Melbourne: religioni battono atei 3 a 0. Non è il risultato di un singolare match tra credenti e senza Dio. Ma il confronto tra il primo raduno mondiale degli atei, svoltosi nel weekend a Melbourne, ed un meeting interreligioso tenutosi sempre colà a dicembre. Sotto il nome di «L’ascesa dell’ateismo», la metropoli australiana ha appena ospitato la
2010 Global Atheist Convention. Se i 2500 biglietti per l’Exhibition Centre son stati esauriti, è stata la Bbc a far notare che il Parlamento delle religioni aveva radunato un numero di persone tre volte più numeroso. Per la Convention han funzionato da gran cassa mediatica i nomi di
Richard Dawkins, il biologo iper-ateo, e
Peter Singer, il filosofo di Princeton «nemico» della dignità umana e teorico dei diritti degli animali. E per giugno si preannuncia il primo incontro europeo dei senza Dio: l’appuntamento è dal 18 al 20 giugno a Copenaghen, in Danimarca, per «Gods & Politics», organizzata dalla Danish Atheist Society e dalla Atheist Alliance International (AAI), sponsor dell’evento australiano. A ben guardare, il fenomeno del nuovo ateismo – che annovera la triade
Cristopher Hitchens,
Sam Harris e il citato Dawkins – si presenta con tutti i crismi di una chiesa. Con strutture, modalità, espressioni (perfino tic) di ogni organismo religioso organizzato. Proprio sul
Sydney Morning Heraldc’è chi constata che il nuovo ateismo ha tutte le caratteristiche di una chiesa. Lo scrive
Tamas Pataki, docente in filosofia alla Melbourne University, che ha criticato così il movimento ateo: «Ha iniziato a fare convention come una religione, con i suoi preti, i suoi apostoli e seguaci». Gli esempi di questo ateismo «ecclesiastico»? Eccoli. Già le assemblee di Melbourne e Copenaghen possono richiamare i concili della Chiesa cattolica come grandi assemblee internazionali. Basta scorrere l’elenco degli intervenuti alla kermesse nella terra dei canguri:
PZ Myers, biologo dell’Università del Minnesota;
Catherine Deveny, scrittrice, editorialista del quotidiano australiano
The Age;
Taslima Nasreen, nota poetessa e dissidente del Bangladesh: ha presentato l’islam come contraltare nemico del nuovo ateismo;
Anthony Grayling, docente di filosofia al Birkbeck College di Londra. Come ogni «chiesa», anche il nuovo ateismo ha i suoi testimoni. A Melbourne è stato ospite d’onore
Dan Barker, per 19 anni predicatore evangelico (fu anche missionario in Messico), ora fervente ateista e presidente della Freedom From Religion Foundation. Dawkins l’ha definito «l’esempio più eloquente di delusione interiore che io conosca». Gli atei poi cercano di non incorrere nel pericolo del proselitismo: come segnala la Bbc, «i partecipanti della Convention sono stati invitati ad evitare uno zelo missionario nel promuovere il messaggio non-religioso». Epperò un po’ di lobbying ci vuole, come spiegava la convocazione dell’assemblea australiana: «Più grande sarà questo incontro, più forte sarà il segnale che manderemo alle istituzioni religiose e politiche australiane che l’ateismo è una forza con cui fare i conti». Anche il
new atheism ha la sua censura. È recente la notizia – lanciata dal
The Telegraph, ripresa dal
Foglio – che il sito di Dawkins non dispone più di un libero accesso: i commenti ora vengono vagliati prima della pubblicazione. Una mossa che ha causato la ribellione degli utenti, facendo scrivere al quotidiano inglese di «censura web». Mentre in Italia i senza dio (minuscolo!) hanno anche una loro rivista, «Non credo», edita dalla Fondazione Religionsfree, intitolata al suo presidente Paolo Bancale. Gli atei organizzati ecclesiasticamente, inoltre, non mancano in filantropia. Ma se in Georgia (Usa) la nuovissima Foundation Beyond Belief vuole mostrare il volto a-teologico della carità, il risultato per ora è pessimo: l’ente caritativo ha sollecitato «atei e non credenti a donare di più in modo da mostrare che la loro generosità uguaglia quella delle persone religiose». Nei primi 2 mesi di vita la Foundation ha raccolto appena 6.500 dollari tra i suoi 250 soci, segnala l’agenzia
Religion news service. L’obbiettivo dei 500 mila dollari entro l’anno sembra utopistico. Ma a fianco di questi apostoli dell’ateismo brillano esempi che smentiscono la loro negazione di Dio.
Anthony Flew, celebre filosofo inglese, autore (nel 1950) di
Theology and Falsification, ha dato conto in
There is a God di «come il più celebre ateo ha cambiato idea». Un caso che incendiò il mondo accademico anglosassone, tanto che Dawkins – in
La delusione di Dio – indicò nella scelta di Flew un «voltafaccia senile». Salvo subire dall’anziano pensatore britannico una piccata replica, condita dall’epiteto di «bigotto laico». Lo stesso autore di
Dio non è grande deve «difendersi» in famiglia: il fratello
Peter Hitchens ha pubblicato questa settimana
The Rage Against God in cui racconta il suo passaggio dall’ateismo alla fede. E che la religione cristiana conquisti le future élite d’America l’ha affermato che
René Girard. Il quale – come riferisce il giornalista francese Jean-Marc Bastière – annota: «Osservo una nuova attrazione verso il cristianesimo da parte degli studenti più brillanti di Stanford», l’università californiana dove insegna l’antropologo francese. E ad Harvard è in corso la querelle – ne ha dato conto di recente
Newsweek – se la religione debba diventare materia di studio obbligatoria per gli studenti. A capeggiare la richiesta è il premio Pulitzer
Louis Menand, per il quale gli alunni «devono affrontare almeno un corso della categoria Ragione e Fede». Vallo a spiegare a quei senza Dio di Melbourne!