venerdì 16 giugno 2017
Il portiere, potenziale bandiera dei rossoneri, non rinnova il contratto. Un talento che forse vedrà ingigantirsi il conto corrente, ma vede vaporizzare l’affetto della sua comunità calcistica
Gigio Donnarumma, ormai "ex" numero uno del Milan

Gigio Donnarumma, ormai "ex" numero uno del Milan

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Non abbiamo neppure fatto in tempo ad asciugare le lacrime versate per l’addio al calcio di Francesco Totti. Eravamo tutti appesi al filo di un palloncino, esile forse, ma che ci ha sollevato da un po’ di miserie sportive. Abbiamo tutti sperato di essere quel ragazzo che, unico tra i settantamila dell’Olimpico, si è trovato tra le braccia l’ultimo pallone calciato dal capitano giallorosso, l’abbiamo invidiato, immaginandolo colpito da un pezzo di utopia che, improvvisamente, si concretizza in una sfera di cuoio. Poi è arrivato Mino Raiola. Ha tagliato il filo del palloncino, come una vecchia zia antipatica ha preso quel pallone arrivato in curva, ce l’ha strappato dalle mani e lo ha fatto a pezzi con il coltello da cucina, per farci smettere di giocare e di sognare. Eh sì, perché per parlare di Gigio Donnarumma non si può non partire dal suo agente, Mino Raiola, il top player dei procuratori. Un uomo che incominciò la sua carriera imprenditoriale con la compravendita di un ristorante McDonald’s. In sostanza uno abituato fin da subito alla velocità, al consumo rapido, vorace. Dal fast food al fast foot il passaggio è stato facile. Certo non si discute sulla qualità, nessun dubbio sulla sua capacità di portare nella sua agenzia alcuni fra i migliori bipedi del pianeta calcio. Nevded, Robinho, Van Bommel, Ibrahimovic, Balotelli, Pogba. Quando il talento di Gigio Donnarumma è esploso portandolo a esordire (sedicenne) in Serie A, è stato come versare un barattolo di miele davanti all’orso Mino. Il supermanager italoolandese ha iniziato a curare gli interessi del portiere che, nel frattempo, chissà se indipendentemente dalla volontà di Raiola, continuava a professare amore sconfinato e possibilmente eterno per i colori rossoneri, con tutti gli accessori del caso: bacio rituale della maglia incluso, alla fine di un tormentato Juventus-Milan. Ieri è arrivata la notizia: Raiola ha comunicato che Donnarumma chiude alla possibilità di un rinnovo con il Milan, che ora dovrà decidere se cederlo subito per capitalizzare o tenerlo in una sorta di limbo per un anno, perdendolo poi a costo zero.

Sembra una vicenda in cui alla fine tutti ci perderanno un po’. Il Milan perde una potenziale bandiera. Perde Donnarumma, che forse vedrà ingigantirsi il suo conto corrente, ma vaporizzare l’affetto della sua comunità calcistica. Ci perdono i tifosi milanisti, che già vedevano in lui un nuovo Maldini o un nuovo Baresi. Ci perde il calcio italiano nel suo complesso, sempre più povero di storie da raccontare e sempre più legato alle regole di uno showbusiness che ha l’effetto di allontanare i tifosi dagli stadi. Ci perdono quei ragazzini che hanno perfino comprato la maglia di un portiere, pur di avere quel cognome sulle spalle, che capiranno prestissimo che il mondo va così. Ci perdono tutti, tranne uno: il sultano Mino Raiola, sempre più ammiraglio di una specie di Titanic che naviga dritto verso il suo iceberg nonostante l’orchestra di bordo continui a suonare e che già sa che, quando l’impatto arriverà, calerà in mare la sua scialuppa full optional e ne approfitterà per vendere l’ultima granita dei naufraghi. Che tristezza, senza bisogno di essere milanisti, così come… che meraviglia quell’ultima riga della favola di Totti, senza bisogno di essere romanisti. Pochi giorni fa avevo anche io gli occhi lucidi per il capitano. Poi è arrivato Raiola, un uomo a cui, questa sera, non riesco proprio a invidiare niente. Tuttavia, nel dubbio, mi rivolgo anche a voi, Donnarumma di oggi e di domani: per cortesia, la maglia non baciatela più.

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