mercoledì 19 ottobre 2016
Diritti di stampa? Sì, ma prima diritto di parola
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Da un po’ di tempo la Buchmesse non è più soltanto quella che tecnicamente viene definita una fiera di diritti, nel senso della compravendita di libri da tradurre e pubblicare nei diversi mercati nazionali. Questo resta un aspetto irrinunciabile della kermesse, d’accordo, ma a Francoforte il termine 'diritti' può essere inteso anche in un’altra eccezione. I diritti umani, esatto.Almeno uno dei quali, quello alla libera espressione del pensiero, è stato addirittura indicato come 'valore non negoziabile' nel corso della cerimonia inaugurale di ieri. Non è una novità assoluta, ripetiamolo, come dimostra il programma del Weltempfang, l’ormai irrinunciabile forum internazionale all’interno del quale intellettuali e scrittori dibattono i temi caldi del momento. L’impressione però è che in questo 2016, tra l’acuirsi delle crisi umanitarie e l’avanzata dei populismi globali, l’attenzione in materia sia più alta che mai. Aggiustamento dopo aggiustamento, del resto, la Buchmesse ha assunto una struttura sempre più concentrata sull’editoria di lingua inglese, con il conseguente rischio di un duplice sbilanciamento per effetto di una Brexit pressoché irreversibile e del trumpismo non proprio debellato. Ma anche dal punto di vista della politica estera tedesca c’è tutto l’interesse a fare in modo che l’azione di accoglienza dei rifugiati avviata dalla cancelliera Angela Merkel non rappresenti un’eccezione in un’Unione Europea propensa più a ripristinare le frontiere che cancellarle definitivamente. E così, a dispetto della presenza in sala delle coppie reali dei Paesi Bassi e del Belgio (ospite d’onore della Buchmesse 2016 è la regione in cui olandese e fiammingo si alternano in un bilinguismo a tratti contrastato ma sempre vivace), il vero protagonista della serata inaugurale finisce per essere il presidente dell’Europarlamento, il tedesco Martin Schulz. Nel cui passato – oltre a un memorabile duetto con l’ex premier Berlusconi – c’è posto per un rapporto assiduo e decisivo con i libri. Inizialmente abbondonati sui banchi di scuola e ritrovati poi sui banconi delle librerie per le quali Schulz ha lavorato e di cui è stato titolare. È tra le pagine dei classici che ha scoperto che l’Europa è la patria comune di Goethe e Dickens, di Herta Müller e Lessing, di Jorge Semprún e Primo Levi. Il discorso che ha preparato sarebbe già eloquente, ma quando gli si presenta l’occasione Schulz improvvisa e rilancia. Lo spunto glielo offre il presidente dell’associazione dei Librai ed editori tedeschi, Heinrich Riethmüller. Dopo una fugace lamentela sulle politiche governative che rendono complicato il mestiere di chi pubblica e vende libri, estrae a sorpresa un breve messaggio che la scrittrice turca Asli Erdogan (nota anche in Italia grazie a Il mandarino meraviglioso , pubblicato da Keller) è riuscita a far trapelare dal carcere in cui è imprigionata dal 16 agosto scorso con altri 22 giornalisti, tutti accusati di complicità nel tentato golpe. Nel 2008, ricorda Riethmüller, Asli Erdogan faceva parte della delegazione ufficiale della Turchia, ospite d’onore alla Buchmesse di quell’anno. Il fatto che ora la donna sia detenuta per le sue opinioni è uno scandalo intollerabile, aggiunge. Schulz non ci pensa due volte e ribadisce che senza libertà di parola non esiste democrazia. «Il Governo turco deve liberare immediatamente queste persone», dichiara. La presa di posizione non è irrilevante, dato che tra meno di un mese la Germania sarà l’ospite principale della Fiera del libro di Istanbul ed è difficile che l’appello a favore di Asli Erdogan e dei suoi compagni di prigionia passi inosservato. Di diritti umani, in ogni caso, si parla anche quando ci sono di mezzo i diritti editoriali. Le contrattazioni sono appena cominciate, ma a quanto pare uno dei titoli italiani più richiesti all’estero è Lacrime di sale (Mondadori), il libro nel quale la giornalista Lidia Tilotta ha raccolto la toccante testimonianza di Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che tanti hanno imparato a conoscere attraverso Fuocoammare di Gianfranco Rosi. Alla Buchmesse, inoltre, è arrivata una piccola rappresentanza di editori siriani, che hanno fatto di tutto per non rinunciare a questa che, non senza orgoglio, il direttore della manifestazione Juergen Boos ama descrivere come una settimana di pace in un mondo martoriato dalla guerra. Olandesi e fiamminghi, da questo punto di vista, hanno da condividere una storia esemplare ( This Is What We Share, «Ecco che cosa condividiamo», è il motto che campeggia sul loro padiglione). Le loro terre hanno conosciuto conflitti terribili e particolarismi spietati, ma guardateli adesso, il narratore Arnon Grunberg e la giovane poetessa Charlotte Van den Broek. Lui scrive in olandese, lei in fiammingo, e il discorso inaugurale lo fanno a due voci. Prima di iniziare, però, bevono un sorso d’acqua. Dallo stesso bicchiere, si capisce.
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