mercoledì 18 aprile 2018
Secondo il presidente della Cei la sua eredità politica e spirituale è presiosa per l'Italia e per l'Europa e necessita di essere pienamente sviluppata. Un convegno all'Accademia dei Lincei
Bassetti: la lezione di De Gasperi è per il nostro presente
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Anticipiamo alcuni stralci dell’intervento che il cardinale Gualtiero Bassetti (nella foto), arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, terrà oggi all’Accademia Nazionale dei Lincei in occasione del convegno “A settant’anni dalle elezioni del 1948. Riunire storia e futuro nei valori degasperiani: Europa, atlantismo, giustizia sociale” ospitatato a Villa Farnesina (via della Lungara, 230, Roma) dalle 15.00. La lezione introduttiva di Bassetti, dal titolo “Alcide De Gasperi: quando la fede dà forma alla politica”, indagherà il passato come spunto per comprendere e illuminare anche la complessa situazione politica italiana attuale e sarà preceduta dai saluti di Lorenzo Malagola e di Maria Romana De Gasperi e dall’introduzione di Lorenzo Ornaghi, rispettivamente segretario generale, presidente onorario e presidente del comitato scientifico della Fondazione De Gasperi. Seguiranno i dibattiti su “De Gasperi e gli uomini del suo tempo: Sturzo, Nenni, Einaudi e Togliatti” con Pier Ferdinando Casini, Fabrizio Cicchitto, Antonio Patuelli, Luciano Violante (modera Bruno Vespa) e su “Il futuro delle idee di De Gasperi: Europa, Nato e rapporto transatlantico” con Maurizio Massari, Armando Varricchio, Lewis M. Eisenberg, Susanne Marianne Wasum-Rainer (modera Maurizio Molinari). A trarre le conclusioni, introdotte dal presidente della Fondazione Angelino Alfano, saranno Romano Prodi, Paolo Gentiloni e Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Alcide De Gasperi non è stato soltanto un “politico di professione” che ha governato il Paese circa settant’anni fa, ma ha rappresentato una delle espressioni più alte di un popolo e di un gruppo dirigente – cristiano, democratico ed italiano – che ha ricostruito l’Italia dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale e ha tracciato la strada maestra per gli anni futuri, addirittura fino ai giorni nostri. Per chi, come il sottoscritto, è cresciuto nella Firenze di La Pira e si è abbeverato dell’umanesimo fiorentino, formandosi in quell’eccezionale impasto di spiritualità e socialità – il pane e la grazia – che per decenni la città dei Medici è stata testimone nel mondo, parlare oggi di Alcide De Gasperi assume un significato molto importante. Penso, infatti, che le diverse sensibilità spirituali, culturali e politiche che hanno caratterizzato il mondo cattolico in questi settant’anni di storia repubblicana, necessitino di essere lette sotto una nuova luce e con un nuovo angolo visuale. Le differenti vedute che animarono il dibattito tra i “professorini” della Dc, la leadership politica degasperiana e quella ecclesiastica montiniana, così come le differenti prospettive politiche dei cattolici durante la Seconda repubblica, esigono oggi un autorevole approfondimento culturale e soprattutto una nuova riflessione pubblica.

E in questa dinamica di approfondimento culturale e di riflessione pubblica, sono assolutamente convinto che la figura di De Gasperi occupi un posto rilevantissimo. Un posto di rilievo su cui è ancora opportuno riflettere. Non solo dal punto di vista storico – ambito nel quale è stato prodotto molto nell’ultimo decennio, anche per merito della Fondazione De Gasperi – ma soprattutto in un’ottica di piena consapevolezza pubblica della sua figura. Una figura che, infatti, si caratterizza per essere, ancora oggi, un modello esemplare di impegno sociale sia per il credente impegnato in politica, che per ogni persona di buona volontà che abbia veramente a cuore il bene comune del Paese. A mio avviso, De Gasperi è stato indubbiamente un vero italiano, un autentico cristiano e uno straordinario statista, tra i più importanti – se non il più importante – dell’Italia unita. Queste tre dimensioni, tutte fortemente intrecciate tra loro, hanno però un’unica sorgente: la cifra spirituale e culturale della sua caratura umana.

La dimensione spirituale rappresenta infatti il punto di partenza, doveroso, per ogni riflessione sulla sua personalità. Come ha giustamente sottolineato Maria Romana De Gasperi, la spiritualità e la politica non furono due aspetti divergenti ma, all’opposto, «due angoli visuali diversi e complementari » che delineavano la sua complessa e ricchissima figura. La ricerca di Dio, l’anelito verso il trascendente, le domande ultime sul senso della vita, così come l’amore verso Francesca – testimoniato in moltissimi documenti – fanno parte di un’unica cornice umana, da cui non si può scindere la teoria e la prassi, l’assunzione di responsabilità verso il Paese e la faticosa esperienza di governo. Come infatti ha scritto l’ex direttore de “L’Osservatore Romano” Giuseppe Dalla Torre nelle sue memorie, De Gasperi visse in una sorta «di doppia solitudine»: quella «di lui, cattolico che si elevava verso quel Dio al quale chiedeva tranquillità e abbandono», e quella «di lui, po- litico» che si prodigava nel perseguire «fin che era possibile, la giustizia e la carità tra gli uomini». La fede era dunque riposta in Dio, la politica era invece una missione laica. L’una ispirava l’altra con passione, inquietudine e soprattutto senza compromessi [...].

La grande questione che oggi si pone dinanzi ai nostri occhi non è solo il riconoscimento degli indubbi meriti storici di De Gasperi, quanto la questione cruciale della sua eredità nel mondo attuale. Io ritengo che si tratti di un’eredità estremamente preziosa per l’Italia e l’Europa attuale. Così preziosa che necessita ancora di essere pienamente sviluppata. Mi permetto di evidenziare due suggestioni. La prima riguarda l’identità nazionale. Ho definito De Gasperi come un “autentico italiano” e l’ho fatto perché sono ben consapevole della sua origine di “uomo di confine” e delle accuse ingiuste (di essere un austriacante) che gli sono state spesso rivolte. Egli è stato suddito dell’Impero asburgico, parte integrante di una minoranza nazionale e ha saputo lottare per l’autonomia italiana. Ha poi conosciuto il carcere e la persecuzione del regime fascista che in nome di una visione autoritaria della nazione ha incarcerato altri italiani. E infine, nell’ultima parte della sua vita, è stato il leader di un gruppo dirigente che ha ricostruito l’Italia e che si è battuto con convinzione per costruire un’Europa unita e in pace.

Da questo punto di vista, dunque, l’esperienza di De Gasperi ci viene a ricordare alcuni concetti preziosi per declinare l’identità nazionale: solidarietà, responsabilità, libertà ed Europa. Il quadro concettuale su cui si muove De Gasperi è dunque straordinariamente attuale. Proprio oggi quando stanno sorgendo venti di guerra in Medio Oriente, quando il Mediterraneo è al centro di un conflitto silenzioso sui migranti, quando tante piccole Italie emergono nel dibattito pubblico e quando il processo europeo viene messo in discussione da troppe pulsioni particolaristiche e di chiusura verso l’esterno, ecco, in questo contesto, il messaggio di De Gasperi sull’Italia e sull’Europa è straordinariamente importante: un’Italia libera e responsabile in una nuova Europa più solidale. La seconda suggestione riguarda la vocazione politica. Che per De Gasperi è indiscutibilmente segnata dal rapporto tra la dimensione spirituale e la dimensione politica. Un rapporto cruciale nella sua biografia. E tuttavia un rapporto laico. Senza cedere a tentazioni integriste, senza ricorrere a scorciatoie propagandistiche e senza mai strumentalizzare i simboli religiosi come amuleti identitari. De Gasperi ha il totale rispetto per la dimensione del sacro e trae la sua vocazione politica da una ispirazione spirituale che combina insieme l’esigenza di giustizia sociale con quella di carità. De Gasperi fa politica come “una missione” e con una sobrietà di cui oggi si sente una grande, grandissima, necessità in Italia, in Europa e in tutto il mondo occidentale.

Mai come oggi si avverte l’esigenza di questo slancio missionario, di questa carità politica, di questo autentico anelito verso il bene comune che è la condizione più importante affinché un semplice politico diventi poi un vero statista al servizio della propria comunità. L’Europa e l’Italia hanno urgente bisogno di un nuovo patto sociale tra tutti quegli uomini e quelle donne di buona volontà che hanno il coraggio, la passione, il talento e il desiderio autentico di costruire nuovi percorsi di impegno sociale e politico per il futuro del Paese e del Continente. L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi: c’è un’Italia da ricucire per superare le divisioni ideologiche e territoriali; e per trovare una cura alle ingiustizie sociali verso i giovani, i disoccupati e le famiglie.

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