mercoledì 23 febbraio 2011
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«Esplorare la Terra è un modo di amarla». Parola di Giacomo Corna Pellegrini, viaggiatore e geografo. Scienziato e docente. Innamorato: della sua disciplina, del mondo e dell’umanità che lo abita. Quanta strada dal paradigma positivista, dalla geografia quantitativa, dal dominio sull’uomo e l’ambiente quale scopo e motore dell’esplorazione delle terre vicine e lontane (si pensi alla stagione del colonialismo). Certo: il geografo non potrà mai fare a meno del dato statistico, delle grandezze misurabili, degli strumenti matematici. Tanto più nell’età dell’elaborazione elettronica delle informazioni. Ma negli ultimi decenni – anche in Italia, anche grazie a Corna Pellegrini – questa disciplina ha immaginato e varcato nuove frontiere. Come la geografia della percezione. Come la geografia culturale. E non per mera accademia: ma perché «il sapere geografico è uno dei grandi e necessari saperi del vivere», ha scritto Corna Pellegrini nel volume Geografia diversa e preziosa (Carocci). Un sapere dinamico che – proprio muovendo lungo le frontiere della geografia percettiva, umanistica, culturale – può aiutare l’uomo d’oggi a comprendere, dunque a vivere, la pluralità delle civiltà, delle identità, delle culture, riconoscendo il fatto che dello stesso territorio persone e gruppi umani differenti hanno percezioni, rappresentazioni e vissuti differenti. Risorsa per l’educazione all’interculturalità, la geografia aiuta a calarsi nello sguardo dell’altro, fosse anche l’«antagonista», per interpretare e affrontare i problemi geo-politici, le rivalità e i conflitti fra i popoli, le situazioni di povertà, marginalità, esclusione.Questa è la geografia, così spesso e sbrigativamente «identificata con la cartografia e la toponomastica», lamentava Corna Pellegrini nell’Elogio della geografia pronunciato all’università di Pisa quando gli venne consegnato il Premio internazionale per le scienze della natura «Galileo Galilei» dei Rotary Club italiani, nell’ottobre 2008. Esplorando vie nuove, la geografia in realtà torna alla sua vocazione sorgiva. Che è quella di disciplina non meramente descrittiva ma impegnata nella «interpretazione e spiegazione» dei territori e dei loro abitanti. «Così intesa, essa è per ogni uomo una grande risorsa e uno strumento significativo per capire la realtà; nonché un congegno intellettuale e meta-politico per la coesistenza positiva delle persone e dei popoli – attingiamo ancora al discorso di Pisa –. Geografia e filosofia sono le scienze e le sapienze più antiche del mondo: nate insieme, hanno vissuto congiuntamente, non soltanto nella Grecia antica, ma anche nell’età moderna: prima d’essere filosofo, Kant fu grande geografo. È impossibile leggere il mondo – da geografi – senza tutte quelle attenzioni che il filosofo pone nella sua ricerca sul senso stesso della vita. Proprio dal dubbio, dalla difficoltà di capire i popoli più vari, i più diversi paesaggi naturali e antropici nasce il gusto della ricerca geografica». Questo discorso è fra i testi raccolti nel volume La passione di conoscere il mondo (Unicopli, pp. 160, euro 18; introduzione e cura di Monica Morazzoni) pubblicato per gli ottant’anni del geografo nato a Pisogne (Bs), già docente – e preside di Lettere e filosofia – dell’università di Milano. Il libro verrà presentato oggi alle 10 nella Sala di rappresentanza del Rettorato (via Festa del Perdono, 7) e prevede gli interventi di Paolo Inghilleri, Monica Morazzoni e Guglielmo Scaramellini che parlerà di Corna Pellegrini come «geografo innovatore e conservatore». Nell’introduzione del libro la curatrice ripercorre l’itinerario intellettuale di Corna Pellegrini e i suoi contributi più innovativi, con i molteplici ambiti di ricerca scientifica e di impegno accademico: la geografia del turismo e del tempo libero; la geografia urbana e della programmazione territoriale; la geografia politica; la geografia umanistica, culturale, regionale; la cartografia; la didattica della geografia. Ampia parte del volume è dedicata a una bibliografia ragionata delle opere di Corna Pellegrini. Seguono alcune pagine in cui il geografo elenca i suoi principali viaggi nel mondo e offre alcune belle riflessioni sul tema del viaggio, e una «biografia raccontata», in cui il geografo si fa narratore, con pudore, ironia e lucidità, della sua stessa vita (che lo ha visto impegnato nella Fuci, nella Dc, nella Cisl, nelle Acli, oltre che nell’azienda di famiglia, prima di scegliere, alla fine degli anni ’60, ormai quasi quarantenne, la geografia e l’insegnamento universitario come professione).Infine la sezione pirandellianamente intitolata «Pensaci Giacomino!», nella quale il geografo apre il proprio cuore al lettore esponendo «Ipotesi, certezze e una speranza» maturate in ottant’anni di vita. Un’esistenza mossa dalla speranza che quell’«Energia creatrice» che «con amore» ha generato l’universo, dettando le leggi della sua evoluzione e offrendo ai viventi il dono grande della libertà, alla fine dei tempi «con uguale, infinito amore» possa riabbracciare e riaccogliere in sé il cosmo intero e ogni realtà vitale. La libertà, intanto, si fa responsabilità nella compagnia degli umani, dentro la loro storia. Che Corna Pellegrini ha vissuto da geografo mai chiuso nell’accademia, come mostrano le sue denunce pionieristiche dell’impatto del turismo di massa e la prefigurazione di un turismo come incontro di persone e popoli; o le sfide nuove additate alla geografia politica, come lo sviluppo sostenibile, la preservazione dell’ambiente, la salvaguardia dei beni e dei valori culturali; o le ricerche svolte nelle periferie urbane del Terzo Mondo, che – è il caso di Bom Juà, quartiere povero di Salvador Bahia, in Brasile – hanno aiutato una comunità a prendere coscienza di sé per uscire dal degrado civile e culturale. Un sapere per la vita. Un sapere da condividere. Per amore del pianeta e di chi lo abita.
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