venerdì 9 dicembre 2022
La prima retrospettiva italiana del grande pittore inglese: una visione poetica su basi “scientifiche” vicina alle teorie di Isaac Newton
John Constable, “The Gleaners, Brighton”, 1824 (particolare)

John Constable, “The Gleaners, Brighton”, 1824 (particolare) - dalla mostra "Paesaggi dell'anima" alla Reggia di Venaria Reale

COMMENTA E CONDIVIDI

Hampstead oggi è uno dei quartieri più ambìti (e costosi) di Londra. Abitato da intellettuali, artisti, musicisti, scrittori e milionari, si trova a sei chilometri da Charing Cross, il “centro geografico” della città e fa parte della Inner London, le aree che formano la parte centrale della Grande Londra. È decisamente molto cambiata da quando John Constable vi veniva a dipingere la campagna. Di immutato è solo cielo.

D’altronde Constable aveva scelto di soggiornare nelle estati ad Hampstead perché a sole tre miglia dalla sua casa cittadina di Bloomsbury. Qui, scriveva all’amico arcidiacono Fisher «posso ricevere un messaggio in un’ora - e posso sempre allontanarmi da chi chiama in modo ozioso - e soprattutto vedere la natura - e unire la vita di città a quella di campagna». Non è forse una annotazione secondaria per comprendere le ragioni anche sociali della pittura di John Constable (1776-1837), a cui la Reggia di Venaria Reale dedica "Paesaggi dell'anima" (fino al 5 febbraio), la prima mostra mai realizzata in Italia – indice della storica miopia verso la storia dell’arte al di fuori dello Stivale almeno fino alla fine dell’Ottocento – nell’ambito di un progetto pluriennale sul paesaggio. Basterebbe osservare, e nemmeno troppo con cura, The opening of Waterloo Bridge (1832), una delle non molte immagini urbane di Constable, una veduta “alla Canaletto” dove la generale lattescenza luminosa della scena di festa è insozzata dal fumo delle corte ciminiere sulla riva del Tamigi.

Si colloca in quella linea di faglia costituita dalla rivoluzione industriale, che in terra inglese si scatena prima che altrove, la nascita della moderna pittura di paesaggio di cui Constable e J.W.M. Turner (e con Camille Corot in Francia circa negli stessi anni) sono gli autentici pionieri. Certo nella cultura inglese vibra da sempre una profonda sintonia con l’elemento naturale. Restando a un’epoca prossima ai due si possono considerare i paesaggi di Thomas Gainsborough, maestro del pittoresco (genere intermedio tra il sublime e il bucolico, il cui termine prima di essere fatto proprio da Kant come categoria estetica nasce in ambito inglese), e l’ambiente non come scena ma come habitat dei ritratti di Joshua Reynolds, il più grande dei ritrattisti di tutto il XVIII secolo. Ma l’esplosione tecnologica e le sue ricadute sociali accelerano lo sviluppo di un nuovo sentimento della natura che porta il genere della pittura di paesaggio a una autonomia, a un’importanza e a una scala mai avuta in precedenza. A differenza di Turner, campione dell’estetica del sublime e dell’eroico, divenuto emblema di una visionarietà pionieristica, oggi forse si fatica a cogliere la modernità della pittura di Constable, forse anche perché è diventata – molto più di quella del rivale e coetaneo – la lingua corrente, persino famigliare, del paesaggio.

John Constable, “The Valley Farm”, 1835 (particolare)

John Constable, “The Valley Farm”, 1835 (particolare) - dalla mostra "Paesaggi dell'anima" alla Reggia di Venaria Reale

Anche le vite e le carriere sono diverse. Mentre Turner, figlio di un barbiere di Covent Garden, di fatto autodidatta, a 27 anni è già membro della Royal Academy e si muove in tutta Europa, Constable arriva da una famiglia della ricca borghesia del Suffolk, riesce a entrare nella Royal Academy a 55 anni e resta sempre legato a luoghi di affezione nella campagna inglese, tra Dedham Vale, nei pressi del paese natale, Hampstead, Brighton e le sue marine e quindi, più a ovest, Salisbury, del cui vescovo John Fisher era grande amico. La centralità della campagna, la verità del dato naturale, il rigore attraverso cui raccoglie ogni dettaglio (con un semplice tocco pittorico), l’atmosfera quotidiana che tiene fuori scena la grande storia ma che nasconde al suo interno la narrazione più potente, ne fanno la controparte visiva di una figura come Jane Austen (1775-1817).

Lo sguardo “scientifico” di Constable è evidente nello studio dei cieli e della luce. Le sue nuvole sono proverbiali. Tra 1821 e 1822 realizza un gran numero di schizzi a olio di nuvole e cieli, annotando per ciascuno le condizioni meteorologiche e l’ora del giorno in cui erano stati dipinti. Constable è uno dei primi artisti a dipingere a olio en plein air. I cieli, monumentali, diventano i protagonisti dei suoi dipinti, il motore che genera una luce continua su tutto il dipinto. Negli ultimi anni la luce compatta e omogenea dei primi dipinti si frammenta in pulviscolo. Verrebbe da dire che si atomizza. È come se ogni singolo fotone (termine che Constable non poteva conoscere, ma la teoria corpuscolare della luce è di Newton) venisse registrato nel momento in cui entra in contatto con le particelle dei corpi e dell’atmosfera, sbalzandole secondo l’incidenza diversa delle fonti luminose. È un trattamento pittorico che conferisce una densità alla luce curiosamente molto simile a quello dell’ultimo Tiziano, come per esempio nell’Annunciazione di San Salvador. Di nuovo, non è un caso che tutto questo avvenga in Inghilterra, la cui società è intrisa di cultura scientifica. Vale la pena ricordare Joseph Wright of Derby (1734-1797) che in un tenebrismo caravaggesco non dipinge santi e moralia ma esperimenti scientifici.

La mostra a Venaria ripercorre cronologicamente tutta la carriera del pittore attraverso le opere della Tate Britain – la grande custode dell’arte britannica e titolare della più vasta collezione di Constable al mondo. Si tratta di una cinquantina di lavori, dagli schizzi e dai dipinti di piccole dimensioni fino ai vasti paesaggi realizzati in studio (i six footer painting, le tele di sei piedi, ossia 180 cm circa), tra cui pezzi celebri come la Salisbury Cathedral from the Meadows (1830), dipinto intriso di acque, con un temporale di proporzioni bibliche e un altrettanto biblico arcobaleno sopra la guglia gotica della chiesa, ma anche le bellissime marine percorse dal vento e dal cielo dell’Atlantico. A contestualizzare il lavoro di Constable provvedono poi dipinti di Turner e di figure meno note in Italia come John Linnell e Benjamin West.

Lo sguardo complessivo mette in crisi l’idea di un Constable chietamente pittoresco contro il sublime di Turner. Certo, è meno eclatante: ma i suoi cieli e i suoi boschi hanno una straordinaria, sofisticata epica interna, poco importa se siano popolati da barche trascinate da buoi e rondini che bevono a pelo d’acqua. Un campo di grano appena spigolato è un flusso di energia. Il suo chiaroscuro, per azzardare un parallelo musicale, è abitato da una densità bramhsiana. La profondità delle tensioni contro lo sviluppo della potenza.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: