domenica 29 marzo 2020
A colloquio con la canossiana madre Maria Carla Frison: «Con lei nulla di ciò che è sacro appare irraggiungibile. Ti si affianca con la pazienza di una madre. La sua dolcezza convince»
Madre Maria Carla Frison

Madre Maria Carla Frison - .

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Si chiude con questa intervista sulla “contagiosità” di Bakhita il primo ciclo del nostro percorso sulle strade della fede nell’attualità. Un viaggio che ha portato a 18 incontri (presto verranno raccolti in un libro) con persone che ci hanno fatto sperimentare alcune delle realtà che all’interno della Chiesa si mostrano capaci di rispondere alle urgenze e alle difficoltà spirituali di chi si è smarrito o non riesce a trovare senso in una religiosità che a tanti appare superata e stantia. Consapevoli di aver raccontato solo in parte il fermento che sta ravvivando dal basso la cristianità riprenderemo appena l’attuale emergenza lo renderà possibile.

«Incontrare Bakhita è come immergersi in una catechesi mistagogica. La sua vita semplice e umile esercita una grande attrazione sulle persone e lei può così condurle alla comprensione, al sentimento dei misteri più grandi. Attraverso di lei nulla di tutto ciò che è sacro appare irraggiungibile. In lei il volto di Gesù diventa visibile, alla portata di tutti». Madre Maria Carla Frison, canossiana, è un’innamorata di Giuseppina Bakhita, la santa sudanese naturalizzata italiana, che Giovanni Paolo II ha definito «sorella universale». Da anni cura e coordina l’archivio Bakhita a Schio, la cittadina ai piedi del Pasubio, non lontana dall’Altipiano di Asiago, dove la santa è vissuta e dove le sue spoglie riposano nella chiesa del convento delle Madri canossiane. La sua conoscenza “storica” di Bakhita si fonde con la conoscenza pratica e spirituale della sua santità nelle numerose e sempre nuove esperienze di grazia nella vita delle persone. Perché a Schio il flusso dei pellegrini è continuo e ogni giorno aggiunge testimonianze degli interventi diretti di Dio nella vita delle persone attraverso Bakhita. In questo contesto la sensibilità umana e spirituale di madre Maria Carla e delle consorelle della sua comunità, la loro capacità di ascolto, diventano spesso un tramite, strumenti che conducono all’incontro con Bakhita.

Santa Bakita con un'anziana

Santa Bakita con un'anziana - .

Cos’è che di Bakhita attrae così tanto le persone?

Questo suo mostrare la fede incarnata e accessibile a tutti. La semplicità e l’umiltà di Bakhita fanno sentire accolti e ogni giorno si aggiungono sempre nuove persone alla sua scuola di umanità. Cosa intende per scuola di umanità? Rapita da bambina in Africa e gettata nel mondo disumano della schiavitù sperimenta una profondo desiderio di umanità. Soffre e vede soffrire ingiustamente, ma capisce subito che il bisogno d’amore è ciò che accomuna tutti gli esseri umani. Sente il desiderio di un padrone buono e lei che è affascinata dalle cose belle lo vorrebbe come colui che si prende cura del cielo, delle stelle, dei fiori. La sua è la scuola del cuore. Quando anni dopo, in Italia, capisce che la vera libertà viene dal “respiro di Dio” che ognuno porta nel cuore, trova presto il modo di fare dono agli altri di questa sua scoperta.

In che modo?

Lei che era schiava vuole liberare tutti. E sa che per essere liberi davvero bisogna imparare a sentire quel “respiro” che rende comprensivi, pieni di gratitudine, capaci di accoglienza, di perdono e di buoni consigli, desiderosi di paradiso. Quel “respiro” che fa vivere la pace che nasce dal sentirsi salvati...

Questo come incide sulle persone che si rivolgono a lei?

Dalle testimonianze dirette si comprende la capacità contagiosa del suo totale “essere donna”, “essere umana”. Nella Positio, i testimoni la descrivono come una persona che «non si accorgeva della scia di luminosa bontà, di condiscendenza, di docilità, di umiltà che lasciava al suo passaggio», che «non perdeva mai l’espressione serena e calma che la distingueva perché non aveva nemici», che «aveva un cuore e parole semplici, piene di fede e di affettuosa tenerezza». Tutto questo lo vediamo ancora oggi. Noi, che viviamo il quotidiano pellegrinare al santuario, la sentiamo desiderare per ciascuno una vita semplicemente umana. Una vita che insieme a lei possa diventare più facile da accogliere.

Il dono di Bakhita, quindi, è rendere capaci di accogliere la vita nella sua piena umanità?

La vita nasce come un dono d’amore. Se faccio l’esperienza di affidarmi a questo dono e desidero donare agli altri l’amore che mi è stato donato significa che sto facendo un’esperienza di vita pienamente umana. Nell’incontro con Gesù tutto questo viene vissuto come fede e dà un senso anche al dolore: chi si avvicina a Bakhita lo coglie con facilità. Alla sua scuola di umanità sorge invariabilmente un desiderio di fede che poi sta a noi coltivare o abbandonare. Per questo tante persone ieri come oggi vengono qui e insieme a lei aprono la loro anima a Dio.

Bakhita ti accoglie e la sua accoglienza diventa contagiosa?

Durante la Prima guerra mondiale nel convento di Schio, retrovia del fronte, era stato allestito un ospedale da campo. Nella Positio è raccolta la testimonianza di un’infermiera per la quale la gioia più grande era di andare insieme a Bakhita a salutare i soldati malati o agonizzanti, per i quali, racconta, aveva parole «piene di fede e di dolcezza». E anche i soldati che bestemmiavano e a volte mostravano di disprezzare la fede attendevano quella visita e le sue mani tese e pronte all’abbraccio.

Sorella e madre: il pieno compimento della scelta religiosa...

Le sorelle canossiane con le quali visse sperimentarono ogni giorno la forza umanizzante della sua maternità e anche noi, oggi, ne restiamo ammirate. Bakhita si affianca alle persone e le guida con la misericordiosa pazienza di una madre, spesso suscitando nelle donne il desiderio di essere madri, aiutandole su questa difficile strada.

In che senso?

Per esempio abbiamo tantissime testimonianze di donne che non riuscivano ad avere bambini e sono venute qui a ringraziare per il dono della maternità. Anche da viva Bakhita era molto sensibile ai bisogni delle donne e alle necessità delle loro famiglie. In questo Bakhita è davvero profeta dei nostri tempi.

In quante altre cose?

In tutte quelle, ripeto, in cui risulta evidente che fede e umanità sono un tutt’uno. In Bakhita le persone trovano ascolto e con lei diventano capaci di aprire la loro anima perché sentono la tenerezza del suo cuore. Questa è la sua mistagogia: si accompagna alla tua vita e ti dona la sua, ti fa sentire amata da Dio e da Maria donandoti nel modo più efficace quello di cui hai bisogno. E tutto accade da sé, in semplicità, secondo i tempi necessari a ognuno. Il suo essere profetica, del resto, viene dalla totale aderenza a Cristo.

Può fare qualche esempio?

Sul sito del santuario ogni settimana mettiamo il Vangelo della domenica affiancato da commenti da autori vari e da un passo tratto dalle testimonianze sulla vita di Bakhita. La cosa straordinaria è che dalla Positio emerge sempre l’episodio giusto. Ecco, la vita di Bakhita è Vangelo: lei applicava il Vangelo a ogni momento della quotidianità. Questo è il suo umile insegnamento ed è questo che cambia la vita alle persone, oggi.

La forza della fede vissuta?

Una consorella vedendo Bakhita pregare la paragonava alla Cananea del Vangelo che chiede la guarigione della figlia indemoniata. Fede e umiltà. Lei si sentiva indegna di essere sposa di Gesù: «Come ha fatto a scegliere proprio me?» si domandava sempre, ma questo la riempiva di gioia e sapeva che a tu per tu con lo Sposo sarebbe stata ascoltata. Viveva di questa certezza. E oggi le persone ne restano attratte. Anche le storie d’amore traggono nuova linfa di fronte alla sua fedeltà e certezza nello Sposo. Del resto Gesù è lo sposo e la coppia cristiana è la sposa che genera. Per me questo è toccante. Ne nasce rispetto per la donna e per il partner: nell’amare l’altro amo me stessa e insieme ci realizziamo nell’incontro con Dio. E poi c’è il perdono...

Il perdono?

«Perdona, perdona... è così bello perdonare ». Lo diceva a chi era stato segnato da un torto. Lei perdonando i suoi aguzzini aveva trovato la pace e la gioia. Perdonava ogni giorno e consigliava il perdono con quella sua dolcezza che entrava nel cuore. Una dolcezza che convince e le persone tornano da Bakhita per un bagno di pace. Come se questo luogo fosse stato bonificato nella pace, tornano e se ne intridono, consegnano a Bakhita le loro fatiche, i loro problemi, le situazioni alle quali non sanno come porre rimedio, l’interezza del loro cuore... Così, nel silenzio diventano finalmente capaci di ascolto e lo Spirito Santo può emergere e portare la sua luce. Dio si dona sempre a chi lo cerca, ma è la fede vissuta e incontrata che fa nascere il desiderio di cercarlo e fa emergere la novità che è in noi. Questo attira ed è questo che ci insegna e dona santa Bakhita.

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