giovedì 14 gennaio 2010
Le scuole, le adozioni, la presenza dei mass media... Aumenta tra i credenti del Regno Unito (di qualunque religione) l’impressione di essere ostacolati, se non discriminati dallo Stato
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Lo scontro tra le Chiese cristiane e i valori del politically correct, ispirati ai diritti umani universali, è un tema ricorrente nella società britannica di oggi. L’idea che la religione ormai non ha un posto pubblico e, per chi ha una fede, è difficile esprimere le proprie convinzioni religiose è stata espressa da giornalisti, intellettuali e leader del mondo politico e religioso. Lo stesso Tony Blair ha ammesso che avrebbe danneggiato la sua reputazione di premier parlando della fede quando era primo ministro; in Gran Bretagna – ha detto – a differenza degli Stati Uniti, chi ammette di essere religioso è considerato «un pazzo». Jeremy Vine, famoso giornalista e presentatore della Bbc, anglicano praticante, sostiene di non poter esprimere la fede quando fa il suo lavoro perché non sa come gli ascoltatori reagirebbero. In questo momento si registra un vivacissimo dibattito sulle scuole cattoliche, finanziate dallo Stato ma autorizzate a selezionare studenti e insegnanti tenendo conto della loro fede; cosa che in passato non aveva mai suscitato polemiche, perché tali scuole sono aperte anche ad altre religioni e spesso hanno alte percentuali di studenti non cattolici. Ora invece sia in Gran Bretagna che in Irlanda i partiti laici hanno attaccato le scuole religiose e quelle cattoliche in particolare sostenendo che dividono la società, discriminano e favoriscono alunni delle classi medie. Lo scontro è ormai tra valori religiosi e valori secolari, più che fra religioni diverse, e ogni Natale è un’occasione per rinnovare le polemiche. Quest’anno un’associazione di Oxford ha bandito il nome stesso di Natale per sostituirlo con quello di «Festival invernale della luce»; proposta cui si sono ribellati per primi i musulmani. Alcune Chiese hanno invece deciso riscrivere le carols, i tradizionali canti natalizi, abolendo i termini legati alla Natività...  Decisione che peraltro mal si concilia con le critiche che vescovi cattolici e anglicani hanno fatto alla Bbc proprio perché emargina programmi cristiani popolari; nell’ottobre 2008 lo stesso direttore generale Mark Thompson ha ammesso che l’islam viene trattato dall’emittente pubblica con più rispetto e attenzione del cristianesimo. Anche sulle adozioni è stato scontro tra la Chiesa e lo Stato, il quale ha imposto alle agenzie cattoliche che se ne occupano di non escludere coppie omosessuali dal processo di adozione; alcune hanno preferito chiudere che andare contro l’insegnamento della Chiesa. Sono stati gli stessi arcivescovi anglicani Rowan Williams e John Sentamu a scrivere a Blair per far notare che «i diritti di coscienza non possono essere sottoposti a legislazione, per quanto essa abbia buone intenzioni» e che eccezioni alla legge già esistono per coloro che in coscienza non possono svolgere certi lavori, come i medici che non vogliono fare aborti.INTERVISTANo, non è la Bbc: soprattutto quando si parla di fede...E per poliziotti, politici e professori il sacro non esisteSolo due minuti e 45 secondi di religione ogni mattina, alle 8 meno un quarto nel notiziario più seguito dalle classi dirigenti britanniche, il Today programme. Durante il Thought for the day, «Pensiero del giorno» (così si chiama questo spazio di riflessione spirituale) i rappresentanti delle diverse Chiese tentano di infilare Dio in una fittissima agenda di appuntamenti. Si tratta di uno degli ultimi spazi religiosi ancora mantenuti dalla Bbc. Eppure alle organizzazioni umanistiche e atee quest’ultimo baluardo non piace e il dibattito sull’opportunità di aprirlo ai «laici» è arrivato, lo scorso novembre, fino alla Camera dei Lords. Un segno di quanto fatichi la religione a sopravvivere nella società inglese. Clifford Longley, cattolico, ex corrispondente religioso dei quotidiani Daily Telegraph e Times, consulente del settimanale cattolico Tablet, lui stesso una delle voci più frequenti di Thought for the daytenta di spiegare perché.Come si è arrivati a proporre l’abolizione del «Thought»?«Ci sono due spiegazioni, l’una che non esclude l’altra. La prima è che gli atei sono diventati molto più forti e vogliono danneggiare seriamente le Chiese. La seconda è che il sacro, a differenza di quanto si dice sui giornali, è ancora molto influente e forte nella società e quindi le lobby umaniste vogliono indebolirlo».Ma che posto ha la religione oggi in Gran Bretagna?«È ancora una forza culturale dominante, ha un’influenza sociale importante e non è seriamente in crisi. I sondaggi sulla popolazione tra i 40 e i 50 anni indicano che il cristianesimo (cattolico o anglicano) è ancora la posizione di base cui si ricorre quando non si sa come definirsi dal punto di vista religioso. Le cose cambiano nella fascia di età sotto i 40, quando le persone si dichiarano non appartenenti ad alcuna religione. La tendenza consolidata è che i giovani, allontanatisi dalla Chiesa durante l’adolescenza, tornino da adulti, quando i figli vanno a scuola: non dimentichiamo che in Gran Bretagna le scuole cattoliche sono molto famose e i genitori sono di solito ansiosi che i figli le frequentino...».Ma se le cose stanno così, perché politici come Blair (che ha aspettato di non essere più al potere per diventare cattolico) sostengono di non voler parlare di religione per evitare di offendere una parte dell’elettorato?«L’importanza della religione cambia, in Gran Bretagna, a seconda dell’ambiente sociale. I giornalisti, per esempio, hanno una cultura secolare e sono spesso ignoranti in materia di religione. Lo stesso vale per politici, per avvocati, poliziotti e insegnanti. È diverso invece per la maggioranza della popolazione; anche i politici locali non hanno problemi a dire che appartengono a una certa Chiesa. Insomma c’é differenza tra élites e popolo. Bisogna anche considerare che gli inglesi preferiscono di solito non esprimere emozioni e punti di vista personali e la religione rientra senz’altro nelle cose sulle quali mantenere la privacy».Si dice spesso che la Bbc ha meno interesse nei confronti della religione, anche se ciò non riflette il punto di vista dell’audience.«È senz’altro vero. La Bbc ormai tratta la religione come una questione marginale. Durante l’ultima settimana santa non c’è stato quasi nessun programma religioso, mentre 5 o vent’anni fa la Bbc avrebbe offerto varie proposte sul tema. In parte ciò è dovuto al fatto che la sezione religiosa si trova a Manchester, quindi è emarginata rispetto ai programmi principali preparati a Londra. Ma soprattutto è la cultura secolare a far sentire la religione come un imbarazzo per la Bbc. Fanno eccezione eventi importanti, come sarà certamente la visita del Papa il prossimo settembre».Si nota un crescente conflitto tra protezione dei diritti umani (in particolare la tolleranza per comportamenti «diversi») e istituzioni religiose. Oggi la Chiesa potrebbe ritrovarsi a gestire la protesta dei suoi dipendenti contro i simboli religiosi...«La Chiesa è contro l’intolleranza verso persone di sesso o religione diversi, quindi in teoria non dovrebbe esserci problema. Penso però che la legge sulle pari opportunità lasci spazio a interpretazioni differenti e non c’è dubbio che potrebbe essere usata per rendere la vita più difficile alle istituzioni religiose».Insomma, il bilancio dei rapporti tra Stato e Chiese in Gran Bretagna secondo lei qual è?«Credo che comunque oggi ci si renda conto di come tutta la società abbia bisogno delle Chiese, che rappresentano un importante capitale umano».
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