sabato 30 luglio 2016
COSTANTINO: un mito, tanti dubbi
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Molto noto al pubblico più ampio come narratore (ha vinto lo «Strega» nel 1996, quand’era poco più che trentenne) e per la sua costante presenza nei programmi di divulgazione storica della Rai, Alessandro Barbero è anzitutto uno storico cresciuto alla severa scuola torinese del medievista Giovanni Tabacco: ma, al pari del suo Maestro, è tutt’altro che imprigionato nella sua 'gabbia' specialistica. Ha dimostrato di saper spaziare in tutte le epoche storiche, dall’antica Grecia alla quale ha dedicato il suo ultimo romanzo, Le ateniesi, al Mediterraneo del Cinquecento – di gran successo un suo imponente studio dedicato alla battaglia di Lepanto – alla battaglia di Waterloo (è un serio esperto di storia militare) sino al Novecento, che ha frequentato scrivendo dell’impresa fiumana di D’Annunzio e della fine dell’Unione Sovietica. Sono davvero pochi, in Italia e fuori, gli studiosi che possono vantare un tale arco di competenze.  Tuttavia, Barbero rimane anzitutto un medievista fiero di esser tale: è cattedratico di storia medievale nell’università del Piemonte Orientale, a Vercelli. Ha scritto molto: di cavalleria, di crociate, di storia piemontese. Da lui, insomma, ci si può aspettare qualunque cosa. Eppure, ci ha sorpreso la sua recentissima monografia dedicata a Costantino il vincitore (Salerno, pp. 852, euro 49), non solo per la molte davvero monumentale ma anche per l’argomento scelto e per il taglio adottato. L’argomento. Siamo dinanzi a un personaggio storico tra i più biografati al mondo: e sul quale è davvero arduo pensar di poter dire qualcosa di nuovo e di esaustivo. Le oltre 60 fitte pagine di bibliografia che concludono il lavoro, peraltro irto di note a piè di pagina, sono al prova di uno sforzo erudito e documentario davvero straordinario. E Barbero sapeva bene di dover affrontare il confronto con T. Barnes, con R. W. Burgess, con A. Chastagnol, tantoper citare solo alcuni tra gli studiosi più recenti.  D’altronde, fino dalle prime pagine del libro si ha l’impressione che proprio in quanto medievista l’autore abbia deciso d’investire le sue energie per far bene i conti con un tempo tanto enigmatico quanto arcistudiato, quell’inizio del IV secolo che per tanti versi fu un’autentica cerniera: tra la civiltà antica e quella moderna (e accantoniamo pure il concetto di 'medioevo', nato solo fra Tre e Quattrocento); tra il mondo delle antiche concezioni collegate a una pluralità di dèi e di culti e l’imporsi di un nuovo, rivoluzionario monoteismo; tra l’universo circummediterraneo ed ellenistico dominato dall’impero romano e la crisi che stava sopravvenendo con le 'migrazioni dei popoli' e l’irreversibile allontanarsi tra la compagine occidentale e quella orientale di quella che per secoli era stata una solida e coerente per quanto mai indifferenziata società. Non a caso, il medioevo fu dominato da due certezze su Costantino: la prima di esse, la sua conversione al cristianesimo, si è ormai trasformata in argomento d’infinite polemiche; mentre la seconda, la sua supposta consegna della città di Roma e delle insegne imperiali al vescovo dell’Urbe, è stata smentita solo nel Quattrocento grazie all’umanista Lorenzo Valla. Eppure egli resta grande nella storia, ammesso che la 'grandezza' storica si possa definire; e immenso nel mito. È il fondatore della Nuova Roma, che avrebbe assunto il suo nome e da allora ad oggi avrebbe davvero segnato le vicende mondiali; è il sovrano il cui cavallo di bronzo – che in realtà apparteneva alla statua di Marco Aurelio – era ritenuto nelle leggende medievali che su Roma circolavano, i Mirabilia Urbis, una magica meraviglia.  Il taglio. Barbero ha dovuto confrontarsi con un numero straordinario di problemi ancora 'aperti': le vicende che condussero il figlio di Costanzo Cloro a divenire membro della tetrarchia sovrana concepita da Diocleziano e quindi a superare quel complesso sistema di successione imperiale restaurando l’unicità del potere augusteo; l’enigma del suo sogno alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio; il ruolo di sua madre, l’imperatrice Elena, nella sua esistenza; l’enigma dei tempi e dei modi della sua conversione; gli aspetti più oscuri ed enigmatici della sua indole e delle vicende che gli toccò vivere, come l’uccisione della moglie Fausta e del figlio Crispo; infine, ma tema centrale, la sua attività di legislatore e il senso della sua esperienza di uomo e di sovrano.  Barbero è uno studioso di troppa esperienza per cadere ingenuamente nella trappola che obiettivamente è tesa dinanzi ai passi di qualunque biografo. Eppure, le nette e forti prese di posizione sono imprudenti almeno quanto una sistematica apertura a tesi contrastanti che sembrano in pari misura convincenti e sfocia in una delusione e in una fonte di disorientamento per il lettore. La soluzione adottata da Barbero è consistita nella costante problematizzazione del racconto: anziché adottare un modulo narrativo che si apra tuttavia, volta per volta, ai vari problemi dibattuti, questo libro è fondato da cima a fondo sui moduli problematici. I 19 capitoli che lo compongono sono ripartiti in cinque parti che si leggono come si potrebbe leggere il 'giornale di bordo' di un marinaio o il 'giornale di scavo' di un archeologo. Lo storico ci pone qui di fonte alle questioni suscitate dalla lettura e dal confronto di autori diversi e di fonti differenti: ogni capitolo è corredato di una serie di «problemi storiografici» o di «confronti con altre fonti». Senza rinunziare al suo giudizio, egli ci obbliga a verificarlo confrontandolo con altri giudizi possibili; o a constatare che un giudizio effettivo è in realtà, su questo o su quel tema, inesprimibile. Nella prima parte, «Adulatori e ideologi», panegiristi e storici sono messi a confronto, con un’attenzione speciale rivolta evidentemente ad Eusebio. Nella seconda si passa alle testimonianze materiali: monete, epigrafi, monumenti, basiliche. La terza riguarda le dispute teologiche e le lettere dello stesso imperatore. La quarta i caratteri e i fini della sua attività di legislazione, quindi del suo ideale di governo incentrato sulla costruzione del consenso, l’efficienza dello Stato e dell’amministrazione della giustizia, la moralizzazione della società come base di una cristianizzazione che resta tuttavia sullo sfondo della plausibilità. La quinta riguarda i posteri e la costruzione d’un’immagine forte e coerente, ma piuttosto tardiva rispetto ai fatti. Insomma, più che una biografia classica questo è un serrato dialogo, a tratti quasi inquisitorio, tra un personaggio storico e il detective che gli sciorina dinanzi le prove del suo agire cercando d’incastrarlo, ma che in fondo è più interessato alle vicende della sua vita in sé che non al tema della sua innocenza o della sua colpevolezza. O, se si preferisce, somiglia a un dialogo tra un avvocato e un cliente, sempre in presenza di prove, nel quale il primo voglia comprendere bene il secondo riservando a più tardi il problema di come eventualmente difenderlo. O, ancora, all’anamnesi cui il medico sottopone il suo paziente prima di passare alla visita vera e propria. Del resto, è già stato detto sovente che il 'mestiere' dello storico – che lavora analizzando indizi e prove – somiglia molto a quelli del detective, dell’avvocato e del medico. Si esce dalla lettura di questo libro armati di molte più conoscenze di quelle in nostro possesso quando vi eravamo entrati, ma carichi al riguardo di molti più problemi irrisolti di prima. Ed è – attenzione! – proprio questo che un buon libro di storia deve fare: non fornire certezze, bensì insegnar a individuare e a impostare correttamente le questioni. In quanto insegnante, Barbero sa bene che per ogni problema storico esiste una risposta semplice: che è, regolarmente, quella sbagliata. Perché la storia è complessa. Questo libro rende straordinariamente bene l’idea della complessità storica presentandola anche ai non esperti: affinché essi capiscano che una questione storica non si affronta tanto per cercare una verità sicura (questa è semmai la logica del lettore di 'gialli'), quando per comprendere la qualità e la quantità dei problemi che essa sottende.
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