giovedì 22 agosto 2019
Sean White nel libro “Creuza de Mao” spiega i nostri cantautori ai cinesi. E ora gestisce il pop italiano in Cina: «Ho già portato Finardi e Allevi, nel 2020 sarà De Gregori. Il mio sogno? Vasco»
Sean White, alias Zhang Changxiao: con la sua organizzazione porta il pop italiano in Cina

Sean White, alias Zhang Changxiao: con la sua organizzazione porta il pop italiano in Cina

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Dei 400mila cinesi presenti in Italia (un quarto di questi almeno, vive e lavora a Milano) Zhang Changxiao, in “arte” Sean White, è assolutamente unico. È infatti l’unico cinese che parla, ascolta e scrive di tutti i nostri beneamati cantautori. Il 32enne originario della provincia di Shandong, a dispetto della maggioranza dei suoi coetanei italiani, oltre a conoscere la discografia di Rino Gaetano, di Gaber e Jannacci o di Luigi Tenco, li divulga anche. Dove? In Cina ovviamente.

E allora come non andare a conoscere questa rarità. Appuntamento alla sede del “Centro Interscambio Culturale Italia-Cina” che presiede, e affiancato dal mentore e traduttore Vittorio Li entriamo nel suo piccolo “laboratorio musicale”. L’ufficio che si affaccia nel cuore dello Skyline, nuovo simbolo di quella Milano («international e non local come Roma, anche se io adoro Roma », così ci accoglie) in cui è atterrato dalla Cina sette anni fa per seguire un master di Ingegneria robotica al Politecnico. Ma sulla strada dei “Ricordi”, intesa come etichette e ascolti musicali, un pomeriggio Sean ebbe la folgorazione. «Ero in un negozio di dischi quando ho sentito la “voce”. Sono rimasto di pietra ad ascoltare tutto il brano e alla fine ho chiesto a un signore se poteva scrivermi su un biglietto il titolo della canzone e l’autore. E quello scrisse: Nella mia ora di libertà, Fabrizio De André».

Da quel momento, rapito «da quella voce mistica» addio a un futuro da ingegnere per concentrarsi esclusivamente sulla musica e soprattutto «sullo studio di Faber... Io non ho una fede religiosa, ma quel timbro e quella musica mi ha portato a credere nel potere di una voce “divina” e sono andato a fondo, all’uomo e all’artista».

Tre anni di immersione totale nella musica di De André, intervallato dall’ascolto dei cantautori italiani e mettendo da parte le precedenti passioni per i maestri di lingua inglese, «il mio mito Bob Dylan, ma anche Neil Young e Leonard Cohen». E poi incontri ravvicinati, a cominciare da Walter Pistarini, autore de Il libro del mondo. Le storie dietro le canzoni di Fabrizio De André (Giunti): «Il caso ha voluto che ci siamo trovati a Lecco dove Walter risiede e dove vivevo io allora». Poi l’abbraccio caloroso con Dori Ghezzi e l’ingresso in religioso silenzio alla Fondazione Fabrizio De André. Infine, interviste e viaggi da nord a sud dello Stivale per inseguire e parlare con quelli «simili a Faber... come a Pavana con Francesco Guccini, che per me rappresenta la “giustizia”, è il vostro Cyrano. Franco Battiato invece è la “filosofia”, mi ha colpito molto la sua conoscenza della cultura orientale».

Materiale umano e letterario che Sean ha usato per mandare alle stampe un libro che in Cina è diventato un piccolo caso editoriale. «Si intitola Creuza de Mao e ha venduto oltre 200mila copie. Ma la Cina ha un miliardo e mezzo di abitanti, perciò non si può definire un bestseller», dice divertito mostrando il volume. Trecentoventuno pagine vergate in lingua madre, dedicate a Faber e altri 21 cantautori italiani. E solo alla fine gli ideogrammi lasciano spazio all’indice in italiano con i nomi che vanno dalla “A” di Adriano Celentano, alla “Z” di Zucchero.

Un lavoro da critico musicale certosino, quello del giovane music planner e Ceo dell’agenzia di comunicazione LongMorning Music Group che, oltre a curare il diritto di copyright della musica italiana in Cina, nel suo Paese organizza concerti con artisti internazionali. «Finora ho avviato una collaborazione con Stewart Copeland dei Police e ho organizzato circa duecento eventi musicali. Il primo cantautore italiano che sono riuscito a portare è stato Eugenio Finardi e poi il pianista Giovanni Allevi. Ma per novembre 2020 abbiamo già fissato due concerti (a Shanghai e Pechino) di Francesco De Gregori».

Il “Principe” dopo De André e Lucio Dalla («la sua Caruso è la canzone pop italiana più famosa in Cina, dopo Bella ciao») fa parte della «personale top five» di Sean che in Creuza de Mao (prossimamente tradotto in italiano) dedica un capitolo solo a una donna della musica italiana, Mia Martini. «Amo molto anche le vostre cantanti, Gianna Nannini, Fiorella Mannoia, Patty Pravo... Ma in Cina la musica italiana è sinonimo di lirica, ieri Luciano Pavarotti, oggi Andrea Bocelli. Però la terza voce più nota al nostro pubblico è quella di Laura Pausini».

La Pausini anni fa ha cantato Incancellabile in cinese, ma l’obiettivo di Sean è portare il bel canto pop italiano negli stadi e nei teatri sotto la Grande Muraglia. «Vorrei tanto conoscere Vasco Rossi. Il nostro Vasco si chiama Cui Jian e nel 2013 è venuto con me in Italia, al Premio Tenco e al Lunezia. Il mio sogno? Portare Jovanotti e Vasco Rossi in Cina e metterli sullo stesso palco: credo che quello sarebbe un concerto stellare».

Un evento in effetti, ancora mai visto neppure nei nostri lidi, nonostante il “Jova Beach 2019”. Sean sogna da poeta romantico, «perché la musica che fa stare bene è come innamorarsi di una donna e io mi sono innamorato follemente di De André e di tanti dei vostri cantautori». Ma alla poesia Sean unisce la concretezza manageriale, conservando però lo spirito dell’operatore culturale che apprezza «il Manzoni de I promessi Sposi, i romanzi di Pasolini e il cinema di Benigni... I cinesi che hanno letto il mio libro hanno capito che gli italiani, oltre a possedere un grande patrimonio culturale ed essere ai vertici della creatività artigianale, sono un popolo aperto, inclusivo. Tra il nostro e il vostro Paese ci sono molte affinità, e io a partire dalla musica cerco di farle emergere e di farle apprezzare».

Intanto il prossimo libro di Sean White, Costellazione del Drago (Piemme), sarà altrettanto necessario quanto quello sul cantautorato. «Racconto delle generazioni dei cinesi nati e cresciuti in Italia. Ho incontrato molti ragazzi e ascoltato tante storie. Quelli nati qui si sentono più italiani o più cinesi? Ognuno ha il suo vissuto. A me a questa domanda piace rispondere come l’attore Bruce Lee al quale un giornalista chiese se, visto che era nato a San Francisco si sentiva più americano o come i suoi genitori cittadino di Hong Kong, e lui disse: “In questo mondo, noi uomini rappresentiamo una sola ed unica famiglia”. Io la penso esattamente così. E credo sia un pensiero condiviso anche da papa Francesco che vorrei tanto conoscere e donargli la prima copia del mio nuovo libro».

Saggio, colto e spirituale Sean che, ispirato da La buona novella del suo amico Faber si congeda così: «Sono arrivato qui a mani vuote e l’Italia me le ha riempite, perciò il mio lavoro consiste anche nel ridare indietro qualcosa di quel tanto che mi è stato dato».

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