venerdì 22 aprile 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Solitario e ascetico come un eremita il Conero abita la gobba che incurva la costa adriatica a metà del suo sviluppo. Se non fosse per il Monte San Bartolo, disconosciuto rilievo tra Pesaro e Gabicce, il Conero sarebbe l’unica montagna adriatica tra il Carso e il Gargano. Più dell’altro, però, ha dignità di montagna, non tanto per i suoi 572 metri di quota, quanto per i suoi caratteri severi: una fluente chioma di boschi verso terra, un naso adunco di rocce che strapiomba in mare. L’eremita s’è costruito un riparo inaccessibile, quasi a volersi ritirare in preghiera a remissione dei peccati di un litorale godereccio e dai costumi troppo facili. Quando arrivi, nella luce dell’incontro tra il gigante di pietra e il mare ti aspetta un luogo di pace, incerto tra la dolcezza dei borghi e degli scorci marini e le austere geometrie del promontorio; un angolo di natura dalle note selvagge, conservatosi anche grazie al parco naturale, che da una ventina d’anni tutela questo spicchio inusuale di costa. A guardare le falesie di strati calcarei che puntano dritte al cielo, viene da pensare che un cataclisma immane ne sia all’origine. Invece, si trattò di un processo lento, iniziato nel Pleistocene e causato da uno scherzo del corrugamento terrestre: una piega secondaria dell’Appennino, emersa piano piano dal mare a formare prima un’isoletta e poi un monte. Poco più a nord, di fronte alla spiaggia di Mezzavalle, c’è un’altra sorprendente forma, quella del Trave, un’immensa lama a pelo d’acqua, che si prolunga in mare, rettilinea, per mezzo chilometro! Sembra un molo costruito dall’uomo e, invece, è una formazione di calcareniti e arenarie, che resistono da tempo immemorabile alle onde. Un altro miraggio regala Portonovo, d’equilibrio architettonico e bianca armonia: la chiesa benedettina di Santa Maria, che dal 1034 irraggia la sua luce tenace da un rialzo roccioso lambito dal mare e assediato dalla macchia. La misurata, singolare eleganza della costruzione è frutto d’influenze bizantine, lombarde e francesi, che portarono alla fusione della croce greca con la pianta basilicale e alla particolarissima cupola ellittica, mentre le candide mura sono in pietra bianca del Conero. Dante la cita nel Paradiso – «In quel loco fu’ io Pier Damiano, / e Pietro Peccator fu’ ne la casa / di Nostra Donna in sul lito adriano» (XXI canto, vv. 120-123) – ricordando un soggiorno dell’eremita e dottore della Chiesa Pier Damiani, durante il quale il santo aveva assunto il nome di Pietro Peccatore. Il monastero scomparve nel 1320 sotto una frana scesa dal Conero, che lasciò il tempio intatto, ma in stato d’abbandono. Per quasi sette secoli Santa Maria fu l’unico edificio di Portonovo, cui si affiancò nel 1716 una torre d’avvistamento pontificia, divenuta poi rifugio, frequentato anche da D’Annuzio, del poeta anconetano Adolfo De Bosis. Un secolo più tardi Eugenio Beauharnais, viceré d’Italia per conto di Napoleone, fece costruire un forte sulla baia, per tenere a bada le navi inglesi che incrociavano in Adriatico. Restaurato dopo decenni di abbandono, il Fortino napoleonico ospita oggi un lussuoso albergo. Ma l’uomo conosce il Conero da gran tempo. Numana, l’insediamento più antico della zona, fu fondato dai Piceni, misterioso popolo che abitava le Marche prima della conquista romana. Considerata la rilevanza del sito per la navigazione, la città divenne un florido emporio sulla Via dell’ambra, ma di essa resta ben poco: frane e terremoti hanno inghiottito le sue vestigia. Le tradizioni funerarie dei Piceni ci hanno però restituito, attraverso duemila sepolture dal IX al II secolo a.C., le testimonianze della sua grandezza. È l’Antiquarium di Numana, con le sue collezioni provenienti da una serie straordinaria di ritrovamenti archeologici, a raccontare i secoli in cui questa terra svolse la funzione di testa di ponte tra il Mediterraneo orientale e il Nord Europa. Sensazionale è la scoperta fatta nell’area detta "I Pini", presso Sirolo: una tomba gentilizia ad anello contenente due carri – un calesse e una biga – che accompagnavano la defunta, per la tradizione una regina, oltre a 1700 ornamenti e 300 suppellettili domestiche. Punto d’accesso alla parte più segreta del monte è Sirolo, poco a nord di Numana: un borgo medievale fortificato, geloso della sua splendida posizione a picco sul mare. Tra Sirolo e Numana a sud e Portonovo a nord si stendono le rupi del Monte Conero e i suoi tratti di costa a picco, i suoi pendii irti e selvaggi, che escono dall’ombra per aprirsi in ventagli di spiagge assolate, raggiungibili anche a piedi, ma solo se si è disposti a qualche tratto a nuoto. Magia del Conero, che come tutti gli eremiti rifugge le comodità. La Lega Italiana Protezione Uccelli classifica il Conero tra i dieci principali siti nazionali di birdwatching: in pratica, un santuario per l’osservazione dei volatili. Quello della Lipu è un riconoscimento che conferma l’intrinseco valore ambientale di questo monte adriatico e la validità di quanto ha fatto e sta facendo il Parco Regionale del Conero, nato nel 1987 e oggi considerato un parco da primato. Primato per la ricchezza dell’avifauna, stanziale e di passo; primato per la biodiversità vegetale, che conta 1155 specie su un’area di appena seimila ettari; primato per i piani di gestione faunistica e per il loro approccio scientifico. Primato, infine, per la suggestione di luoghi quali la baia di Portonovo, la spiaggia delle Due sorelle, il belvedere nord, Pian Grande, Pian dei Raggetti... E per gli amanti del turismo attivo quasi una ventina di percorsi escursionistici attrezzati e segnalati, che si snodano tra i profumi e i colori della macchia mediterranea, sospesi tra cielo e mare. Una montagna dal respiro salmastro, dalla luce irresistibile, che si nutre di solitudine e d’Infinito. Del resto Recanati è lì, a pochi passi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: