giovedì 24 agosto 2023
Ricomporre il volto di Dio dai mille volti dell’uomo. Fra viaggio e teologia, un saggio di don Sergio Massironi, del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale
Periferia di Santiago del Cile, nella parrocchia dei SS. Apostoli a Recoleta, maggio 2022

Periferia di Santiago del Cile, nella parrocchia dei SS. Apostoli a Recoleta, maggio 2022 - don Sergio Massironi

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«Normalmente noi ci muoviamo in spazi che in un modo o nell’altro controlliamo. Questo è il centro. Nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo più cose, e quando guardiamo al centro da queste nuove cose che abbiamo scoperto, da nuovi posti, da queste periferie, vediamo che la realtà è diversa. Una cosa è osservare la realtà dal centro e un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato. Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa. La realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro. Compresa la realtà di una persona». Sono trascorsi otto anni da quando papa Francesco ha offerto forse la più complessa ed affascinante definizione di “margine” in una conversazione, non a caso, fatta con dei “marginali”: i giovani abitanti della baraccopoli di La Cárcova di Buenos Aires. Le sue parole risultano ora più attuali che mai. Per questo, meriterebbero di essere ulteriormente sviluppate da molteplici prospettive: sociali, culturali, pastorali e teologici.

Tra quanti l’hanno fatto e con ottimi risultati, ci sono don Sergio Massironi e la sua équipe di studiosi che, su impulso del Pontefice, si sono messi in cammino verso i margini, non solo geografici. «I poveri uniscono il mondo e mostrano il tratto globale delle disuguaglianze. Lavoro per papa Francesco: posso dire così. Viaggio non come turista, per raggiungere in ogni luogo qualcuno che mi porterà nelle periferie esistenziali della sua città. Dice il mio capo: “Io sono convinto di una cosa: i grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia. È una questione ermeneutica: per capire ci dobbiamo scollocare, vedere la realtà da punti di vista differenti”. Noi proviamo a prenderlo sul serio, da ricercatori», scrive don Massironi in Sulle tracce di Dio. Giro ai margini del mondo, pubblicato da Castelvecchi (pagine 170, euro 18,50): la casa editrice con quest’opera inaugura un’innovativa collana di “Teologia delle periferie”.

Quello di Sergio Massironi non è un semplice diario di viaggio nei cinque Continenti per realizzare l’analisi internazionale promossa dalla sezione “Migranti e rifugiati” del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale nel 2021 con l’obiettivo di ribaltare il paradigma classico della ricerca teologica: partire dall’ascolto delle donne e degli uomini, con un’opzione preferenziale per i più periferici.

Certo, i racconti degli incontri, ricchi di aneddoti e accadimenti imprevisti, ci sono e rendono la narrazione fluida pur nella sua profondità. Gli scatti di Giovanni Chiaramonte, che impreziosiscono il testo, inoltre gli danno un impatto di luminosa intensità. Ma Sulle tracce di Dio non è una cronaca. Pagina dopo pagina, l’autore affronta e fa affrontare al lettore due tragitti, intimamente intrecciati. Quello che lo porta verso gli altri per cercare nei loro vissuti frammenti di Vangelo. E il percorso di ritorno al “sé” carico di quei “pezzetti” con cui ricomporre una nuova immagine di Dio.

Un ritratto nato dall’incontro tra parole e Parola nello spazio di una coscienza inquieta. Lasciarsi leggere dalla Bibbia attraverso le vite, è un pensiero ricorrente. «La sfida dei viaggi: andare incontro, sentirmi preceduto, dispormi alle sorprese. Fare il vuoto. Soggetto non vuol dire occupare tutta la scena. A differenza di quanto spesso si dice, “io” non è un pronome pericoloso. Sono “io” a partire: e chi altro se no? Ma quanti incontri porto con me e quanto spazio devo, voglio fare ad altri ancora?», si domanda. Nella drammatica quanto coraggiosa convinzione: «Vado nudo sulle tracce di Dio». Una certezza che, però, ha l’audacia di lasciare posto all’inatteso, come ricorda la stupenda preghiera di Paul Tillich riportata a mo’ di conclusione: «Non è facile sopportare questo non avere Dio, questo aspettare Dio. Non è facile predicare domenica dopo domenica senza pretendere di possedere Dio e senza poter disporre di lui. Non è facile predicare a fanciulli e a pagani, a scettici e atei, e nello stesso tempo far loro chiaramente comprendere che noi stessi non possediamo Dio, che anche noi lo aspettiamo».

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