mercoledì 31 dicembre 2008
Il maestro Georges Prêtre dà voce alla protesta dei musicisti. Il concerto, in diretta su Raiuno da Venezia, proporrà Verdi e Rossini ma anche Ravel e Bizet. «Nessuna rivalità con Vienna».
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Suoneremo tutti con un nastrino viola appuntato alla giacca: è il nostro modo per dire ai politici di non penalizzare la cultura». L’84enne Georges Prêtre si fa portavoce dei musicisti del Teatro La Fenice che, per protestare contro i tagli al Fondo unico per lo spettacolo, minacciavano di presentarsi sul palco in jeans per il Concerto di Capodanno che domani, per il sesto anno, andrà in onda su Raiuno alle 12.25 in diretta da Venezia scalzando il tradizionale appuntamento da Vienna. «Con le note dell’opera italiana ¿ dice il direttore d’orchestra francese, che torna alla Fenice dopo il Concerto di Capodanno del 2005 e dopo aver diretto proprio a inizio 2008 i valzer di Strauss nella capitale austriaca ¿ chiederemo ai governanti di fare di più per la musica, di promuoverla e sostenerla perché la musica serve a far dimenticare i problemi».Scusi, maestro Prêtre, domani, mentre lei dirigerà, ci saranno persone che dovranno fare i conti con missili e carri armati. Non ci si potrebbe augurare qualcosa di più urgente e necessario per il mondo rispetto ai soldi per la cultura?«Il mio pensiero sarà certamente rivolto a chi soffre, in primo luogo ai cittadini del Medioriente. Anche se, lo confesso, mi sento un po’ impotente: non sono un politico, non ho i mezzi per far fare la pace a chi è in guerra. Proverò a lanciare un messaggio attraverso la musica, facendo risuonare una pagina come il Va’ pensiero dal Nabucco di Verdi, il grido di un popolo oppresso».L’opera italiana è il marchio di fabbrica del Concerto di Capodanno alla Fenice, ma quest’anno ci saranno anche Ravel e Bizet.«Ho voluto dar spazio ai miei due amori, il melodramma italiano e l’opera francese, appunto: ci saranno pagine trascinanti come l’ouverture del Guglielmo Tell o di sicuro effetto come il preludio della Carmen. Ma ci sarà spazio anche per Venezia con la Barcarola dai Racconti di Hoffman di Offenbach e, nella prima parte (quella che non andrà in onda in tv, ndr) per La valse di Ravel».A proposito di opera, lei, dopo averne dirette centinaia, ha detto basta, limitandosi a salire sul podio per concerti sinfonici. Come mai?«Perché i registi non si mettono più al servizio dei compositori. Sono sempre stato convinto che il diamante che deve risplendere è quello della musica, oggi invece sempre più in ombra perché i registi vogliono essere l’unico gioiello da ammirare. Non è questo il mio modo di intendere la musica. E perciò ho detto basta. E non mi pento, anche perché ho la fortuna di dirigere grandi orchestre, primi fra tutti i Wiener».Che però domani, per fare gli auguri a oltre un miliardo di persone in tutto il mondo sulle note degli Strauss, dovranno traslocare su Raidue perché la tv italiana da sei anni ha preferito mandare in diretta l’appuntamento di Venezia...«Vienna è speciale, non si possono fare paragoni. Nessuna sfida a distanza con Daniel Barenboim che sarà sul podio del Musikverein. Lo scorso anno sono stato felice di aver diretto io i valzer di Strauss. E quest’anno sono altrettanto felice di essere a Venezia anche perché in Italia ha radici la famiglia di mia moglie».Capodanno è tempo di bilanci e auspici. Quali i suoi?«Sono soddisfatto di quello che la vita mi ha regalato, non posso chiedere di più. Anche se a volte mi rammarico di non riuscire ad alleviare le sofferenze di chi mi è accanto. Vorrei continuare a fare musica tenendomi lontano dalla tentazione, diffusissima in questo ambiente, di essere un mercenario della musica».
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