mercoledì 21 gennaio 2015
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Qualche settimana dopo la fine della Seconda guerra mondiale, gli inglesi andarono alle urne e, sorprendendo tutto il mondo, decisero di non confermare la fiducia all’uomo che aveva condotto il paese alla vittoria contro Hitler. Winston Churchill dovette abbandonare il n. 10 di Downing street, tradizionale sede del premier britannico, e accontentarsi di guidare l’opposizione ai laburisti di Attlee. Churchill non era nuovo alle sconfitte, ma anche alle rapide rivincite. Nel 1951 vinse le elezioni e tornò alla guida del paese, fino a quando, nel 1955, seri problemi di salute lo consigliarono a ritirarsi.Churchill, nato nel 1874 e morto cinquant’anni fa, il 24 gennaio 1965, è universalmente noto per il suo ruolo durante la Seconda guerra mondiale, per la strenua resistenza alla Germania nazista, per il celebre discorso di Fulton del 1946, quando parlò della «cortina di ferro» che era scesa tra il mondo occidentale e la zona d’influenza sovietica, e forse anche per aver ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1953, che gli era stato conferito grazie ai suoi numerosi scritti di storia, ma soprattutto per la sua opera sulla Seconda guerra mondiale in sei volumi. Ma Churchill, oltre che letterato e uomo politico, era stato anche altro: giornalista, militare, storico, giocatore di polo, pittore. La sua giovinezza era stata a dir poco avventurosa. Spirito indipendente e studente non particolarmente brillante, ribelle per natura e poco incline ai rigidi canoni dell’educazione vittoriana, ebbe pochi contatti coi genitori e in particolare col padre, lord Randolph, figura di spicco del partito conservatore, che nel 1886 era stato nominato Cancelliere dello Scacchiere. A 21 anni Winston andò a Cuba come corrispondente di guerra, poi in Afghanistan e in seguito in Sudan e Sudafrica. Inviava corrispondenze, ma partecipava anche alle battaglie dei corpi di spedizione britannici. La sua notorietà si accrebbe durante la guerra angloboera. Catturato dai boeri, fuggì dal campo di prigionia e, dopo una marcia di 480 chilometri, arrivò nell’attuale Mozambico, allora colonia portoghese. Invece di ritornare in patria, dove sarebbe stato accolto da eroe, volle tornare in prima linea e fu tra i primi a entrare a Pretoria, appena conquistata dopo un lungo assedio.Grazie alla sua fama, a soli 26 anni entrò in Parlamento nei ranghi del partito conservatore e si affiliò alla massoneria. In disaccordo con la politica economica del partito, nel 1904 passò improvvisamente nelle fila del partito liberale. Ottimo oratore, nonostante un marcato difetto di pronuncia, Churchill cominciò la scalata al potere divenendo sottosegretario alle colonie, poi ministro del commercio e infine, nel 1910, degli interni, attuando una politica sociale per quei tempi rivoluzionaria. Nel 1911 divenne Primo Lord dell’Ammiragliato, vale a dire ministro della marina. Preoccupato dell’incremento della flotta tedesca, diede impulso alla costruzione di navi da battaglia e fece introdurre il gasolio come combustibile al posto del carbone. Contemporaneamente indusse il governo a investire nella Compagnia petrolifera angloiraniana, per assicurarsi riserve di petrolio.Nel corso della Prima guerra mondiale favorì la costruzione di carri armati, ma propose anche la fallimentare spedizione nella penisola di Gallipoli, nei Dardanelli. Il fiasco dell’impresa gli costò il posto, ma fu ben presto richiamato al governo come ministro per le munizioni e poi segretario di Stato per la guerra e l’aviazione. Al termine della guerra, convinto del pericolo rappresentato dalla Rivoluzione russa, propose l’invio di una spedizione per «strangolare il bolscevismo nella culla». Divenuto ministro delle colonie, operò per il mandato britannico in Palestina, ma nel 1922 in seguito alla sconfitta elettorale dei liberali, perse il seggio parlamentare.Ancora una volta la sua carriera sembrò terminare. Ma con un’altra conversione Churchill rientrò nel partito conservatore e ottenne, nel 1924, la carica di Cancelliere dello Scacchiere, che era già stata del padre. In tale veste favorì il ritorno della sterlina allo standard aureo, provocando pesanti ripercussioni sul costo della vita e un grande malcontento nei suoi confronti, che gli costò una nuova sconfitta nelle elezioni del 1929.Gli anni Trenta, che lui stesso definì «il mio deserto», furono una triste parentesi nella vita di Churchill, emarginato dagli stessi conservatori. Fu il suo intuito sulla reale minaccia del nazismo a riportarlo in auge. Nel 1926 aveva definito Mussolini «il più grande legislatore vivente», ma l’avvento di Hitler e la guerra d’Etiopia lo indussero a rivedere i suoi giudizi benevoli sulle dittature di destra. Verso la fine del decennio si dichiarò sempre più contrario alla politica di «pace a tutti i costi» del premier Chamberlain, convinto che cedere a Hitler avrebbe indotto il dittatore tedesco ad alzare sempre di più la posta. Quando Chamberlain, per la pressione dell’opinione pubblica, fu costretto a dimettersi, fu naturale che i conservatori pregassero Churchill di prendere le redini del Paese. Egli compose un gabinetto di unità nazionale e prospettò agli inglesi un futuro di «lacrime, sudore e sangue», incarnando il simbolo della riscossa nazionale fino alla vittoria.Benché non avesse alcuna fiducia in Stalin, nel 1944 trattò con lui la divisione dell’Europa in sfere d’influenza, un accordo che gli Stati Uniti non vollero riconoscere. Ciononostante dopo la conferenza di Yalta si accreditò il falso mito che fosse stato il presidente americano Roosevelt a cedere a Stalin. Subito dopo la guerra progettò la Missione impensabile, un attacco preventivo all’Urss, ma gli alti comandi britannici bocciarono il progetto come infattibile. La cosa restò segreta fino al 1998, quando ormai, scomparsa l’Unione Sovietica, l’impatto sull’opinione pubblica della rivelazione fu decisamente scarso. Fu l’ultima volta in cui la stampa si occupò dell’uomo che per più di mezzo secolo aveva rappresentato lo spirito della Gran Bretagna.
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