mercoledì 27 aprile 2022
Letterato, scienziato, agronomo e astronomo, ai più alti gradi della burocrazia imperiale, affiancò Matteo Ricci e fu il ponte tra Occidente e Oriente in annuncio del Vangelo fondato sull'amicizia
Matteo Ricci e Xu Guangqi nella “China Illustrata” di Athanasius Kircher (1670)

Matteo Ricci e Xu Guangqi nella “China Illustrata” di Athanasius Kircher (1670)

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Paolo Xu Guangqi è una figura storica molto famosa in Cina, poco in Italia: qui si ignora che è stato il più importante discepolo di Matteo Ricci, là invece viene spesso ricordato senza collegarlo al missionario di Macerata. Ma Xu Guangqi – il “dottor Paulus” come veniva chiamato dai cristiani cinesi del XVII secolo – ha avuto un ruolo importante ai vertici dell’Impero cinese perché ha fondato sulla fede cristiana e sulla cultura occidentale, che ha conosciuto attraverso i missionari gesuiti, una grande opera al servizio del suo Paese. È stato insomma davvero un "ponte" tra Oriente e Occidente, una di quelle rare figure di passeur che permettono a uomini e donne di civiltà diverse di comprendersi reciprocamente.

Ora invece anche in Italia è possibile sapere di più di questa figura – che proprio in questi giorni è stato ricordato in Cina con diverse iniziative – grazie ai lavori di Elisa Giunipero, che insegna Storia del cristianesimo in Università Cattolica del Sacro Cuore. A Xu è infatti dedicato un volume da lei curato, Un cristiano alla corte dei Ming (Guerini, 2013) che raccoglie vari saggi sull’opera e sulla biografia di questa importante figura. Più recentemente, invece, Giunipero ha pubblicato Xu Guangqi e gli studi celesti (Guerini, 2020; il volume verrà presentato oggi a Roma, ore 17.30, nella basilica di San Bartolomeo all'Isola), che raccoglie la traduzione in italiano di una serie di scritti di questo letterato o di autori cristiani a lui vicini.

«Il filo conduttore di questa raccolta ruota intorno al concetto di Tian xue “studi celesti”, il cui oggetto di studio è appunto il Cielo, inteso nel suo senso più ampio. Tian, Cielo, secondo la versione elaborata in Cina dai gesuiti e dai loro interlocutori cinesi, includeva infatti il Creatore e la sua creazione, l’universo» (p. 10).

Come è noto, la missione dei gesuiti nella Cina del XVII secolo costituisce uno dei capitoli più importanti dell’intera storia delle missioni cattoliche nel mondo. Nello stesso periodo venne fondata la Congregazione di Propaganda Fide – nel 2022 se ne celebra il quattrocentesimo anniversario – la cui Istruzione del 1659 ammoniva i missionari che non c’era nulla «di più assurdo che trapiantare in Cina la Francia, la Spagna, l’Italia o qualche altro paese d’Europa [...] Non è questo che voi dovete introdurre, ma la fede, che non respinge né lede i riti e le consuetudini di alcun popolo, purché non siano cattivi, ma vuole piuttosto salvaguardarli e consolidarli».

Matteo Ricci e i suoi compagni hanno praticato questo spirito, scegliendo l’amicizia e il dialogo per sviluppare un incontro umano autentico e portare l’annuncio del Vangelo. Si sono protesi perciò nello sforzo di mostrare la piena sintonia tra i presupposti della fede cristiana e la cultura della Cina del loro tempo, pubblicando anche molte opere in cinese (peraltro senza le compiacenze verso il sinocentrismo che sono state loro attribuite). Ma, come ha detto Benedetto XVI nel 2010, «l’ammirazione verso P. Ricci non deve [...] far dimenticare il ruolo e l’influsso dei suoi interlocutori cinesi [...]. Di questi il primo e più famoso è Xu Guangqi, nativo di Shanghai, letterato e scienziato, matematico, astronomo, studioso di agricoltura, giunto ai più alti gradi della burocrazia imperiale, uomo integro, di grande fede e vita cristiana, dedito al servizio del suo Paese, e che occupa un posto di rilievo nella storia della cultura cinese».

Xu Guangqi aiutò Matteo Ricci a scrivere e a tradurre in cinese diverse opere, favorì la comprensione dell’opera svolta dai missionari europei e li protesse durante la persecuzione di Nanchino del 1616. Mostrò, soprattutto, che il loro insegnamento cristiano veniva incontro a esigenze profonde della Cina del suo tempo, gravemente indebolita da instabilità economica, decadenza morale e aspri scontri politici: la crisi profonda sarebbe sfociata di lì a poco nella fine della dinastia Ming nel 1644, a seguito dell’aggressione venuta da Nord, e nell’avvento al potere della dinastia Qing.

Tra fine Cinquecento e inizio Seicento, gli spiriti più responsabili dell’alta amministrazione imperiale denunciarono una crisi morale sempre più profonda e a Xu Guangqi sembrò che l’insegnamento dei gesuiti costituisse una valida risposta a tale crisi. È illuminante in questo senso la postfazione di Xu, pubblicata in Xu Guangqi e gli studi celesti, a un’opera di Matteo Ricci, le Venticinque sentenze, che ebbe grande successo perché mostrava la piena sintonia tra la morale stoica rivisitata in chiave cristiana e una morale tradizionale cinese, di ispirazione confuciana, sempre meno praticata. Xu maturò la convinzione che il cristianesimo «poteva completare il confucianesimo e sostituire il buddismo».

Come scrive Elisa Giunipero, questa frase, divenuta poi molto famosa, si collega all’acuta percezione che Xu aveva della «fase storica di crisi e contemporaneamente di ricerca e apertura a nuove prospettive» attraversata in quel momento dall’Impero cinese. A motivo di tale crisi, Xu ritenne che il cristianesimo avrebbe favorito un profondo rinnovamento spirituale, che rinvigorisse il tessuto morale della società cinese e permettesse quei successi 'pratici' quantomai necessari in quel momento storico. In quest’ottica, il cristianesimo smetteva di essere una religione straniera e un "corpo estraneo" rispetto alla storia cinese, come lo stesso Xu sottolinea commentando il ritrovamento della stele di Xi’an, opera dei monaci siriaci che evangelizzarono la Cina tra VI e VII secolo.

Xu Guangqi ha avuto insomma un ruolo di rilievo nell’incontro interculturale tra Occidente e Cina del XVII secolo, ma com’è noto, tali incontri non sono mai eventi solo culturali. Quando uomini e donne di culture diverse stabiliscono tra loro rapporti profondi, anche tra le società cui appartengono si sviluppano legami solidi. Questi incontri sono importanti anche per la pace nel mondo. Sono perciò oggi particolarmente attuali le figure di Matteo Ricci e di Xu Guangqi, inseparabili l’una dall’altra e di cui da tempo si auspica l’apertura di una causa di canonizzazione congiunta.

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