lunedì 11 gennaio 2010
Il senso del limite ha da sempre accompagnato le raffigurazioni del cosmo fino a Copernico. Oggi gli studiosi sono concordi sulla sua espansione a partire dal Big Bang, ma è lecito pensare che abbia un confine? E se la risposta è affermativa, quanto dista da noi?
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Il poeta latino Tito Lucrezio Caro (I secolo a.C.) nel primo libro del suo De rerum natura si poneva la questione dei limiti del nostro mondo e immaginando un arciere che scagliava una freccia oltre un presunto 'confine' dell’universo, si chiedeva che fine avrebbe fatto la freccia (quid telo denique fiet?). Sulla scia del pensiero di Lucrezio sembra muoversi anche l’astronomo e divulgatore Camille Flammarion (1842-1925) che in una sua famosa litografia ha raffigurato un uomo che sporge la testa dalla sfera del suo habitat per affacciarsi sul misterioso scenario delle 'superne rote'. La freccia di Lucrezio e quell’uomo che si affaccia oltre la soglia sono il simbolo della atavica curiosità che ha sempre spinto l’uomo a chiedersi quanto sia grande l’universo che abita, ma sono anche una efficace rappresentazione del senso del limite che è dentro di noi, quel limite che spinse gli antichi a materializzarlo nelle famose 'Colonne d’Ercole'. Il senso del limite ha da sempre accompagnato le raffigurazioni del cosmo fino a Copernico, secondo il quale il nostro universo aveva un confine esterno costituito dalla sfera delle stelle fisse, ma già Thomas Digges, un suo contemporaneo, abolì questo confine immaginando uno spazio infinito popolato di stelle, concetto che sarebbe stato condiviso anche da Giordano Bruno che nel suo De l’infinito, universo e mondi (Londra, 1584) teorizzava un universo infinito e l’infinità dei mondi. Ma l’universo è davvero infinito? Un notevole contributo al quesito venne alla fine degli anni Venti del secolo passato, quando Hubble dimostrò che le galassie si stavano espandendo a causa di un evento iniziale a tutti noto come 'Big Bang'. Attenzione, però, a non lasciarsi ingannare da certa terminologia. In genere, infatti, il modello dell’espansione suggerisce l’idea che le galassie si stiano espandendo attraverso lo spazio mentre invece le galassie si allontanano le une dalle altre perché è lo spazio fra di esse (più esattamente lo 'spazio-tempo') che si dilata. Per capire questo concetto si utilizza in genere il classico esempio bidimensionale del palloncino di gomma sul quale sono stati disegnati dei cerchietti che rappresentano le galassie. Quando si gonfia il palloncino, i cerchietti non escono dalla sua superficie, ma si allontanano gli uni dagli altri perché la gomma del palloncino si allarga. E se le galassie si stanno espandendo, significa che in epoche passate dovevano essere tutte più vicine e andando a ritroso con il ragionamento si arriva alla conclusione che tutte le galassie, all’inizio, dovevano essere concentrate in un unico punto che i cosmologi si sono divertiti a definire in vario modo (atomo primordiale, uovo cosmico, atono primevo…). E questo 'uovo', per cause che nessuno ancora sa spiegare, è 'esploso'. Detto per inciso, l’idea dell’uovo che scoppiava non piacque a Fred Hoyle, l’astronomo famoso per avere proposto per primo l’idea di un universo stazionario, e che proprio sessant’anni fa, nel marzo del 1949, durante una trasmissione radiofonica alla Bbc definì in modo dispregiativo il 'grande botto' senza sapere che quella sua definizione sarebbe entrata a far parte del vocabolario della scienza. Anche Einstein non credeva all’espansione dell’universo, tant’è che aveva inserito nelle sue equazioni un fattore (la famosa 'costante cosmologica') per ottenere una soluzione 'statica' del suo modello cosmologico. Ma se l’universo si espande, è lecito pensare che abbia un confine? E se la risposta è affermativa, quanto dista da noi questo confine? E cosa esiste oltre questo confine? Bisogna però tener presente che quando si parla dell’uovo primordiale dobbiamo pensare che all’interno di quell’uovo era contenuta tutta la materia e tutto lo spazio e dunque il Big Bang non fu un evento che accadde dentro all’universo ma, come ha scritto Paul Davies, «fu il venire all’essere dell’universo, nella sua interezza, letteralmente dal nulla». E anche il tempo cominciò a scandire i suoi istanti a partire dal Big Bang. Non esiste, dunque, un 'prima' e del resto anche Sant’Agostino scriveva nelle Confessioni che «il mondo fu creato col tempo e non nel tempo». In chiave filosofica l’espansione dell’universo demoliva il concetto di un cosmo immutabile e lasciava spazio all’idea di un atto creativo avvenuto nel tempo. E subito arrivarono i quesiti spinosi, il più famoso dei quali si può sintetizzare a questo modo: cosa faceva Dio prima della creazione? Formulata in termini moderni: cosa faceva Dio prima del Big Bang? Difficile, se non impossibile, fornire una risposta. Ma un astronomo ci provò e dette una risposta che ancora oggi è ben nota nel mondo degli addetti ai lavori. Prima del Big Bang molto probabilmente Dio stava creando l’Inferno per cacciarvi dentro chi avrebbe posto domande del genere! L’universo, dunque, si espande e pertanto viene spontaneo chiedersi fino a quando l’espansione durerà e se l’universo abbia a no un 'confine'. Domande lecite e affascinanti alle quali la moderna cosmologia sta lavorando per fornire una risposta. E quando diciamo che attualmente il confine dell’universo si trova a 13.7 miliardi di anni luce, intendiamo dire che noi abbiamo misurato la distanza che ci separa dagli oggetti più lontani fino ad ora conosciuti attraverso la luce che è giunta fino a noi. E questa luce, che viaggia a 300 mila chilometri al secondo, ha impiegato 13.7 miliardi di anni per arrivare ai nostri strumenti. Questa distanza, però, misura il confine dell’universo 'osservabile', ma in realtà nell’intervallo di tempo in cui la luce è arrivata fino a noi questo confine si è nel frattempo ulteriormente spostato perché il nostro universo è attualmente in una fase di espansione. E al momento si ritiene che l’orizzonte cosmico si trovi a una distanza di ben 50 miliardi di anni luce! Le 'Colonne d’Ercole' dell’universo, dunque, non sono fissate e la 'siepe' leopardiana che 'da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude' si sposta continuamente sfidando le curiosità dell’uomo. Il nostro universo non ha confini determinati.
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