mercoledì 13 maggio 2009
Si è spento ad Aosta nella notte, all'età di 94 anni, Achille Compagnoni, alpinista italiano che il 31 luglio 1954 conquistò la vetta del K2 insieme a Lino Lacedelli.
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Si è spento nella notte Achille Compagnoni, alpinista italiano che il 31 luglio 1954 conquistò la vetta del K2. Compagnoni, nato a Valfurva il 26 settembre 1914, è morto nella notte all'ospedale di Aosta. Alpinista di buona fama, nel 1953 fu convocato da Ardito Desio per far parte della spedizione italiana che nel 1954 avrebbe tentato la salita al K2, la seconda montagna più alta del mondo. Superate le selezioni preliminari, Compagnoni partì per la spedizione, durante la quale ebbe funzione di braccio destro ed assistente del capo spedizione Ardito Desio.Il 31 luglio 1954, insieme a Lino Lacedelli, giunse sulla vetta del K2. In quest'occasione riportò il congelamento di alcune dita delle mani, che gli causarono un lungo ricovero al rientro dalla spedizione. L'impresa del K2 gli valse nel 1954 la medaglia d'oro al valor civile. Nel 2003 fu nominato Cavaliere di Gran Croce, Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Fu inoltre campione italiano di sci nordico e scalò il Cervino più volte per vie diverse.Il caso K2. Ci sono voluti 54 anni per chiarire tutti gli aspetti, anche sostanziali, della prima ascensione al K2, avvenuta il 31 luglio 1954 da parte di una spedizione italiana. Aspetti che hanno visto contrapporsi da una parte uno dei conquistatori della seconda montagna del mondo, Achille Compagnoni e il capospedizione, Ardito Desio, e dall'altra il giovane scalatore Walter Bonatti. Solo nel 2008 il Cai ha dato la versione definitiva sulla spedizione. Quattro anni prima Lino Lacedelli (ora ha 84 anni e vive a Cortina d'Ampezzo), compagno di cordata di Compagnoni, aveva avallato la ricostruzione di Bonatti che diceva di essere stato utilizzato per portare le bombole di ossigeno in quota e poi sostanzialmente abbandonato. Compagnoni invece non ha mai modificata la sua versione. I fatti risalgono al 30 luglio, giorno prima dell'attacco alla vetta, quando Bonatti e l'hunza Mahdi salirono con le scorte di bombole di ossigeno dal campo 8 ma non riuscirono a trovare il campo 9, dove erano sistemati Compagnoni e Lacedelli. La tenda, infatti, era stata posta più in alto di quanto concordato la sera prima ("Per facilitare la salita in vetta" dissero i due). Impossibilitati a salire e a scendere, Bonatti e Mahdi dovettero così trascorrere una notte all'addiaccio, su un gradino di ghiaccio in mezzo a un ripido canalone, senza tenda né sacco a pelo, a oltre 8.000 metri di quota. Mahdi riportò gravi congelamenti che determinarono l'amputazione di tutte le dita dei piedi. L'episodio fu all'origine di polemiche, calunnie, accuse, cause in tribunale, che determinarono il cosiddetto Caso K2. Dopo la versione ufficiale dell'ascesa, contenuta nel libro La conquista del K2. Seconda cima del mondo di Desio, Bonatti scrisse le sue verità in Processo al K2 nel 1985. Nel 2004 Lacedelli raccontò la sua versione, confermando quella di Bonatti, in K2 il prezzo della conquista. L'ultima parola sulla vicenda è stata messa dal Club alpino italiano nel 2008, quando è stata rivista la versione ufficiale di Desio. La tesi che l'ossigeno era terminato prima di raggiungere la cima - come sostenuto da Desio e Compagnoni - è stata smentita in base ad alcune foto di vetta. Tale circostanza dimostra che Compagnoni e Lacedelli avevano respirato dalle bombole per almeno 9 ore e 45 minuti, vale a dire le bombole avevano praticamente piena carica. I due erano partiti per l'attacco alla vetta non prima delle 8,30 (loro dissero alle 4,30) dal luogo del forzato bivacco notturno di Bonatti e Mahdi dove avevano recuperato le bombole lasciate in bella vista e scoperte dalla neve. Risulta pertanto così completamente confermata la versione di Bonatti, che invece era stato accusato di essersi ostinato a bivaccare all'aperto - forse per avere una chance di tentare la vetta -, di aver respirato l'ossigeno dalle bombole destinate a Compagnoni e Lacedelli, e di aver abbandonato l'hunza Mahdi.Messner: «La sua impresa fu eorica». "La scalata al K2 di Compagnoni e Lacedelli fu uno degli ultimi atti dell'alpinismo eroico. Compagnoni era un alpinista molto forte fisicamente, tanto cuore e tanti polmoni. Ho sempre apprezzato la sua impresa, molto meno l'atteggiamento avuto dopo nel non riconoscere i meriti di Bonatti". Così Reinhold Messner, il primo alpinista ad aver scalato tutti i 14 Ottomila della Terra, ricorda Achille Compagnoni, morto questa mattina all'ospedale di Aosta. "Porto comunque un grande rispetto per Compagnoni - aggiunge - anche se oltre al K2 non ha fatto grandi cose dal punto di vista alpinistico. Nella scalata ebbe un ruolo fondamentale, lui e Lacedelli trovarono la strada giusta sullo Sperone Abruzzi. Peccato poi per il comportamento nei confronti di Bonatti che ebbe con Desio al ritorno in Italia e che offuscò l'impresa". Alemanno: «Un esempio di spirito sportivo per tutti». «È con profondo dolore che ho appreso la notizia della morte di Achille Compagnoni, uno di grandi vecchi dell'alpinismo italiano. Per tutti gli appassionati di alpinismo è sempre stato un esempio e un punto di riferimento non soltanto per l'eccezionale conquista del K2 nel 1954 ma per la costante dedizione allo spirito dell'alpinismo che lo portò a seguire, già novantenne, anche la spedizione per il cinquantenario per la conquista del K2 di cui sono stato capo spedizione onorario. L'esempio di Compagnoni ci spinge tutti a cercare sempre di essere fedeli ai grandi valori e al profondo spirito sportivo dell'alpinismo». Lo afferma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
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