venerdì 19 novembre 2021
Dopo l’edizione 2020 in streaming, torna a Bergamo con la piena capienza il festival dedicato al compositore orobico: «Scopriamo la dimensione drammaturgica del predecessore di Verdi»
Il 50enne direttore d’orchestra Riccardo Frizza inaugura stasera a Bergamo il festival Donizetti opera salendo sul podio per “L’elisir d’amore”

Il 50enne direttore d’orchestra Riccardo Frizza inaugura stasera a Bergamo il festival Donizetti opera salendo sul podio per “L’elisir d’amore” - / Gianfranco Rota

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«D’accordo, Giuseppe Verdi è stato il grande innovatore del melodramma italiano. Ma la rivoluzione drammaturgica che giustamente attribuiamo al musicista emiliano era iniziata già con Gaetano Donizetti». Riccardo Frizza evidenzia con convinzione il ruolo che il compositore bergamasco ha avuto nella storia dell’opera lirica in pieno Ottocento. «Conosciamo bene il Donizetti musicista, quello di Lucia di Lammermoor e di Don Pasquale, per intenderci, ma poco il Donizetti drammaturgo» spiega il direttore musicale del festival Donizetti opera, convinto che «questo contributo lo si capirà bene vedendo in scena tutto il suo catalogo. Che è quello che da anni stiamo facendo a Bergamo ». Dove stasera Frizza apre l’edizione 2021 del festival salendo sul podio per L’elisir d’amore – regia di Frederic Wake-Walker, Javier Camarena è Nemorino, Caterina Sala Adina. «Dopo l’edizione 2020 tutta in streaming ritroviamo il nostro pubblico. E con la capienza delle sale finalmente al 100%. E – riflette Frizza, che a dicembre compirà 50 anni – una sala piena ti trasmette un’energia unica e insostituibile ».

Dopo le passate edizioni con proposte di raro ascolto a Bergamo quest’anno tocca a due opere popolari come Elisir d’amore e La fille du régiment. Una svolta pop, Riccardo Frizza?

Dopo i mesi difficili del Covid abbiamo pensato a titoli popolari perché la sfida che è quella di riportare il pubblico in sala. In tempo di pandemia, con i teatri chiusi, si è persa un po’ l’abitudine ad andare all’opera o al cinema e le persone hanno avuto modo di coltivare altre passioni e altri interessi. Dobbiamo riconquistarle. E per farlo abbiamo pensato a due titoli popolari. Ma ci sarà anche la rarità, la Medea in Corinto di Giovanni Simone Mayr, maestro di Donizetti. Il grande lavoro musicologico iniziato gli scorsi anni proseguirà anche in questa edizione. Elisir d’amore lo presentiamo nell’unica edizione critica esistente, quella di Alberto Zedda. Non solo. Lo proponiamo su strumenti originali con l’ensemble Gli originali, appunto, creato appositamente per il festival. Strumenti dell’epoca, non copie. Sarà interessante ascoltare Elisir come si è sentito alla prima nel 1832. Per quel che riguarda La fille du régiment, che a Bergamo sarà diretta da Michele Spotti, è più complesso arrivare ad un’edizione critica definitiva perché si è perso il manoscritto originale: lo studio della partitura va avanti da più di vent’anni e noi presentiamo per la prima volta il frutto di queste ricerche.

Dunque c’è bisogno di un festival dedicato interamente a Donizetti?

Certo. Perché occorre far conoscere sempre di più un autore che ha contribuito in modo fondamentale alla storia del melodramma. Devo dire che già si vedono i frutti del nostro lavoro perché alcuni titoli donizettiani, anche di quelli meno frequentati e più ostici, iniziano a rientrare regolarmente nei cartelloni dei teatri dopo che per tanto tempo erano stati esclusi.

Bacchetta di riferimento per il belcanto, ma in agenda non ha solo Bellini e Donizetti…

Verdi è il compositore che ho diretto di più, avendo fatto 22 delle sue 27 opere. Io mi reputo in generale un direttore d’orchestra, non legato a un certo tipo di repertorio. Al Metropolitan di New York ho fatto il Puccini di Tosca e Bohème. Prossimamente a Budapest dirigerò La fanciulla del West, mentre tornerò a Firenze per L’amico Fritz di Mascagni. Certo, all’estero mi chiamano per il repertorio italiano perché c’è ancora questa idea di chiamare bacchette italiane per il nostro melodramma. Il rischio è di restare relegato in un certo territorio, tanto più che se sei un direttore d’opera fatichi un po’ a farti strada nel repertorio sinfonico.

In effetti dirige soprattutto l’opera.

Ma nel 2022 ci sarà un’importante novità sinfonica. Penso che un musicista sia completo quando affronta tutto il repertorio, quando studia e dirige diversi generi e diversi autori. Mi piacerebbe approfondire il repertorio sinfonico italiano e ai grandi compositori mitteleuropei vorrei affiancare autori come Giuseppe Martucci e Gino Marinuzzi, poco eseguiti, ma che hanno dato un apporto fondamentale al repertorio sinfonico tardo romantico. E mi piacerebbe cominciare ad avere anche un rapporto stabile con un teatro d’opera.

Intanto c’è il Donizetti opera, con lei, un bresciano a Bergamo.

Nessuna rivalità, però. Tanto più oggi dopo che le nostre due città sono state accomunate dalla grande sofferenza e dalle ferite del Covid. Qui nella prima ondata siamo stati particolarmente colpiti, anch’io e molti dei miei familiari ci siamo ammalati. Un periodo difficile, durante il quale nemmeno la musica mi era di conforto.

In Spagna ha vinto il premio Ópera XXI, una sorta di oscar della lirica del paese iberico, come miglior direttore.

Mi è stato assegnato per la Lucia di Lammermoor di Donizetti, proposta nella tonalità originale scritta dall’autore bergamasco, che ho diretto nel 2019 a Bilbao. Un premio inaspettato, ma che mi riempie d’orgoglio perché, pur dirigendo regolarmente in Italia, devo molto professionalmente alla Spagna.

Non solo professionalmente, dato che lì ha conosciuto sua moglie Davinia Rodriguez...

Ho incontrato Davinia proprio in occasione di un Elisir che dirigevo a Las Palmas. Lei faceva soprattutto pop, pochissima opera. L’ho convinta io a lanciarsi nella lirica perché aveva una grande voce. Raramente mi chiede consigli. Facciamo entrambi un lavoro che ci piace, ci capiamo benissimo e quando ci capita di essere lontani sappiamo che è perché l’altro sta facendo qualcosa di importante per la propria vita.

Interista da sempre. Come vede il nuovo corso di Simone Inzaghi?

Abbiamo perso un attaccante, ma ne abbiamo trovato un altro. Abbiamo salutato un allenatore, ma con il nuovo abbiamo ingranato. Sarà fondamentale ritrovare un po’ più di equilibrio. La squadra per me gioca meglio rispetto allo scorso anno. Sono fiducioso. E, incrociando le dita, anche quest’anno rischiamo di vincere il campionato.

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