domenica 27 novembre 2022
Ricco di informazioni e numeri un libro del climatologo Ferdinando Cotugno indica la generazione Z come davvero capace di mettere in campo la vera soluzione: iniziare da se stessi
I ricercatori dell'Università del Mato Grosso individuano i segni del cambiamento climatico al confine tra Amazzonia e Cerrado

I ricercatori dell'Università del Mato Grosso individuano i segni del cambiamento climatico al confine tra Amazzonia e Cerrado - Reuters

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Il mondo lo salveranno i ragazzini? Che sia la generazione Z quella che darà la svolta alla lotta contro i cambiamenti climatici? Forse sì, anche perché spinti da un mix di coscientizzazione, alfabetizzazione ecologica e un briciolo di disperazione sulle condizioni di vita del pianeta. Un docente di economia in importanti atenei francesi spiegava qualche tempo fa che un quarto dei suoi studenti non intende mettere figli al mondo perché spaventato in maniera drastica dal futuro del pianeta, che, così come le proiezioni scientifiche ci indicano, sarà in un futuro non troppo prossimo: innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacciai, temperature elevate, migrazioni climatiche di massa… Orbene, però, l’imperativo resta quello del monaco Silvano del Monte Athos: «Non disperare».

E un antidoto allo scoramento può essere la lettura di un breve testo, molto militante ma illuminante, di Ferdinando Cotugno, esperto di ambiente e clima di cui scrive sul quotidiano “Domani”. Primavera ambientale. L’ultima rivoluzione per salvare la vita umana sulla terra (Il Margine, pagine 148, euro 13,00 – en passant, va bene rivedere in libreria il marchio editoriale trentino, ora appartenente a Erikson). Un testo tanto breve quanto puntuale. Cosa dice in sostanza Cotugno? Che nel giro di pochi anni – diciamo il decennio scorso – si sono provvidenzialmente unite alcune forze eterogenee che hanno dato la sveglia a energie sociali nascoste, quelle appunto dei giovanissimi, e hanno acceso il fuoco della consapevolezza e dell’impegno socio-politico in campo ambientale: la Laudato si’ di Papa Francesco e Greta Thunberg, ma anche i movimenti di piazza come “Extintion rebellion” e “Friday for future”, hanno focalizzato che il tempo stringe e non c’è più da attendere: «Ogni essere umano è responsabile dell’emergenza climatica, quindi ogni essere umano può essere parte delle soluzioni».

I momenti ecologisti recenti hanno qualcosa di assolutamente inedito, spiega Cotugno: «Non era mai accaduto che una visione politica e le relative organizzazioni si battessero non per il destino di un popolo, di una classe, di un gruppo sociale, di una nazione, ma della specie umana nella sua interezza». Quello che c’è davvero da cambiare è l’approccio al mondo e ai beni: vanno mutate «le nostre aspettative individuali per un futuro di crescita infinita, perché è così che siamo stati educati, anche se ogni dato e segnale ci dice che non è più così da decenni». E i giovani attivisti per il clima di cui si parla nel libro questo lo hanno capito, rispetto a una politica spesso arroccata su modelli da Novecento.

Il libro, piccolo di dimensioni ma ad alto tasso di conoscenza, è pieno di cifre illuminanti e fa una disamina impietosa della situazione ambientale attuale. Per esempio dimostrando, numeri alla mano, che quando Laudato si’ mette in relazione poveri e crisi climatica, coglie esattamente nel segno: «Nel 2030 moriranno 530.000 persone ogni anno per cause direttamente riconducibili alla crisi climatica: l’1% sarà nei paesi ricchi, il 99% nei paesi poveri». E ancora: «Negli Usa una ricerca del 1987 scoprì che tre afroamericani o ispanici su cinque vivevano in comunità che ospitavano rifiuti tossici». Rivaluta il ruolo della politica, Cotugno, con l’attestazione che alcuni esempi di attivisti sociali e ambientali giunti nei luoghi del potere stanno a dimostrare che «si possono conquistare i partiti». Ma più interessante è la sottolineatura dell’impegno personale, che ciascuno può mettere in campo partendo da sé per cambiare il mondo e renderlo più salubre, nel rispetto di ogni essere vivente: «Il primo gesto di attivismo climatico, il più doloroso e radicale, prima ancora di prendere la parola in pubblico, scendere in piazza e cercare alleanza, è cambiare noi stessi. È il nostro negoziato interiore. La plastica, la carne, gli aerei, la macchina, i vestiti: quello che volete. Tutti abbiamo un punto di rottura».

Viene in mente quell’elenco molto pratico di buoni gesti ecologici che chiude Laudato si’: spegnere le luci, usare i mezzi pubblici, non sprecare… La prima politica è partire dall’io. Perché «non riusciremo a stabilizzare il clima che abbiamo alterato se non arriverà a riguardarci personalmente».

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