lunedì 13 ottobre 2014
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Quando è uscito nel 2012 è stato salutato come la più impegnativa produzione nella storia del cinema messicano. È stato promosso dalla critica liberal del New York Times a da Phil Boatwright, influente critico cinematografico del mondo evangelical statunitense, che la ho definito «un profondo omaggio alla libertà religiosa», un’opera che rimanda a lavori importanti del passato come El Cid di Anthony Mann e Un uomo per tutte le stagioni di Fred Zinnemann. In Francia, dove è arrivato in sordina nelle sale a fine maggio, in poco più di due mesi ha raccolto ottantamila spettatori. Parliamo di Cristiada, il film prodotto dal messicano Pablo José Barroso (munifico imprenditore convertito alla causa dell’evangelizzazione tramite il cinema) e dedicato a una vicenda tragica ed eroica, cruciale nella storia del Messico moderno: la persecuzione dei cattolici ad opera del regime liberal-massonico negli anni ’20, e la conseguente rivolta interclassista di migliaia di messicani bollati come cristeros. Un film che dopo molto attesa arriva ora anche in Italia.Cristiada ha l’ambizione di riportare in primo piano una pagina di storia – storia di fede, oppressione e martirio –- ancora poco nota al grande pubblico e di farlo con un cast di primo livello. Alla regia Dean Wright, talento degli effetti speciali, noto soprattutto per il suo lavoro nel secondo e terzo episodio della trilogia del Signore degli anelli, fra gli attori Andy García nei panni del generale cristero Enrique Gorostieta, Eduardo Verástegui nel ruolo di Anacleto González Flores, l’avvocato difensore dei diritti civili dei cattolici, torturato e ucciso dagli uomini di Calles e beatificato nel 2005. Poi Eva Longoria, Peter O’Toole, Oscar Isaac, Catalina Sandino. Con la colonna sonora affidata a James Horner (Braveheart, Titanic e Avatar).Sono nove le città dove il film verrà proiettato in anteprima, per una settimana: la prima sarà Milano, il 15 ottobre, quindi Torino (16), Bologna (21), Firenze (24),  Ferrara (27), Padova (28), Napoli (29), Genova (4 novembre) e Roma (5). L’arrivo di una pellicola che molti pensavano destinata ad essere schivata dal circuito delle grandi sale, è il merito e la scommessa di una piccola ma dinamica casa di distribuzione, la Dominus Production. Distribuzione che troppo spesso «è il collo di bottiglia da superare, per immettere sul mercato prodotti che escono dagli schemi del consumo di massa o si scontrano con i pregiudizi culturali degli addetti ai lavori», spiega Federica Picchi, fiorentina, fondatrice e presidente di Dominus, che su quest’opera ha voluto investire fino in fondo: dal doppiaggio, assoldando le voci che hanno seguito negli anni i maggiori attori come Andy García e Peter O’Toole, fino al lancio del film non in qualche tempo morto dell’anno o in qualche cinema di periferia. «Partiamo dalle grandi città, in un periodo già caldo come ottobre e novembre, per spingerci poi verso Natale – sottolinea la Picchi – vogliamo sfatare l’idea che certi film possano trovare posto solo nelle nicchie di programmazione». La “Cristiada” ha il suo antefatto nelle leggi anticlericali varate a partire dal 1914 e la sua causa scatenante nell’elezione a presidente del Messico nel 1924 di Plutarco Elías Calles, che – come scrive Jean Meyer, il massimo storico della guerra cristera – è «animato da un odio mortale per la Chiesa» e cerca di combatterla con determinazione e piglio “apocalittici”. La situazione precipita e il popolo, religiosissimo, scende nelle piazze. Poi di fronte alla repressione, alle fucilazioni e alle impiccagioni dei renitenti al programma di rieducazione laicista, molti prendono le armi e ingaggiano uno scontro con le truppe federali che si protrae per tre anni. L’esercito cristero, che vede fianco a fianco proprietari terrieri e campesinos, arriva vicino alla vittoria, ma giunge da Roma l’ordine di deporre le armi. La decisione getta le basi per un lento e difficile recupero del rapporto con le autorità statali, ma viene vissuta dai cristeros come un’ingiustizia accettata solo per obbedienza al Papa. Lascia infatti mano libera ai federali per un regolamento di conti, villaggio per villaggio, che sarà un bagno di sangue e continuerà fino alla fine degli anni ’30. Il film presenta quell’epopea attraverso vari personaggi, ma il perno narrativo è l’incrociarsi del generale cristero Gorostieta (Andy García), che accetta il comando della rivolta anche se lontano dalla fede e dalla Chiesa (saranno i fatti a spingerlo alla conversione) e un ragazzo, José Sánchez del Rio, che si unisce alla lotta per la sete di giustizia e per l’amore a Cristo Re: verrà ucciso dopo essere stato seviziato per non aver rinnegato la fede, a soli quindici anni (è stato beatificato da Benedetto XVI nel 2005). «Le figure sono adattate alle esigenze del copione con alcune libertà – spiega lo storico e saggista Mario Iannaccone, profondo conoscitore dei cristeros, su cui ha firmato per Lindau la recente monografia Cristiada. L’epopea dei Cristeros in Messico –, il film concede molto alla battaglia cappa e spada, più che alla puntuale ricostruzione degli avvenimenti, ma nel complesso rende bene il clima di quegli anni. Si coglie, in particolare, il fervore di quei contadini che combattevano non per fanatismo ideologico, bensì per non vedere profanate le loro chiese e per avere i sacramenti: non volevano morire senza, non volevano che i loro bambini nascessero senza. Questo fu ciò che li spinse alla battaglia. Soprattutto, va sottolineato, furono aggrediti in modo brutale. Fu una guerra di difesa, non certo una jihad cristiana, come qualcuno ha tentato di farla passare. L’esercito poteva attirare con la paga che offriva, ma la forza della causa cristera portò a continue defezioni. Dal punto di vista delle violenza anti-cristiana fu anche una prova generale di quello che sarebbe successo in Spagna dieci anni dopo: stime sul numero dei morti è difficile farne, perché il Messico era un Paese in gran parte selvaggio e vi furono omicidi che vennero compiuti dai federali a guerra finita e che furono fatti passare per rapine o altri atti di criminalità comune; una cifra che viene fatta è di ottantamila morti su circa sette milioni di abitanti, ma probabilmente furono molti di più».
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