domenica 4 dicembre 2022
Con un sistematico e monumentale lavoro di recupero di tutte le fonti originarie è stata ricomposta e redatta la vicenda del fondatore dei Predicatori e dei suoi primi seguaci
Miniatura dai “Nove modi di pregare di san Domenico”, XIV secolo

Miniatura dai “Nove modi di pregare di san Domenico”, XIV secolo - Archivio San Domenico di Bologna

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Grazie a quanto ci ha tramandato nei suoi scritti in latino il beato Giordano di Sassonia (1190-1237) o a quanto ci ha testimoniato con le sue fonti, un’autentica autorità in questo campo, un altro illustre frate come Teodorico di Apolda (1228-1297) si è potuto scoprire molto della fama e cifra di santità, dell’autenticità dei miracoli (spesso avvenuti post mortem tra questi anche guarigioni e risurrezioni dei corpi) di Domenico di Guzmán (1170-1221), il fondatore dell’Ordine dei predicatori. Ma soprattutto grazie alla narrazione meticolosa di queste due autorità, interpreti della più genuina “memoria domenicana” dei primi anni, come Giordano, secondo maestro dell’Ordine, e Teodorico, oggi sappiamo molto sulla vita reale di san Domenico e dei suoi primi compagni. E un volume di dimensione e fattura monumentale come Domenico di Caleruega alle origini dell’Ordine dei predicatori. Le Fonti del Secolo XIII (pagine 1188, euro 160, edito dalla Società internazionale per lo studio del Medioevo latino, Sismel, Edizioni del Galluzzo), curato da due medievisti come Agostino Paravicini Bagliani, Francesco Santi e dal domenicano e storico di professione Gianni Festa non ha solo il merito di aver raccolto tutti i testi latini (tra questi ovviamente quelli di Giordano di Sassonia e di Teodorico di Apolda) che documentano l’origine dell’Ordine mendicante nel suo primo secolo di vita, ma di aver offerto ai lettori e soprattutto agli specialisti di questa materia finalmente un’edizione critica. La documentazione scientifica raccoglie infatti, per la prima volta tutti, i testi latini che ci raccontano chi fu veramente Domenico grazie anche alle sapide e a volte colorite descrizioni che ci regalano, per esempio, due giganti della spiritualità e dell’erudizione dell’Ordine domenicano come Costantino d’Orvieto o Umberto de Romans. A rendere unico questo saggio è sicuramente la scelta di un’introduzione testuale critica, un commento e traduzione in italiano di ogni testo latino qui presentato. Fondamentale in questo lavoro certosino di ricerca – come sottolineano i curatori – è stato di scegliere la «migliore edizione disponibile » seguendo proprio i suggerimenti e il vaglio di uno studioso del rango del domenicano Simon Tugwell. L’ispiratore principale di questo lavoro monumentale è stato il domenicano nato in Abruzzo e cresciuto a Modena Gianni Festa, già postulatore generale per le cause di beatificazione e canonizzazione dell’Ordine dei predicatori che ha voluto non solo così colmare una lacuna con «un’opera che è ora compiuta», ma celebrare con questa pubblicazione due simbolici Giubilei che hanno coinvolto la Famiglia domenicana in anni recenti: gli 800 anni della nascita dell’Ordine (1216-2016) e conferma da parte di Onorio III e gli otto secoli dalla morte e quindi «salita al cielo» di Domenico di Guzmán (1221-2021). In queste mille pagine sono presenti le lettere del fondatore come i suoi gesti nascosti di carità o il suo voler dormire ogni notte durante la sua lunga itineranza in Europa tra la Francia, Bologna e Roma in semplici giacigli. Ovviamente non vengono dimenticati alcuni momenti, molti identitari, della vita di Domenico come l’istituzione del monastero di suore a Prouille o la famosa predicazione contro gli albigesi, o il noto miracolo della moltiplicazione dei pani e del vino. In questo testo si accenna ai famosi nove modi di pregare di Domenico (tra cui il dono delle lacrime per eccesso di orazione: un privilegio questo che toccherà anni dopo anche a un altro spagnolo e campione della Riforma cattolica come il basco Ignazio di Loyola). Nel sottofondo di questa ricerca che ha coinvolto un’ampia schiera di specialisti (da Elio Monatanari a Silvia Nocentini a Giovanni Paolo Maggioni) vi è soprattutto il pregio del risultato: attingere alle fonti primitive dell’Ordine dei predicatori. Quasi un ritorno alle origini che ha permesso forse di ri-acquisire agiograficamente, come si faceva un tempo alla scuola gesuitica dei bollandisti, il Domenico più genuino e mistico e i suoi primi compagni. Di grande interesse è, per esempio, la testimonianza scritta Miracula Beati Dominici: unica voce e testimonianza femminile, della romana Cecilia, destinata a vestire l’abito di monaca domenicana, vissuta nel XIII secolo, che racconta in presa diretta la predicazione del fondatore soprattutto a Roma. Una fonte, secondo la curatrice Antonella degli Innocenti, che ci consente di conoscere quasi toccare con mano «l’umanità di Domenico». Uno spezzone importante di questa pubblicazione è anche quello dedicato al lungo processo di canonizzazione di Domenico che impiegò ben 13 anni (1221-1234) prima di essere elevato agli onori degli altari rispetto alla fulminea canonizzazione di Francesco d’Assisi. A guidare il lettore nel processo con la presentazione dei testi in latino e in italiano è la medievista, allieva di Raoul Manselli, Alessandra Bartolomei Romagnoli. Leggendo queste pagine si scopre soprattutto la testimonianza di molti frati che conobbero da “vicino” il santo castigliano ma anche la ritrosia molto prudente e “fratesca” che molti di loro ebbero nel promuovere un culto pubblico attorno ai resti mortali del loro fondatore. Quasi a evitare così l’affluenza di fedeli o di una petulante azione di beghinaggio ai piedi della tomba del futuro santo, morto a Bologna nell’agosto del 1221. A corredare questa voluminosa opera sono anche le tavole custodite nella Biblioteca apostolica vaticana e qui riprodotte, che documentano il modo di pregare di Domenico, per il quale l’«atto orante si esprimeva con tutto il corpo». Un lavoro monumentale che aiuta soprattutto a scoprire quanto l’impronta carismatica di Domenico e dei suoi primi frati e monache fu il motore (la tesi è di Francesco Santi) di una rinascita cristiana, avvenuta successivamente, che ebbe proprio come protagonisti e «ultimi grandi profeti della tradizione cristiana» tutti figli del santo di Caleruega come: Vincenzo Ferrer, Caterina da Siena e Girolamo Savonarola.

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