venerdì 16 gennaio 2015
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​Indietro nel tempo, fino al 1976. È l’anno della finale di Coppa Davis che gli azzurri di Nicola Pietrangeli disputano in Cile indossando una maglietta rossa in segno di protesta verso il regime di Pinochet. Ed è anche la stagione in cui comincia la dittatura dei generali argentini nel Paese che due anni dopo avrebbe ospitato il Mondiale di calcio. Sono pagine ingiallite dal tempo ma il ricordo è ancora vivo nella mente e nel cuore di chi ha vissuto quel settennato di regime assoluto, e la drammatica vicenda dei desaparecidos, gente che dall’oggi al domani scomparve di casa, rapita agli affetti familiari. Uno di quei trentamila che non hanno più fatto ritorno è Miguel Benancio Sánchez, conosciuto dagli amanti della corsa perché a lui è intitolata dal 2000 una gara particolare, una sorta di camminata del ricordo. È la “Corsa di Miguel”, una sfida per podisti che ha permesso di mantenere viva la testimonianza di quelle migliaia di persone scomparse nel nulla. «Miguel aveva avuto una militanza politica nella Gioventù Peronista che dal momento del colpo di Stato, due anni prima del sequestro (avvenuto nel 1978, ndr) di fatto si interruppe», spiega la sorella Elvira, in questi giorni in Italia per i preparativi della manifestazione in programma il 25 gennaio.«Credo - continua la signora Sánchez - che la chiave di tutto fu l’ultimo viaggio di mio fratello in Brasile, un viaggio che fece per partecipare alla Corrida di San Silvestro. Parlò con qualche giornalista, scrisse il suo famoso poema “Para vos atleta”, probabilmente successe qualcosa che lo fece diventare una voce “scomoda”. E i servizi segreti brasiliani, all’interno dei contatti di quello che era il piano “Condor”, il coordinamento delle dittature in Sudamerica, lo segnalarono a quelli argentini...». Comincia così l’ultimo atto di vita del poeta-podista che per sbarcare il lunario faceva l’imbianchino e prima di darsi all’atletica leggera aveva giocato a pallone. Continua a raccontare la signora Elvira: «Provammo stordimento, paura, effettuammo una ricerca disperata. Mia madre Cecilia bussò a mille porte, ma il dolore era privato, non scese mai in piazza con le Madri di Plaza de Mayo. Sperammo fino all’ultimo. Poi, quando arrivò la democrazia e Miguel non riapparve, capimmo che non c’era più nulla da fare».Anni difficili, i racconti dei familiari dei deportati sono simili fra loro e descrivono le sensazioni di un popolo che riuscì a sdoganarsi definitivamente dal passato molto tempo dopo la fine della dittatura, che avvenne nel 1983. Parla a ruota libera la signora Sánchez: «Posso dire che l’Argentina negli ultimi dieci anni è cambiata, e molto. Alfonsin, il primo presidente all’avvento della democrazia, aveva provato ad aprire i giudizi contro la dittatura, ma non ci riuscì. Soltanto a cavallo fra il 2003 e il 2004, con l’avvento dei Kirchner, prima Nestor, poi Cristina, si sono aperti i fascicoli giudiziari e si è cominciato ad arrivare ai processi. Prima prevaleva la voglia di dimenticare, di lasciar perdere, la questione dei desaparecidos era una cosa di un passato che non si voleva rivangare. Ma non c’è futuro senza memoria». Miguel - ricorda la sorella - scriveva soprattutto poesie d’amore, inni alla corsa, cronache delle sue gare. Come a sottolineare che la politica non faceva parte del suo essere argentino. Ma ormai il ragazzo era stato “segnalato”, anche se nulla faceva balenare fra i Sánchez la sensazione che un giorno i militari avrebbero bussato alla porta di casa. «A distanza di anni si può dire che la  “Corsa di Miguel” ha permesso di tenere in vita mio fratello e quelle migliaia di persone scomparse». Tutto quello che è accaduto da Roma a Buenos Aires - sottolinea Elvira Sánchez - «è stato straordinario. È come se decine di migliaia di persone avessero prestato le loro gambe a Miguel e cercassero di trasmettere i suoi pensieri, il suo amore per uno sport che fa conoscere pezzi di mondo diversi e lontani. Si, ammetto che avverto la sua assenza e mi chiedo cento, mille volte "perché?". E concludo sempre con un ragionamento: è stata un’immensa ingiustizia quella che ha strappato la sua vita e quella degli altri 30 mila desaparecidos». Ora la signora Sánchez ha chiesto un incontro con il Pontefice: «Lui ha ricevuto a fine 2013 dai giocatori della squadra di calcio del San Lorenzo la coppa della vittoria in campionato. Su quel trofeo c’è scritto il nome di mio fratello. Ecco, vorrei raccontare a papa Francesco chi era Miguel, è giusto che lo sappia, e sappia che uomo c’era dietro quel nome». La Corsa di Miguel si svolgerà ancora una volta a Roma, domenica 25 gennaio, con partenza e arrivo allo stadio dei Marmi, intitolato a Pietro Mennea, su un tracciato di dieci chilometri; sarà affiancata dalla passeggiata delle scuole e delle famiglie sulla distanza ridotta di quattro chilometri, la “Strantirazzismo”. E ci sarà anche un montepremi della solidarietà: le prime sei società per numero di arrivati potranno scegliere un progetto a cui devolvere il premio.
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