmare deficienze e ritardi, l’aiuto del governo italiano venne preso seriamente in considerazione. Il mandato esplorativo affidato a Gianferrari, come dimostra una relazione al ministro datata da Londra, il 24 novembre, sortì sbalorditivi effetti. L’industriale italiano informa di aver ricevuto al suo arrivo nella capitale inglese un’"accoglienza veramente magnifica", non solo da parte del Foreign Office, ma anche da parte di Kingsley Wood, vecchio amico del premier conservatore Neville Chamberlain, che offre al negoziatore italiano un banchetto d’onore che gli spalanca tutte le porte della politica britannica. Ma, cosa assai decisiva, Gianferrari annuncia il suo imminente incontro all’Ammiragliato. Ora, allo scoppio della guerra, Chamberlain, l’uomo dell’appeasement, cioè della pace a oltranza con Hitler, aveva nominato Primo Lord dell’Ammiragliato Winston Churchill: è tutt’altro che privo di significato, dunque, che lo statista britannico, il quale alimentò un famoso epistolario con Mussolini (carteggio oggetto di accanite dispute tra gli storici), ricevesse l’ambasciatore del Duce con priorità assoluta. Churchill, che di lì a pochi mesi si sarebbe trovato a presiedere il gabinetto di guerra, era l’erede di un fallimento. La politica dell’appeasement, che secondo il famoso giudizio di John Kennedy era servita a guadagnare tempo per consentire il riarmo, in realtà aveva consegnato al nuovo premier una nazione in ginocchio, militarmente e moralmente. Nella sua Storia della seconda guerra mondiale, Winston Churchill non spende una parola sul capitolo imbarazzante delle trattative con l’Italia per l’acquisto di velivoli da guerra. Tuttavia, sappiamo che egli, nell’autunno del 1939, giudicava "scandalose" le condizioni di inferiorità aerea della Gran Bretagna nei confronti della Germania.Di eccezionale importanza, tra i materiali dell’archivio Riccardi, è anche un successivo rapporto, non firmato e datato 17 dicembre 1939, intitolato «Ripresa delle conversazioni italo-inglesi». In sostanza, si tratta di un elenco piuttosto preciso degli importi stanziabili dal governo del Regno Unito per procacciarsi armamenti italiani. Il documento accenna a mister Rodd, quale delegato britannico per l’avanzamento delle trattative e indica in 26-28 milioni di sterline la cifra che Downing Street avrebbe investito per colmare il gap con la Germania. Vale a dire l’equivalente di 20-22 miliardi di lire dell’epoca, cioè la copertura del fabbisogno italiano per il primo anno di guerra, più un’eccedenza. Ma vediamo il dettaglio: mister Rodd, annunciava la pronta disponibilità del governo Chamberlain-Churchill ad acquistare 800 apparecchi, per 6-8 milioni di sterline, duemila cannoni (6 milioni), esplosivi e strumenti ottici (3 milioni), materie prime (2 milioni), e noleggiare navi italiane (5 milioni). Mentre Gianferrari a Londra tesseva la sua tela, l’ingegner Caproni cercava di piazzare un grosso quantitativo di apparecchi CA. 135 bis e, a sua volta, Sacerdoti chiudeva un contratto di costruzione di 28 motonavi da carico e di 50 pescherecci per la Gran Bretagna.Per quale ragione tutta la manovra fallì, facendo restare lettera morta questa imponente trattativa che, se conclusa, avrebbe cambiato il corso della seconda guerra mondiale? Nel gennaio del 1940, il maresciallo Hermann Goering, per conto di Hitler, mandò una lettera a Mussolini nella quale si intimava l’immediata cessazione di forniture di materiale bellico alle potenze occidentali. Dopo attenta riflessione, il Duce si piegò al diktat germanico: forse non aveva ottenuto adeguate garanzie dal governo inglese sul soccorso all’Italia in caso di una vendetta tedesca. L’inasprimento del blocco navale attuato dal Regno Unito contro l’Italia rappresentò una manovra ritorsiva che spinse sempre più il Duce tra le braccia dell’alleato, contribuendo a rendere inevitabile l’innaturale sbocco di una cobelligeranza italo-tedesca. Così, i micidiali aerei da guerra italiana, già alla fine dell’estate del ’40, durante la famosa "battaglia d’Inghilterra", vennero impiegati, in appoggio all’aviazione tedesca, per bombardare le città del Regno Unito.
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