venerdì 23 gennaio 2009
Dramma sfiorato sulla pista di Kitzbuehel, in Austria. Lo svizzero Albrecht cade sull’ultimo salto della Streif: emorragia cerebrale. Mantenuto in coma artificiale, ma non rischia la vita.
COMMENTA E CONDIVIDI
Due ore di angoscia per la spa­ventosa caduta dello svizzero Daniel Albrecht nella prova cro­nometrata di discesa sulla micidiale Streif, la pista più famosa del mondo nella città tempio dello sci alpino. L’el­vetico, 25 anni e 4 vittorie in coppa del mondo, astro nascente della sua nazio­nale, è caduto rovinosamente sulla ne­ve gelata mentre scendeva a 140 km al­l’ora. All’attacco del salto finale, le pun­te degli sci gli si sono alzate al cielo e ne ha perso il controllo. È finito di schiena sulla pista da un’altezza di 10 metri do­po un volo di una cinquantina. Per 20 minuti è rimasto incosciente, con in­torno i medici a prestargli soccorso. Portato in ospedale, prima nella vicina St.Johann e poi nel reparto di terapia in­tensiva di neurologia della clinica uni­versitaria di Innsbruck, Albrecht è stato messo in coma farmacologico. Gli han­no riscontrato un trauma cerebrale e cranico con ematoma cerebrale ed una forte contusione ai polmoni ma ha ri­preso i sensi, ha parlato e risposto alle sollecitazioni dei medici. Il budello gelato della «trappola per to­pi», la Mausefalle; il vertiginoso muro della Steilhang dove si salta senza vede­re dove si può atterrare ma ci si deve af­fidare alla memoria, la micidiale curva con controcurva della Hausbergkante, la diagonale centrifuga che butta a val­le sino all’ultimo salto finale: bastano i nomi dei vari passaggi a spiegare perché i 3.312 metri della Streif hanno fatto di questa pista la più spettacolare ma an­che la più pericolosa al mondo. Il dram­ma di Albrecht è stato quasi una riedi­zione di quello che era successo lo scor­so anno all’americano Scott McCartney, il quale se la cavò con una commozio­ne cerebrale, molte ammaccature ed u­na gran paura. «Non possiamo certo avvolgere la mon­tagna nell’ovatta», si è difeso Guenther Oujara, responsabile Fis per le gare di Coppa. Ora però l’anziano Karl Schranz, 70 anni e monumento degli uomini jet sugli sci, chiede che il salto finale della Streif venga limato per costringere gli a­tleti a non volare troppo alti quando or­mai sono alla fine della gara, con i mu­scoli delle gambe che bruciano dalla fa­tica. Eppure quel salto in passato è sta­to anche momento di spettacolo. Gra­zie a Kristian Ghedina, forse il più spe­ricolato degli uomini jet. Unico azzurro a vincere sulla Streif, negli ultimi anni Ghedina era solito su quel salto dar vi­ta ad una spettacolare spaccata in volo aprendo gli sci e richiudendoli come se stesse facendo un gioco da clown.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: