domenica 7 agosto 2022
Vincitore a Castrocaro nel 1976 e secondo l’anno dopo a Sanremo con “Tu mi rubi l’anima”, lo storico gruppo “re del lento” torna ora con un nuovo album
La formazione degli anni Settanta. Tore Fazzi è al centro

La formazione degli anni Settanta. Tore Fazzi è al centro - per gentile concessione di Tore Fazzi

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«Tutti i ragazzi che si amano, tutte le sere si incontrano / dove i sogni non muoiono mai». «Tu mi rubi l’anima / e poi la butti via da me». Li hanno chiamati “re del lento” e con il loro pop melodico tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta hanno propiziato gli amori estivi (e non solo) di più di una generazione. Nel ’76 vinsero il Festival di Castrocaro con Due ragazzi nel sole, l’anno successivo arrivarono secondi a Sanremo con Tu mi rubi l’anima, brano che poi scalò le hit parade, accanto a mostri sacri della musica italiana come Lucio Battisti e una regina della disco come Donna Summer. Tore Fazzi è l’unico rimasto della formazione storica dei Collage (c’era il fratello Piero, Piero Pischedda, scomparso nel 2019, Masino Usai e Pino Ambrosio), un gruppo di ragazzini riccioluti, con baffoni, basette e calzoni chiari attillati, che dai cori della chiesa della Sacra Famiglia di Olbia passò direttamente alle luci dei palcoscenici più importanti. «Quando arrivò il successo avevamo vent’anni. La casa discografica ci affiancò il paroliere Antonello De Santis, che scriveva canzoni per Nicola Di Bari, Iva Zanicchi e altri ed era reduce dal successo di Anima Mia dei Cugini di campagna. Noi eravamo acerbi e lui riusciva a trasformare in poesia quello che gli dicevamo», racconta Tore, il frontman, ieri come oggi, del gruppo.

Come viveste il grande successo delle vostre canzoni? concerti?

Con incoscienza. Per me era tutto un gioco. Quando siamo andati a registrare Due ragazzi nel sole il solista doveva essere mio fratello Piero, invece chiamarono me, ma io stavo giocando a calcetto e non volevo andare. Allora fui costretto a fare il provino: tutti impazzirono e io non capivo perché. Non volevo avere la responsabilità di essere il protagonista di una canzone. Poi pian piano mi abituai.

Cosa fece con i primi guadagni di quella stagione così fortunata?

Non c’erano certo gli introiti di oggi, non c’era da sperperare. Con i primi soldi comprai un pezzo di terreno e dopo qualche anno cominciai a costruire una casa. A mio padre regalai la sua prima automobile dopo la 500, una 127. Mio padre ne fu così felice che lasciò sul cruscotto, in bella vista, un bigliettino: regalata da Tore.

Nell’anno in cui arrivaste secondi a Sanremo (l’edizione del 1977 fu presentata da Maria Giovanna Elmi e Mike Bongiorno, in radio da Umberto Eco e Adriana Asti) la hit parade era dominata da Lucio Battisti con Amarsi un po’, seguito da Umberto Tozzi con Ti amo e da I feel love di Donna Summer. Come vivevate il confronto, voi cantanti pop-melodici?

A livello musicale noi siamo nati con Battisti e con i Beatles, ma ci siamo nutriti soprattutto di country: Simon and Garfunkel, James Taylor, Bob Dylan, Crosby Stills, Nash & Young. Io in particolare avevo un’anima più rock, mi piaceva cantare le cover di Suzi Quatro e degli Abba, ma i nostri discografici individuarono in noi questo filone melodico e non ci facevano spostare da lì. Comunque, nessun confronto, davvero, almeno in quegli anni.

L'attuale formazione. Tore Fazzi e il terzo da sinistra

L'attuale formazione. Tore Fazzi e il terzo da sinistra - per gentile concessione di Tore Fazzi

Perché poi invece cosa successe?

Negli anni Ottanta si affermarono i cantautori, che cantavano il sociale e la protesta politica, e talvolta siamo stati bollati come “canzonettari”. Ci è capitato di subire insulti mentre eravamo sul palco. Poi è passata anche quella stagione.

Torniamo alla musica country: ha qualcosa a che fare con la Sardegna?

La musica country ci attraeva anche perché utilizzava molto la coralità. E in Sardegna si nasce e già si canta nei cori in piazza...

A proposito di cori, lei era un ragazzo di parrocchia, ha iniziato a suonare e cantare proprio in chiesa. Racconti...

Avevo la passione per la musica, con mio fratello Piero da bambini cantavamo le canzoni dello Zecchino d’oro. Il parroco, don Augusto, si arrabbiava se non partecipavo ai cori della Messa. Ho imparato a suonare la chitarra da solo, ma ero attratto dall’organo che stava in chiesa, chiuso a chiave. Don Augusto mi dava la chiave e mi ospitava. Io ricopiavo le note dalla chitarra all’organo. La domenica andavo a cantare nel coro della parrocchia e don Augusto ci regalò la prima chitarra. Così nacque ufficialmente il gruppo: cantavano le cover dei Beatles ma soprattutto degli artisti country americani. Anni dopo lo stesso don Augusto celebrò contemporaneamente il mio matrimonio con Giovannella e quello di Masino, il batterista del gruppo, con Teresa.

Qual è la canzone a cui è più affezionato?

Io mi affeziono sempre all’ultima, o almeno a una delle ultime. Posso citare un brano dell’album Inconfondibile del 2018, si chiama Non ti dimenticherò che ho scritto per parlare della storia con mio padre. Lui mi ha insegnato tante cose e ho voluto ricordarlo.

E quella che le chiedono di più ai concerti?

Ce ne sono tante: oltre alle più famose, anche Donna musica, La gente parla... Ma quella che il pubblico canta a squarciagola, con le lucine accese, è Lei non sapeva far l’amore.

Nella fiction Lolita Lobosco girata a Bari c’è una scena ormai cult in cui la stessa Lolita, con la madre e la sorella, canta nel lettone la vostra Affari di cuore, un brano del 1982. Che effetto le ha fatto?

È stato bellissimo. Su YouTube il video è schizzato da poche centinaia a un milione di visualizzazioni. Abbiamo inciso più di 150 canzoni, qualcuna te la scordi, ma sentirla lì è stato emozionante. E adesso Affari di cuore è entrata nella scaletta dei nostri live.

Tore, tornerebbe con i Collage a Sanremo?

È una domanda che ci fanno in tanti. Sì, torneremmo, ma chiederei di poter scegliere la canzone da portare. Ci andrei non per battermi con coloro che sono la forza attuale della musica italiana, i giovani, ma per far sentire ai tanti che ci stanno ancora cercando che ci siamo ancora, e che cantiamo belle canzoni.

Come tenete i rapporti con il vostro pubblico?

La nostra forza oggi sono i social. La televisione infatti ci aveva lasciato un po’ indietro e non andando in tivù non c’era modo di avere visibilità. Ora invece con i social continuiamo a ricevere messaggi di persone contente di ritrovarci e possiamo promuovere la nostra attività con un pubblico più ampio di quello dei live.

Di recente lei ha inaugurato un filone sardo. Le dà soddisfazione?

Tantissima. Da decenni avevo nel cassetto brani in sardo. Quando è arrivato il Covid e siamo stati costretti a stare a casa, ho ripreso quei brani, altri che avevo in bozza li ho terminati. Sfruttando le mie amicizie nel canto etnico sardo nel 2021 ho pubblicato un disco da solista Lughe noa.

Abbiamo parlato del passato. Cosa c’è nel futuro dei Collage?

In questi giorni è uscito in prevendita su ITunes un nuovo singolo, Accanto. Il lancio sarà il primo settembre. A seguire uscirà un secondo singolo e infine entro l’anno un album. Ci saranno nuove sonorità e nuove armonie, un po’ diverse da quelle classiche ma che non faranno dimenticare i primi e i penultimi Collage. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vincitore a Castrocaro nel 1976 e secondo l’anno dopo a Sanremo con “Tu mi rubi l’anima”, lo storico gruppo “re del lento” torna ora con un nuovo album Il fondatore Tore Fazzi: «Patimmo l’avvento dei cantautori, ma rieccoci» Dall’alto, i Collage negli anni 70 e l’attuale formazione: il fondatore Tore Fazzi è il terzo da sinistra

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