giovedì 24 maggio 2012
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​Se le stazioni sono davvero i cuori pulsanti delle grandi città europee, Parigi si è allora appena risvegliata da una delicata operazione cardiaca durata quasi 15 anni. Da qualche giorno, la Gare Saint-Lazare, la più centrale della Ville Lumière, offre volumi nuovi e sgargianti alla vista dei suoi 450 mila passeggeri quotidiani. Particolarmente ambiziosa, l’opera d’ammodernamento sorprende anche in virtù di certe soluzioni avveniristiche.Occorreva innanzitutto restaurare il carapace dello stesso edificio storico immortalato in particolare nel ciclo di tele che Claude Monet realizzò sul posto nel 1877, esigendo fra l’altro l’arresto temporaneo dei treni in partenza per la Normandia. Ma il cantiere ha comportato pure l’innesto di diversi nuovi livelli ultramoderni adibiti ad attività commerciali e ricreative. Giudicata rischiosa non solo da certi puristi della critica architettonica, la metamorfosi ha invece finito per riscuotere un largo consenso, coniugando funzionalità ed armoniosi richiami fra modernismi di epoche diverse.Nonostante questo rinnovamento sia già costato oltre 160 milioni di euro, Parigi si prepara adesso, a dispetto della crisi economica, al rinnovo di altre due grandi stazioni: Montparnasse e Austerlitz. Un’assurdità? Non proprio, almeno per i parigini e i francesi in generale, il cui attaccamento sentimentale e culturale alle stazioni e al mondo ferroviario trova da anni continue conferme.Non sorprende che Martin Scorsese abbia da poco voluto rendere omaggio a Parigi attraverso un film, Hugo Cabret, ambientato in una Gare Montparnasse d’epoca sontuosamente resa nella ricostruzione scenografica da oscar di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Una scelta che, da parte di un cineasta americano, pare anche un omaggio implicito a L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (1895), il celebre cortometraggio dei fratelli Lumière che segnò gli albori del cinema. A partire dall’Ottocento, «le stazioni hanno plasmato il volto di Parigi», sostiene in modo perentorio lo storico franco-britannico Clive Lamming, autore del recente saggio di successo Paris au temps des gares (Parigramme), uscito in concomitanza della consulenza scientifica offerta allo stesso Scorsese.Sulle rive della Senna, le stazioni sono un pezzo di cultura non da poco, anche quando non servono più ad accogliere i passeggeri. Negli anni Ottanta, dalla ferma volontà di valorizzare la dismessa ma ancora splendida Gare d’Orsay, maturò non a caso il progetto dell’omonimo museo, adattato sotto la direzione dell’italiana Gae Aulenti e oggi secondo nella capitale solo al Louvre per importanza e frequentazione. È del resto nell’ex stazione che è ormai esposta la più celebre delle 12 tele di Monet sulla Gare Saint-Lazare. Insomma, molto simbolicamente, uno dei dipinti più celebri della pittura moderna ha viaggiato come un treno da una stazione all’altra, oltre che da una riva all’altra della Senna. A legare fra loro le grandi stazioni parigine è una collana di altre stazioni, quelle del metrò. E in proposito, ruota attorno ad esse un saggio divenuto di recente un clamoroso fenomeno editoriale in Francia: Métronome. L’histoire de France au rythme du métro parisien («Metronomo. La storia di Parigi al ritmo del metrò», tradotto da L’ippocampo), divertente "guida" scritta da Lorànt Deutsch. In quale altro Paese poteva venire in mente di raccontare la storia nazionale a partire dalle stazioni della metropolitana?Se tutte le strade portano a Roma, moltissimi binari conducono a Parigi. Se l’auto resta il mezzo di trasporto dei sogni in Italia, Oltralpe è invece il treno a godere di una duratura e sorprendente popolarità. Non solo presso un pubblico nostalgico e canuto. Un recente sondaggio dell’istituto OpinionWay ha anzi mostrato che il treno è in assoluto il mezzo di trasporto preferito per le vacanze da 4 ventenni francesi su 5. D’altra parte, in certe contrade che sognano di essere raggiunte dalle future linee ad alta velocità, la «politica ferroviaria» è uno dei temi su cui si giocherà la campagna elettorale in corso. In Francia, le code in autostrada non fanno notizia, mentre qualsiasi disguido ferroviario riceve un’attenzione nei media che non manca mai di sorprendere gli stranieri.  «I francesi amano particolarmente il treno. Lo percepiscono come un mezzo moderno, sicuro, rapido, confortevole ed ecologico», ci conferma il geografo e saggista Jean-Robert Pitte, già rettore della Sorbona. Se a Parigi le stazioni contano tanto, dunque, è anche perché in generale tutta la Francia vive al passo del treno. Ed è curioso osservare, in proposito, come la parola «train» designi pure l’andatura di chi avanza a piedi. In un certo senso, dunque, c’è sempre un «treno» in ciascun francese, oltre che un treno che attende ogni francese. Di conseguenza, nella lingua di Molière, le azioni in corso sono rese proprio dall’espressione «en train de...»Riflettendo sull’attualità, può allora sorgere una domanda: quanto ha inciso questo «fattore culturale» dietro il fatto che la controversa linea ferroviaria veloce Torino-Lione non abbia praticamente suscitato proteste di rilievo in Francia? Pitte rifiuta di rispondere frontalmente, ma poi imbocca con il sorriso i binari di un’arguzia allusiva, oltre che affabile: «Quel che non si è detto abbastanza, in ogni caso, è che i francesi amano l’Italia e che sognano di poterla raggiungere più facilmente in treno, io per primo». Già, il tempo passato in treno. «Il tempo ci è stazione, il tempo ci è treno», scriveva Jacques Prévert, da buon francese.
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