mercoledì 24 gennaio 2024
Un saggio di Giusto Traina mette al centro i 14 anni di guerra civile seguiti all’assassinio di Cesare. Una ricostruzione che induce a pensieri ucronici sul primato di Roma e le superpotenze di oggi
Un dipinto di Cleopatra, opera di John William Waterhouse (1888)

Un dipinto di Cleopatra, opera di John William Waterhouse (1888) - Wiki Commons

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Se tutto il mondo è paese e tutti gli esseri umani sono fratelli, allora qualunque guerra non può che essere una guerra civile, quindi essenzialmente fratricida. Ed è quel che con lucidità ci spiega Giusto Traina, parlandoci del conflitto tra Ottaviano e Marco Antonio, generato del resto da quelli tra Silla e Mario e fra Pompeo e Cesare e in qualche modo nemmeno risolto dalla Constitutio Antoniniana di Caracalla (per non parlare della divisio imperii tra Arcadio e Onorio, un secolo più tardi).

Questo libro nasce sulla base di una specie di amichevole sfida fra Traina e Anthony Rowley, uno dei più fini dirigenti delle finissime Editions Fayard di Parigi: si trattava di cimentarsi sulle Connected Histories e sulla courte durée. Non proprio come aveva fatto Traina proponendo una storia lunga un anno (428 dopo Cristo, Laterza 2007), ma comunque tenendo presente un breve periodo. Fu scelto a protagonista dell’esperimento l’arco dei quattordici anni dal 44 al 30 a.C., cioè dall’assassinio di Cesare al suicidio di Antonio e Cleopatra all’indomani della sconfitta di Azio.

Meno di tre lustri: ma fra i più intensi e documentati della storia romana. E tra i più ricchi di fonti “belle”, ma d’impegnativa interpretazione e da secoli arate in lungo e in largo dagli studiosi. I colleghi contemporaneisti accusano di solito noialtri antichisti e medievisti di far la vita bella, date le scarse fonti a nostra disposizione: è però scarsità a onor del vero relativa, e corretta dal fatto che di solito la problematica di una fonte di cinquecento o di duemila anni or sono è ben più complessa di quelle di cento o di duecento anni or sono. Il libro di Traina La prima guerra mondiale della storia. Dall’assassinio di Cesare al suicidio di Antonio e Cleopatra (44-30 a.C.), edito in originale francese da Fayard nello scorso anno, è non soltanto traduzione del precedente ma anche vera e propria riedizione: merito delle attenzioni e della scrupolosità d’Immacolata Eramo che lo ha tradotto per Laterza (pagine 272, euro 22,00).

Questa è, propriamente, la storia di due successive guerre civili, quella tra i cesariani contro i congiurati del 44 e i loro sostenitori e quella, successiva, tra i due “uomini forti” del Secondo Triumvirato. Ma Traina, diavolo d’un uomo, conosce il detto “tutta la storia è storia contemporanea”: e sa bene che nonostante tutti gli abusi e i delitti che si continua a commettere impuniti all’ombra di quella memorabile apocope essa contiene molto più di vero di quanto non sospettino quelli che furbastramente la chiamano in causa. Egli sa bene, inoltre, che il processo di globalizzazione si era già affacciato fin da remota data all’orizzonte dei fatti e delle strutture: lo provano peraltro le ben 17 pagine di sorvegliatissime note che l’accurato lettore farà cosa buona ad accuratamente meditare. Questa non è la storia di una fase particolare di storia romana, bensì di un momento nel quale un’area ben più ampia del mondo allora conosciuto, e magari a torto o a ragione (e soggettivamente) ritenuto marginale dai romani, venne coinvolto: dalla Tracia alla Partia, dalla Gallia all’Iberia, dall’Armenia fino a lambire l’Etiopia. Se la grande, affascinante, intelligentissima e coltissima regina greco-egizia o meglio forse egizio-ellenistica (lei, protagonista sostanziale dei fatti ben più del suo secondo marito) avesse avuto la meglio – sarebbe potuto accadere; e magari Traina lascia intendere che non sarebbe stato male – la storia del mondo non sarebbe stata la medesima: Roma ne sarebbe stata forse un po’ meno protagonista, ma Alessandria sarebbe stata ancora più grande e gloriosa e duratura; e i progetti di quel Grande, caduto sanguinante ai piedi della statua di Pompeo in un blasfemo sacrificio al fantasma della Romanorum libertas dei privilegiati distinti dal laticlavio e dei loro accoliti, si sarebbero più profondamente e magari fedelmente realizzati. In gioco c’era la continuità ideale con la lungimirante rivoluzione mondiale intravista, sognata e tentata da Alessandro, della quale la madre di Cesarione era probabilmente miglior interprete di quanto non fosse Antonio. E magari, se così fossero andate le cose – facciamola, protetti dal parere degli odierni maestri dell’ucronia, un po’ di storia con i “se” e con i “ma”…- oggi sarebbe ancora più vero che, per citare il titolo di un altro bel libro di Giusto Traina, I greci e i romani ci salveranno dalla barbarie. Quella barbarie chi si profila dietro le superpotenze egemoni contemporanee e le lobbies internazionali delle quali esse sono “comitati d’affari”.

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