domenica 20 febbraio 2011
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All’alba delle 6.45 il trillo da 75 decibel (dB) della radiosveglia pone fine agli ultimi scampoli di riposo, dando il la ad una lunga serie di suoni e rumori che accompagnerà il resto della giornata. Ecco i 50 dB della voce del conduttore del notiziario delle 7.00 su cui è sintonizzato il vicino, poi i 55 delle urla dell’inquilina del piano superiore presa a calmare i singhiozzi (altri 55 dB!) del suo piccolo, bruscamente svegliato dagli 80 dB dell’abbaiare del cane nel cortile. Gli schiamazzi dei ragazzi alla fermata dell’autobus, la sirena dell’ambulanza bloccata nel traffico mattutino, il botta e risposta dei clacson delle vetture, e, ancora, squilli di cellulari e conversazioni interrotte da discussioni tra colleghi, concentrazione disturbata da lavori di cantiere e pausa pranzo appesantita dalla ressa della mensa. Un giorno di ordinario rumore, senza gli estremi di discoteche, in cui si superano i 110 dB, o, fabbriche, in cui ci si sfiorano i 95 dB o persino scuole materne, in cui, benché la normativa imponga i 40 dB, si toccano normalmente gli 85 dB. Tra le sollecitazioni acustiche cui siamo esposti, quali provocano disagi che vanno oltre ad un banale fastidio, quali di esse contribuiscono all’inquinamento? «Un aspetto specifico dell’acustica riguarda la sfera psicologica – argomenta Giovanni Zambon, docente presso il dipartimento di Scienze dell’ambiente dell’Università Bicocca a Milano – il disturbo non dipende solo dal tipo e dall’intensità del suono, ma anche dal soggetto recettore: per un individuo una sinfonia di Bach a volume medio costituisce una magnifica compagnia, per il vicino può rappresentare il sottofondo più irritante del mondo, anche se percepito a toni molto più bassi. È quindi delicato definire quando una qualsiasi sollecitazione diviene inquinante». Anche per questo, nel dibattito internazionale degli ultimi cinquant’anni sull’ambiente, il tema è stato solo marginalmente affrontato e sempre sottovalutato in relazione ai disagi prodotti. È il caso di dire che il rumore ha agito silenziosamente: «In effetti, contribuisce ad avvelenare il clima ambientale in maniera subdola, perché le vittime sono anche responsabili: penso al rumore delle infrastrutture di trasporto (prima causa di disagio nei centri urbani) o all’effetto cocktail, per cui, in condizioni di caos, ognuno alza il tono di voce, divenendo fonte di disturbo e innescando un processo a catena pressoché illimitato: a tutto ciò è più facile abituarsi che intraprendere azioni di difesa» conclude Zambon. I livelli di rumore allo studio dall’équipe di Zambon non sono causa dei disturbi uditivi acuti o cronici, per i quali la soglia di rischio è di 75 dB: a valori inferiori si presentano effetti meno noti, ma di pari o maggiore gravità. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in una recente indagine dimostra che il tre per cento dei decessi in Europa per cardiopatie ischemiche, pari a duecentodiecimila morti, è provocato da una prolungata esposizione al rumore; assai frequenti poi casi di ipertensione, disturbi del sistema cardiocircolatorio e dell’apparato gastrico, alterazioni sensoriali e dei livelli ormonali. In particolare, nei bambini si sono evidenziati deficit di apprendimento, difficoltà comportamentali e ritardi nella comunicazione verbale. Sulla base dei dati emersi, l’Oms ha fissato a 65 dB la soglia di non superamento, pur considerando "grave molestia" livelli nelle abitazioni di 55 e 45 dB diurni e notturni, e ha indicato a 50 e 32 dB i valori massimi per la difesa di cuore e nervi. L’inquinamento acustico delle città in Italia si aggira sui 65 dB di giorno e 60 di notte, benché la legislazione imponga di mantenersi sotto i 65 e i 55 dB rispettivamente. A livello europeo, con il recepimento della direttiva 2002/49/CE, è stato creato il database dell’esposizione al rumore da traffico nelle città con più di duecentocinquantamila abitanti (Noise), disponibile al pubblico da ottobre sul sito dell’agenzia auropea per l’Ambiente: su centodue agglomerati urbani il cinquantacinque per cento della popolazione (oltre quarantun milioni di persone) è esposta ad oltre i 55 decibel diurni, riferimento minimo previsto dalla normativa comunitaria. Inoltre, la sua variabilità nel tempo lo rende particolarmente tollerabile: i livelli massimi delle ore di punta si ottengono con incrementi progressivi e graduali e per il resto della giornata si hanno variazioni contenute. Per gestire aree territoriali come Milano, la Bicocca ha operato in ambiente Gis per confrontare i dati delle mappe con i limiti imposti dalla normativa. La convalida del modello di simulazione è avvenuta con la calibrazione, correlando i dati misurati e i valori previsti in funzione degli specifici parametri del sistema. Gli elaborati ottenuti danno il livello di pressione sonora in una certa area e, se dal confronto, il clima acustico previsto risulta incompatibile con la legislazione, si individuano le azioni di bonifica realisticamente attuabili. «Uno degli interventi ad oggi praticabile per l’abbattimento di un paio di decibel di rumore è la pavimentazione fonoassorbente: l’adozione di barriere acustiche può avere un costo, in termini paesaggistici, troppo elevato», aggiunge Zambon. Il livello e la frequenza di emissione sonora di un veicolo sono scomponibili nelle diverse sorgenti (motore, scarico, trasmissione) e dipendenti dalle condizioni di transito. È in fase di progettazione un laboratorio sperimentale all’autodromo di Monza, in cui un sistema di sensori acustici capaci di riconoscere il livello sonoro di un veicolo in transito e di confrontare le emissioni a seconda del carburante usato (benzina e Gpl o benzina e metano) porterebbe ad isolare i veicoli con rumorosità superiore alle soglie di allarme.
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