lunedì 5 giugno 2023
I primati che abitano in ambienti con temperature rigide tendono a vivere in gruppi più grandi e complessi perché i cambiamenti adattivi rafforzano le relazioni
Altruismo fra primati

Altruismo fra primati - Ansa

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I primati che abitano ambienti più freddi tendono a vivere in gruppi più grandi e complessi. Ovvero le temperature rigide favorisco le relazioni e la collaborazione tra individui della stessa specie. Lo evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista Science e condotto da ricercatori della Northwest University in Cina e da un team che comprende l'Università di Bristol (Regno Unito) e l'Università dell'Australia occidentale.


Il team di studiosi ha esaminato come i langur e le scimmie dal naso strano, che sono parte della famiglia delle colobine asiatiche e che abitano dalle foreste pluviali tropicali alle montagne innevate, si sono adattate nel tempo anche al clima. Queste specie sono state scelte dai ricercatori in quanto esibiscono quattro distinti tipi di organizzazione sociale e forniscono un buon modello per esaminare i molteplici meccanismi che hanno guidato la loro evoluzione sociale da uno stato ancestrale comune ai diversi sistemi presenti oggi. Integrando analisi ecologiche, geologiche, fossili, comportamentali e genomiche, il team ha scoperto che i primati colobine che abitano ambienti più freddi tendono a vivere in gruppi più grandi e complessi. Più specificamente, i periodi glaciali degli ultimi sei milioni di anni hanno favorito la selezione di geni coinvolti nel metabolismo energetico legato al freddo e nella regolazione neuro-ormonale. Hanno scoperto che le scimmie dal naso strano che vivono in luoghi estremamente freddi avevano sviluppato percorsi ormonali (dopamina e ossitocina) più efficienti che possono allungare le cure materne, portando a periodi più lunghi di allattamento al seno e un aumento complessivo della sopravvivenza infantile. Insomma le difficoltà favoriscono il gruppo nel trovare soluzioni di beneficio per tutta la comunità.


Questi cambiamenti adattativi quindi sembrano anche aver rafforzato le relazioni tra gli individui, aumentato la tolleranza tra i maschi e consentito l'evoluzione da gruppi indipendenti di un maschio e più femmine a grandi società multilivello complesse. Il dottor Kit Opie, è uno degli autori dello studio del Dipartimento di Antropologia e Archeologia dell'Università di Bristol ha detto: "Il nostro studio ha identificato, per la prima volta, un adattamento geneticamente regolato legato all'evoluzione dei sistemi sociali nei primati". Questa scoperta offre nuove informazioni sui meccanismi che sono alla base dell'evoluzione comportamentale nei primati e potrebbe essere utilizzata per affrontare i cambiamenti evolutivi sociali in un'ampia gamma di specie, inclusi gli esseri umani.

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