giovedì 11 gennaio 2018
Eseguita in concerto «La più bella avventura», brano per soli, coro e orchestra di Federico Mantovani. Le parole del sacerdote s'intrecciano con la liturgia e la Sacra Scrittura.
Una cantata per don Mazzolari, il profeta
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Un luminoso accordo di ottoni, e l'irruzione del coro maschile: «Grida a squarciagola, senza timore, fa' sentire la tua voce forte come una tromba». Si ripetono serrate quasi fossero il ritornello di un invitatorio liturgico le parole di Isaia, mentre la voce recitante
declama ciò che di don Primo Mazzolari dissero Paolo VI («Camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso non gli si poteva tener dietro. È il destino dei profeti»), Giovanni Paolo I («Un pastore che conosce il soffrire e vede lontano»), Benedetto XVI («Profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa») e Francesco («La sua profezia si realizzava nell'amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio»).

Per Federico Mantovani è iniziata così La più bella avventura: l'essersi fatto ispirare dal primo libro (allora prontamente censurato per le sue apertura ai "lontani") del prete antifascista e scrittore, l'avervi costruito un libretto che distilla Parola di Dio, parole di Mazzolari e liturgia, per poi sublimare questa straordinaria esperienza divina e umana, religiosa e laica insieme in una "Cantata per voce recitante, soli, coro e orchestra": La più bella avventura, appunto.

Nel settembre 2010 – cinquantesimo dalla morte di Primo – debuttò in Duomo a Cremona. Ma sabato ha nuovamente dispiegato queste armonie di Parola e parole nella cattedrale di Mantova, dove ubbidienti al gesto di Mantovani sono intervenuti Cosimo Vassallo (tenore), Valentino Salvini (baritono) e Alberto Branca (voce recitante), in dialogo con l'Orchestra sinfonica dei colli morenici e il Coro polifonico cremonese.

La cantata mazzolariana – un affresco di accordi e dissonanze, speranza e realtà – respira al ritmo di cinque stanze, e dalla squillante "Voce di profeta" ben presto scaturisce "Impegno e cammino": ne accompagna i passi il pizzicato ritmico di violoncelli
e contrabbassi, prima che "Giustizia carità e pace" unisca Passione di Dio e dolore umano in un incalzante e sempre più forte abbraccio di ritornelli biblici e mazzolariani tra soli, coro e orchestra. Ed ecco "La più bella avventura" (titolo anche del quarto quadro), che dalle parole contrite del De profundis – messe in bocca al figliol prodigo – esplode in un Alleluia reso ancor più pasquale dai versetti del salmo 136 ("Lodate il Signore perchè è buono"). Un tocco ritmico e solitario di campana, un altro, un
altro ancora: l'ultima stanza è quella del Mazzolari che "Obbedientissimo in Cristo" sente scoccare l'ora del suo testamento spirituale, consapevole di essere atteso tanto dal «grande Padre celeste» quanto dal suo «piccolo padre contadino».


È la dolcezza degli archi a condurre verso «questa casa dell'Eterno che non conosce assenti», quella stessa da cui tenore e coro
sussurrano, scandiscono e amplificano la parola che pulsa ciclica nel Discorso della montagna: «Beati...». Fino all'epilogo, quando la profezia iniziale si trasfigura in ricompensa finale: «Rallegratevi ed esultate... infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi».

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