giovedì 19 marzo 2015
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Loro sono due gemelli, come tanti altri. Si somigliano molto, sono entrambi calvi e uno dei due porta i baffi, anche per farsi riconoscere dall’altro. Si chiamano Scott e Mark Kelly, sono americani e fanno entrambi lo stesso mestiere: l’astronauta. Uno dei due, Scott, partirà il 27 marzo con la prossima navicella Sojuz da Bajkonur (la Sojuz TmA-16M), assieme ad altri due cosmonauti, i russi Gennadij Padalka e Michail Kornienko. Raggiungeranno dopo sei ore la Stazione spaziale internazionale, dove verranno accolti dalla nostra Samantha Cristoforetti, e dai suo colleghi della “Spedizione 42”, Virts e Škaplerov.Può sembrare il solito avvicendamento di routine, e in effetti è una nuova missione che porta astronauti sulla Stazione. Ma questa volta due degli astronauti, Kelly e Kornienko, anziché restare in orbita per il solito tempo standard di circa sei mesi rimarranno a vivere e lavorare sul grande avamposto spaziale per un anno. Solo in un’occasione, nel 1988, due cosmonauti erano rimasti in orbita per 365 giorni di fila: Titov e Manarov sulla stazione russa Mir. In seguito, il solo Valerij Poljakov vi restò per quattordici mesi (ed è tuttora il record assoluto). Ma la missione di Kornienko, e soprattutto di Scott Kelly, al di là dei nuovi record e dei nuovi approcci ai voli di lunga durata in vista di future missioni (per Marte, soprattutto) servirà per esperimento biomedici di grande rilievo.Dopo un anno in orbita i medici della Nasa vogliono capire quanto gli effetti del lungo periodi in assenza di gravità, e soprattutto quanto la dose di radiazioni abbia inciso su Scott rispetto al gemello Mark che sarà rimasto a Terra. Le radiazioni, com’è noto, in dose massiccia sono nocive, sulla Terra come nello spazio, e incidono alterando la composizione genetica del corpo umano. Le pareti del veicolo o stazione spaziale infatti, forniscono un’ottima protezione ma non possono garantirla del tutto; un esempio è la radiazione che colpisce il nervo ottico, che fa vedere di tanto in tanto agli astronauti dei “flash”. Per periodi molto lunghi in orbita quindi, gli astronauti ne assorbono un dose un po’ più alta (ma fuori pericolo: «Come fare – dicono alcuni di loro – una radiografia in più»). Una volta rientrato a Terra, sia Scott sia il gemello Mark si sottoporranno per gli anni a venire a molti test e controlli, per capire quanto (e se) l’esposizione alla radiazione abbia inciso su Scott, l’astronauta che ora starà in orbita per un anno.Mark è anch’egli un astronauta esperto, ma ha effettuato missioni shuttle di durata tipica dei voli delle navette, cioè al massimo due settimane. «Ho avuto l’opportunità di conoscere bene Mark Kelly – ci dice il fisico Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana – perché fu lui il comandante del volo shuttle che nel 2011 ha portato in orbita, sulla Stazione, il nostro apparato Ams per lo studio di energia e materia oscura dallo spazio». Battiston è il vice-capo di Ams, progetto a cui lavorano fisici e astrofisici di mezzo mondo, ed è un attento studioso delle problematiche relative alle radiazioni ionizzanti che attraversano lo spazio, penetrando all’interno della Stazione spaziale: «Questa missione – dice il presidente dell’Asi – permette di fare un confronto tra i due soggetti quasi identici. Non c’è pericolo per Scott Kelly: gli effetti di radiazione nella Iss in orbita bassa attorno alla Terra sono limitati anche se non del tutto trascurabili. Gli studi di una missione di lunga durata ci serviranno anche a comprendere meglio come organizzare i futuri viaggi a Marte, che si previede che duraranno circa due anni, e dove le astronavi attraverseranno zone di spazio a più alta concentrazione di radiazioni».«Questo servirà per progettare anche le protezioni delle future astronavi – aggiunge –. È uno studio affascinante: il corpo umano infatti si modifica a causa della microgravità e delle radiazioni. Una struttura artificiale, nello spazio, invece non si modifica. Ecco perché è importante fare questo test con gli astronauti. Senza metterli a rischio, ovviamente. Ma il test è importante e non caso il mensile americano “Time” ha già dedicato la copertina qualche  tempo fa». E le statistiche cosa dicono? «Che la dose di radiazione di un astronauta in orbita terrestre è relativamente bassa anche se cento volte più alta che sulla Terra. Più ci allontaniamo dal nostro pianeta e dalle Fasce di van Allen che ci fanno da ombrello protettivo, e più ne assorbiamo. Gli astronauti – dice Battiston – dispongono di dosimetri con cui misurano la radiazione assorbita, alcuni dei quali realizzati in Italia da ricercatori Infn. Questi sensori permettono un continuo controllo della dose di radiazione assorbita nel corso della missione».Gli esperimenti a cui si sottoporranno Kornienko e Scott saranno più di trenta, dei quali un terzo coinvolgerà anche il fratello Mark che farà da “cavia” di riferimento a terra. Fra questi ci saranno studi sull’efficienza cardiovascolare, misurazioni dei livelli di ossigenazione del sangue e di volumetria del sangue stesso, monitoraggio della densità ossea, dell’invecchiamento cellulare. Scott Kelly (che ha 51 anni) e Kornienko (quasi 55), torneranno sulla Terra il 3 marzo 2016, dopo 342 giorni in orbita, mentre Padalka rientrerà prima, dopo soli (si fa per dire) 168 giorni.
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