giovedì 6 gennaio 2022
All’Istituto di cultura italiano di Amsterdam un convegno ha fatto luce su una vicenda poco nota. Vissuta da famiglie e non da gruppi, come invece in Francia e Belgio
Luciana Rescia Bokma

Luciana Rescia Bokma - -

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All’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam si è tenuto un interessante convegno sugli antifascisti italiani nei Paesi Bassi durante la seconda guerra mondia-le, organizzato con la giornalista Daniela Tasca, dello 'Stichting Culturissima 1001 italiani'. Attraverso un avvincente intreccio di testimonianze dirette, figlie, nipoti, bisnipoti hanno dato voce ad una parte della Resistenza poco conosciuta. Un prezioso tassello di informazioni basato sulle vicende di singole famiglie, in quanto gli oppositori antifascisti in Olanda non erano riuniti in gruppi come in Francia e Belgio. Fra di loro Angelo Agosti e Luciana Rescia-Bokma. Su Angelo Agosti, nato a Roma nel 1900, morto ad Haarlem nel 1985, è intervenuta la figlia Stella. Per raccogliere notizie su di lui Daniela Tasca si è recata in Italia, scoprendo, all’archivio centrale dello stato di Roma un casellario politico dei dissidenti in Olanda nel periodo fascista: 80 dossier, con nomi, cognomi, mestiere, famiglia, spostamenti. Non si sa chi furono gli 'spioni' addetti all’inquietante controllo, in quanto i documenti redatti (alcuni mostrati dalla ricercatrice durante la sua conferenza) non recavano alcuna firma. Luciana Rescia nacque a Torino nel 1902, morì nel 1995; sposò l’olandese Jan Bokma, attivo nel partito comunista, andando a vivere con lui ad Amsterdam nel 1925, dove entrambi rivestirono un ruolo di rilievo durante la Resistenza; come hanno raccontato la bisnipote Noemi Prent e la figlia Luisa. La loro dimora divenne un vero centro operativo per rifugiati provenienti da tutti i Paesi europei fascisti. Nascosero antifascisti ed ebrei, procurando loro passaporti falsi, con l’aiuto del tipografo Jan Postma, in seguito fucilato; ma anche di olandesi che fingevano di aver smarrito il loro passaporto e poi glielo portavano da copiare. Quei passaporti salvarono la vita di tante persone! Luciana conobbe anche Ercoli, ovvero Palmiro Togliatti, in uno dei suoi viaggi a Parigi per la Resistenza. I fascisti utilizzavano tutti i rappresentanti all’estero e della cultura ai fini di propaganda politica. Nacque la prima società Dante Alighieri, il cui fondatore, il professor Romano Guarnieri, invitava 'famosi' fascisti a tenere conferenze, mantenendo contatti diretti con Mussolini. Al- l’Aja fu istituita la prima scuola elementare italiana, la 'Bruno Mussolini'. Nel 1935 120 bambini italiani vennero mandati in colonie estive a Rimini e Riccione. Il fascismo faceva leva su quel 'lato oscuro della comunità italiana' costituita da umili persone che erano venute a cercare impiego come terrazzieri, spazzacamini e in seguito gelatai per sfuggire alla miseria della loro terra d’origine. Fra i dissidenti comunisti ricordiamo Ennio e Aldo Talamini e poi artisti, intellettuali, fra cui Fred Carasso e Mario Montessori jr., nipote di Maria Montessori. Nel frattempo fu stampato il primo giornale olandese contro il fascismo e la sua influenza dominante nel Paese: De Waarheid ( La verità). Dopo la guerra in Abissinia ci furono associazioni di protesta con il motto:'No al fascismo nel nostro Paese!' All’Istituto di Cultura era presente anche Paolo Giuseppin, italiano in Olanda di terza generazione, autore di Carissimo figlio, un bel libro pubblicato in olandese, di prossima uscita in lingua italiana presso Ediciclo Editore e Nuovadimensione. Giuseppin è stato assistente sociale per gli immigrati italiani, specializzandosi negli ultimi anni in diritto dell’immigrazione. Si tratta della storia vera di suo padre Enrico, nato nel 1921 a Teglio Veneto, arrivato all’Aja nel 1929 con la madre, una sorella e due fratelli per ricongiungersi al padre Luigi, artigiano terrazziere che aveva già trovato lavoro e alloggio nel quartiere popolare di Transvaal. Nel 1942 Enrico parte militare adempiendo all’obbligo di leva, che spettava anche ai cittadini italiani residenti all’estero. Insieme ad altri amici italiani dell’Aia venne dapprima mandato in Italia e poi al fronte russo. Due suoi compagni purtroppo non fecero più ritorno. Lo stesso Enrico sfuggì un paio di volte al carcere e alla morte. Aiutò tanti compatrioti, agevolato dalla sua conoscenza della lingua tedesca e dal suo ruolo di interprete. Da veterano della Prima guerra mondiale, papà Luigi, sapendo bene che cosa significasse dover prestare servizio al fronte, scrisse al suo 'carissimo figlio' tante lettere di affettuoso sostegno. «Quest’opera – ci ha detto Giuseppin – parla di migrazione e sopravvivenza, di agonia, gioia e sofferenza, di senso di comunità ed egoismo, di giusto e di sbagliato, di governi e 'sudditi', di ufficiali e 'soldatini', di vita e di morte e del conforto dell’idea che esiste ancora un Dio in questa terra abbandonata da Dio». All’epoca c’era un’altra famiglia di italiani, nella stessa zona Transvaal, all’Aja, di cui parla Isabella Santucci, traduttrice, partendo dalla storia di sua zia Maria, la quale rammenta la sua frequentazione di una scuola fascista (obbligatoria nel periodo fra il 1935 e il 1943), dove «facevano loro un vero e proprio lavaggio del cervello». Mentre a casa spesso non si poteva neanche nominare il dittatore. Pertanto quei poveri bambini vivevano in una situazione per loro difficile ed incomprensibile, in cui venivano raccontate loro due 'verità' differenti. A testimonianza questo ricordo della zia: «Quando prima di mangiare pregavo, terminando con le parole 'grazie a Lei, Mussolini', per questo cibo, mia madre si arrabbiava, esclamando: 'Devi ringraziare Nostro Signore, non Mussolini!'»

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