domenica 16 febbraio 2020
L'appello ai colleghi da parte del vincitore del 70° Festival che è anche direttore artistico di un concerto alternativo: "Venite a fare rumore al nostro Primo Maggio per il bene della mia città"
Diodato, vincitore del 70° Festival di Sanremo con il brano "Fai rumore"

Diodato, vincitore del 70° Festival di Sanremo con il brano "Fai rumore" - A. Calvini

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«Questo è un invito ufficiale a tutti gli artisti italiani: venite a Taranto a “fare rumore” al nostro Primo Maggio». Il cantautore Antonio Diodato non dimentica l’impegno preso una settimana fa subito dopo la vittoria alla 70ma edizione del Festival di Sanremo con l’elegante Fai rumore, che, dopo aver vinto anche il Premio della Critica “Mia Martini” e il premio della sala stampa “Lucio Dalla”, è ora al primo posto delle classifiche Fimi. Brano contenuto nel suo terzo album Che vita meravigliosa (Carosello Records), appena uscito nell’attesa del tour che inizia il 22 aprile all’Alcatraz di Milano per toccare il 29 aprile l’Atlantico di Roma. Inoltre Diodato rappresenterà l’Italia all’Eurovision Song Contest a Rotterdam dal 12 al 16 maggio. «Userò sempre la mia forza per aiutare i miei amici di Taranto ad avere una cassa di risonanza per denunciare una situazione insostenibile. Per la mia città serve far rumore » aveva detto all’Ariston il gentile Diodato che, insieme a Michele Riondino e Roy Paci, è uno dei direttori artistici del Primo Maggio di Taranto. La città dell’ex Ilva, appunto, appesa ai destini dei nuovi proprietari di ArcelorMittal e costretta a fare i conti con le tante vittime di tumori, per tutta la settimana ha omaggiato l’illustre concittadino trasmettendo in filodiffusione dal Teatro Comunale Fusco, ogni giorno a mezzogiorno, la sua Fai rumore al posto di un’aria di Paisiello.
Diodato, si aspettava tale accoglienza?
«Sinceramente non mi aspettavo tutto questo calore. Non sono ancora andato a Taranto dove sarò il 23 febbraio per presentare il disco. Sono molto contento ed emozionato, ci sto mettendo un po’ a realizzare cosa è successo. Taranto è una città che ha una situazione molto complicata e un tessuto sociale distrutto da una specie di guerra tra poveri alla quale ci hanno costretto da anni. È una città in cui perdono tutti e non vince nessuno. Sentire questa unione mi fa sentire felice: è molto bella e su questa dovremmo lavorare».
Lei ha dedicato la vittoria anche alla sua famiglia. Qualcuno ha a che fare con l’acciaieria?
«Sì, ho parenti e amici che lavorano all’ex Ilva, e questa vittoria mi fa piacere anche per loro che stanno vivendo questa specie di sogno, mi stanno scrivendo in tanti cose molto affettuose. La mia famiglia è tanto amore: queste soddisfazioni ti arrivano perché puoi dare gioia alle persone ci vuoi bene».
Vincere Sanremo illuminerà anche il Primo Maggio tarantino, a 7 anni dalla sua nascita?
«Sono anni che lotto per la mia Taranto, che vorrei fosse la nostra Taranto. All’ex Ilva c’è situazione inaccettabile per il nostro Paese. Da quando sono direttore artistico del Primo Maggio, ho capito ancora di più di quanto la musica possa essere cassa di risonanza per certe questioni. Può far sentire i tarantini meno invisibili. Io ci metto l’anima ogni anno. Abbiamo fatto numeri pazzeschi, abbiamo avuto nomi grandissimi della musica italiana. Quest’anno invito tutti gli artisti italiani a proporsi».
Che effetto fa a Diodato, considerato cantautore di nicchia, l’improvvisa grande popolarità?
«Sono più vicino alle persone, senza abdicare al contenuto. Mi scrivono messaggi molto belli in cui mi ringraziano perché canto la loro storia e le loro vite. Questo è il premio più grande: quelle canzoni sono diventate loro, e tu ti senti capito e meno solo».
L’ha abbracciata sul palco pure il secondo classificato del Festival, Francesco Gabbani, rendendo onore al merito.
«È stato bellissimo, ma noi ci abbracciavamo già prima perché eravamo lì dietro le quinte ad aspettare da un’ora e mezza. Lui ed io siamo molto simili dal punto vista umano, abbiamo fatto percorsi adulti, ed è una questione di età, io ho 38 anni, lui 39. Comunque c’era una bellissima atmosfera durante tutto il Festival. Ora nel cantare l’amore cerco di avvicinarmi sempre più ai cantautori anni 60 con cui mi sono formato, togliendo il più possibile gli orpelli. Se oggi la gente si è avvicinata è anche perché l’ho permesso».
Tutti riconoscono che il suo è un successo meritato.
«Sono arrivato a questo successo dopo tanti anni di gavetta, e così si raggiunge la felicità. Non a caso il mio album si intitola Che vita meravigliosa. Nella vita ho avuto tante batoste, ho suonato in condizioni estreme, anche con pochissimi spettatori. Sono le cose che ho vissuto e ho imparato. Ho imparato a vedere otto persone davanti a me e a suonare per quelle otto persone, che avevano comprato il biglietto per me. Ecco, nel mio disco ho voluto celebrare la vita, quella forza di mettersi in gioco nonostante le difficoltà. Saremo sempre in questa barchetta in mezzo al mare, ma non dobbiamo lasciarci spaventare, ma vivere»
Nel brano che ha vinto Sanremo molti hanno visto una dedica alla sua ex fidanzata Levante, ma in realtà può essere un brano politico...
«Questo brano è un invito ad abbattere i muri dell’incomunicabilità. È un invito a farsi sentire, a non soffocare nel silenzio delle incomprensioni, del non detto dove muore ogni umanità. È un atto di ribellione che ha l’amore come finalità, nel senso più ampio possibile. Si parla del vissuto con un altro essere umano, ma è anche riferibile alla politica che ci circonda. Ora ci sono due forti ondate: una di urlatori, di gente che alimenta l’odio e la paura, che cerca di zittire il prossimo, e un’altra che è sempre più silenziosa e che vive anche uno sconforto, che sembra essere dormiente. Li invito a farsi sentire, a confrontarsi: anche manifestando il dissenso si manifesta umanità».

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