mercoledì 28 dicembre 2011
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Tra le pieghe dei problemi e delle ambizioni dell’antica Cina, oggi locomotiva del pianeta, la notizia che i 3,7 milioni di pubblici dipendenti riceveranno corsi sistematici e obbligatori di etica per i prossimi cinque anni poteva anche passare inosservata. Essa tuttavia e più di altre, è oggi centrale al funzionamento del sistema-Cina che non solo si avvia a una revisione periodica nella seconda metà del 2012 con le maggiori assise del Partito Comunista, Congresso e Comitato centrale e la designazione della futura leadership, ma che da esse si attende anche un’evoluzione.Come ha confermato l’Amministrazione per i pubblici dipendenti - impegnata nelle settimane con i concorsi annuali che hanno visto per il 2011 1,3 milioni di candidati per 16mila posti disponibili – la campagna «sarà di grande significato» per migliorare la fiducia pubblica nel governo e nell’amministrazione. Gli impiegati governativi dovranno completare un corso di almeno sei ore come parte di un meccanismo di perfezionamento «a lungo termine». Addirittura, i burocrati che si trovano in posizioni di responsabilità e quelli «a contatto diretto con il pubblico» riceveranno un educazione intensiva in quanto considerati i principali destinatari dell’iniziativa. Un approccio indubbiamente molto più "morbido" rispetto all’invio in «campi di rieducazione», più democratico anche perché esteso a tutti, inclusi i membri del Partito-guida, ma che suggerisce anche la persistenza delle abitudini mandarinali. Quanto giocano queste nella Cina, all’apparenza moderna e formalmente comunista e quanto possono sostenere o frenare il paese nella corsa al primato globale?Molto, all’interno ma come sempre ancor più all’estero, si punta per un’evoluzione "democratica" del paese sulla sua prossima leadership e a questo il Partito-Stato si sta preparando. Tuttavia tra qualche novità potrebbero celarsi anche molte delusioni. Come dice la professoressa Masako Ikegami, docente all’Università di Stoccolma ed esperta di politiche strategiche dell’Estremo Oriente, «occorre frenare l’entusiamo». Alla prova dei fatti e nonostante un’immagine “morbida” di se stesso e della propria leadership dal 2003, il presidente Hu Jintao è stato più severo del predecessore Jiang Zemin in termini di censura, controllo dell’informazione, ruolo-guida del partito. La situazione – sostiene la professoressa Ikegami – potrebbe peggiorare ulteriormente quando prenderà il potere il “delfino” designato e oggi vice-presidente Xi Jinping. Molti intellettuali temono già una nuova Rivoluzione Culturale e la comunità internazionale dovrebbe esserne cosciente».«Appare sempre più chiaro – prosegue Masalo Ikegami – che il Partito comunista non può controllare ogni singola espressione della politica, dell’economia, delle forze armate e della società di un paese tanto vasto e complesso, che chiede rapide trasformazioni. Molti funzioni e mandati devono essere sempre più delegati. La decentralizzazione, la fine di fatto del monopolio del partito che gestisce la Cina dal 1949, potrebbe diventare inevitabile per evitare il rischio della paralisi».Non a caso, questo è uno dei punti – segnalati anche dal Premio Nobel per la Pace e dissidente Liu Xiaobo – su cui si gioca il potere monopolistico del partito. La reazione eccessiva al Nobel a Liu, come pure altre iniziative punitive e censorie o la costante reazione alla simpatia internazionale verso il Dalai Lama si spiegano anche con il timore di non potere controllare la situazione futura. Da qui la necessità di un ruolo meno compromesso della gestione pubblica. Una situazione che nemmeno i media ufficiali nascondono più, plaudendo da tempo ai richiami all’etica dei pubblici dipendenti, all’impegno e all’onesta dei leader. «Esempi di comportamento non etico da parte di impiegati governativi si moltiplicano e alcuni dipendenti pubblici perseguono interessi propri a spese di quelli pubblici, abusano del loro potere e sprecano risorse dello Stato», ha commentato la decisione governativa di istituire corsi di etnica per il pubblico impiego fa l’organo d’informazione online China.org.cn. «Sotto molti aspetti – continuava ancora l’opinionista – gli scandali che colpiscono governo, burocrazia e funzionari a vari livelli sono ancora più preoccupanti di quelli del settore privato perché coinvolgono risorse pubbliche. Scopo finale del programma è di migliorare la capacità del governo di mantenere la pubblica fiducia». Trasparenza e democrazia possono attendere.
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