venerdì 4 novembre 2022
L’associazione “Art & jardins” ha chiesto a vari paesaggisti di allestire spazi verdi lungo il vecchio fronte bellico della Grande Guerra, nel Nord-Est francese
Il “Giardino delle Esperidi” in omaggio dei caduti marocchini a Craonne, di Karim El Achak e Bernard Depoorter /

Il “Giardino delle Esperidi” in omaggio dei caduti marocchini a Craonne, di Karim El Achak e Bernard Depoorter / - Yann Monel/“Art & jardins”

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Nell’Europa delle vecchie cicatrici e delle nuove ferite belliche, abbiamo davvero messo a fuoco l’idea di pace? L’interrogativo ritorna, in questi mesi in cui l’alleanza fra strumenti giuridici e ricerca della pace, ovvero la strada maestra classica della comunità internazionale, può sembrare di nuovo insufficiente. Costruire la pace non è pure un impegno intimo? Una presa di coscienza che giunge goccia a goccia. Senza alzare la voce. Cercando magari di dare una forma tangibile, dei colori, persino un profumo, a un ideale. Fra le umili iniziative parallele di questo tipo, una, in Francia, continua a dispiegarsi in silenzio come un tappeto d’edera nel sottobosco di questi mesi tumultuosi. Utilizza il simbolo del giardino. Proprio quello che più di frequente, in tante culture e religioni, è associato al dolce domani promesso ai viventi. All’avvenire di speranza che ciascuno può perseguire con sincero impegno. Dal 2018, l’associazione “Art & jardins. Hauts-de-France”, basata ad Amiens, chiede a dei paesaggisti d’immaginare dei “giardini della pace” da offrire alla sensibilità e al cuore di chiunque. Dei giardini allestiti lungo il vecchio fronte bellico del Nord-Est francese: uno dei principali in cui un secolo fa, per la prima volta nella storia, l’umanità prese coscienza con sgomento della portata sistemica di una guerra divenuta mondiale. Dai confini con il Belgio, questo territorio corre verso quell’Alsazia che ha oggi l’onore d’accogliere l’Europarlamento, casa ideale d’un continente che cerca di coniugare pace e democrazia.

Il giardino italiano a Craonne, intitolato “592” e progettato da Lorenza Bartolazzi, Luca Catalano e Claudia Clementini

Il giardino italiano a Craonne, intitolato “592” e progettato da Lorenza Bartolazzi, Luca Catalano e Claudia Clementini - Yann Monel/“Art & jardins”

Un secolo dopo, si tratta ancora di contrade piene di fosse e avvallamenti scavati dai colpi d’artiglieria pesante, a riprova dell’inaudita violenza che vi si manifestò. Un sacrario diffuso costellato di foschi bunker dismessi fra cui brillano i cimiteri e gli ossari militari dei caduti d’ogni contrada europea e non solo. Sono luoghi che fanno tanto più riflettere durante ogni nuovo conflitto o semplice tensione nel Vecchio Continente. Contrade nelle quali, simili a garze sottili posate su brutte ferite, i ‘giardini della pace’ cercano di trasmettere un messaggio al contempo di fragilità e speranza. Una sola fiammata di violenza può bastare per distruggere un giardino, proprio come dura appena un attimo l’impatto d’un ordigno fatale. Ma al contempo, a volte, una vita intera può sembrare poco per assorbire appieno tutta la bellezza di un giardino. Allo stesso modo, è difficile immaginare qualcosa di tanto vulnerabile e vitale come la pace. I 33 giardini fin qui realizzati e quelli in fase d’allestimento delineano già un «cammino della pace» ricco della creatività di paesaggisti di numerosi Paesi, Italia compresa. In proposito, non lontano dalle vigne dello champagne, a una trentina di chilometri da Reims e dalla sua celebre cattedrale, ha visto la luce il giardino italiano concepito da Lorenza Bartolazzi, Luca Catalano e Claudia Clementini. Il luogo scelto sul vecchio fronte, Craonne, è un borgo interamente distrutto durante la Prima guerra mondiale. Non lontano, in un cimitero nel comune di Soupir, sono sepolti i corpi di 592 italiani. E con estrema sobrietà, è proprio 592 il titolo voluto dai tre paesaggisti. «Visitando il cimitero, siamo rimasti colpiti dal luogo e dal fatto che non a tutti i caduti è stato dato un nome. Inoltre, il progetto, ci è parso un modo di celebrare l’Europa e il nostro destino comune d’europei. Con dei paletti, abbiamo voluto evidenziare la topografia tormentata del suolo. Una volta all’anno, i 592 tulipani piantati ai piedi dei paletti fioriscono per un paio di mesi», spiega Lorenza Bartolazzi. Sempre nel comune di Craonne, un’altra creazione rende omaggio ai caduti marocchini. Il Giardino delle Esperidi, il cui nome rievoca le mitologiche ninfe custodi del giardino dei pomi d’oro di Era situato ai confini del mondo occidentale, apporta un suggestivo motivo quadrangolare di terra ocra nel paesaggio circostante ancora costellato di tracce belliche. Gli autori, il marocchino Karim El Achak e il francese Bernard Depoor-ter, hanno reso omaggio alla geometria rigorosa dell’arte tradizionale arabo- musulmana.

Il giardino belga “All’assalto del bastione” a Le Quesnoy, di Mathieu Allain e Thomas Van Eeckhout

Il giardino belga “All’assalto del bastione” a Le Quesnoy, di Mathieu Allain e Thomas Van Eeckhout - Yann Monel/“Art & jardins”

Più a nord, il giardino belga della pace realizzato a Le Quesnoy, in territorio francese ma a meno di 100 km da Bruxelles, è stato concepito come una piccola proiezione al suolo della fortificazione adiacente alta ben 12 metri, teatro di drammatici combattimenti. A realizzarlo, con il titolo All’assalto del bastione, sono stati i paesaggisti Mathieu Allain e Thomas Van Eeckhout. Dal lato opposto della stessa fortificazione, invece, è stato creato un vasto giardino neozelandese intitolato Rangimarie, espressione maori sinonimo di pace e comunione. In un sito che vide cadere 93 dei propri connazionali durante un blitz liberatore il 4 novembre 2018, appena una settimana prima dell’armistizio, il paesaggista neozelandese Xanthe White e i suoi collaboratori hanno voluto associare delle specie floreali europee ad altre giunte dagli antipodi, dotando il giardino pure di panchine in legno con temi maori. Do Not Take Peace For Granted è invece il titolo-monito scelto per il giardino franco-britannico a Flesquières, non lontano da Cambrai, realizzato da un’équipe binazionale guidata dal francese Sébastien Perret. A ridosso del sito in cui è stato ritrovato uno dei cingolati britannici schierati sul campo di battaglia, oggi conservato in un museo concepito appositamente, il giardino associa un cuscino ondeggiante di piante erbacee con delle aste verticali arrugginite che evocano i cannoni non più puntati contro il nemico, creando pure un effetto ottico sorprendente. Si tratta solo di alcuni esempi di un insieme, destinato ancora a crescere, che ha già coinvolto altre nazioni e contrade d’Europa come Germania, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Portogallo, Scozia, Galles e Irlanda, accanto pure a Stati Uniti, Canada e Cina. Al timone dell’associazione “Art & Jardins”, Gilbert Fillinger ha voluto con forza che ogni realizzazione fosse un ponte fra Paesi e continenti, poiché la pace, per definizione, non conosce frontiere. In mezzo ai fragori sinistri che squarciano di nuovo il continente, i giardini della pace possono apparire a molti solo come minuscoli suggerimenti appena sussurrati. Appena l’inizio del tentativo di trovare una strada. Ma molto concretamente, portano in loro dei semi piantati per diffondere una saggezza all’insegna della bellezza. Rimando dunque misteriosamente con la vecchia ipotesi e speranza, lanciata in terra russa, d’una bellezza che «salverà il mondo».

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