giovedì 26 luglio 2018
La plasticità consente alle nostre strutture cerebrali di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente. L’omologazione artificiale degli stimoli può convertire questa virtù in rischio
Un'opera aperta chiamata cervello
COMMENTA E CONDIVIDI

Ambiente e cervello sono uniti da un matrimonio indissolubile, senza possibilità di divorzio; l’ambiente è l’insieme di stimoli che il cervello con i suoi sensori riceve dal mondo in cui vive. Un cervello senza stimoli è praticamente in coma. Che farebbe un uomo senza l’ambiente con il quale il suo cervello colloquia e interagisce che sarebbe l’uomo senza un tu, in carne ed ossa, come dice Martin Buber? La macchina cerebrale è di enorme complessità ed è composta da 86 miliardi di neuroni e da 100.000 miliardi di sinapsi. Il numero delle sinapsi cresce nella prima infanzia fino verso i tre anni per diminuire drasticamente nella vecchiaia. Con una punta di ironia si può notare che quando portiamo un bambino dal pediatra, quest’ultimo ha circa la metà delle sinapsi del piccolo paziente! La curva di crescita e decrescita delle sinapsi è la curva della nostra esistenza del nostro comportamento fisico e mentale. La struttura delle sinapsi si mantiene dinamica per tutta la vita, esse cambiano funzione e rapporti sotto gli stimoli ambientali. Il cervello è una macchina molto lenta se paragonata alla velocità di elaborazione dei computer o semplicemente del nostro smartphone che è almeno un milione di volte più veloce. Avrete notato che viaggiando in treno a bordo di un Frecciarossa non potete più leggere il nome delle stazioni, né vedere i particolari del paesaggio. Il nostro cervello visivo è una macchina lenta e non ha capacità di elaborazione sufficientemente rapida da percepire immagini che passano velocemente sulla retina. Il colloquio cervello ambiente è reso possibile dal fenomeno della plasticità cioè dalla proprietà che le strutture cerebrali hanno di cambiare struttura e funzione in risposta agli stimoli ambientali. È la magica proprietà per la quale possiamo imparare e ricordare. Durante un periodo situato subito dopo la nascita, chiamato periodo critico o sensitivo, la plasticità è incredibilmente alta e quasi inquietante. Questa enorme plasticità del sistema nervoso pone problemi, oltre che di conoscenza, pedagogici, sociali e politici in quanto è inerente al futuro comportamento del cittadino. Per questo motivo grande è la responsabilità delle strutture educative, famiglia, scuola eccetera, cui è richiesta una profonda coscienza morale. L’Accademia dei Lincei si impegna attivamente per la scuola dei più giovani. Il periodo sensitivo di alta plasticità è presente in tutti i mammiferi ma nell’uomo dura molti anni come se egli avesse l’imprinting di dover a lungo andare a scuola dall’ambiente.

Da sempre la scienza, pur consapevole dell’unicità dell’individuo, pone metodologicamente l’attenzione sulle evidenti somiglianze, macroscopiche e microscopiche tra i diversi cervelli umani. L’unicità dell’individuo è comunque assicurata dall’irriducibile variabilità dei corredi genici e delle esperienze individuali, in particolare quelle della prima infanzia. Questa variabilità è il patrimonio a cui attinge la società per diversificare i ruoli e valorizzare i talenti di ciascuno. Resta il fatto che cervelli cresciuti in ambienti simili e che quindi hanno sviluppato strutture e funzioni cerebrali simili, comunicano più facilmente: «O mantoano, io son Sordello / della tua terra...» scrive Dante nel canto VI del Purgatorio. La facilità di comunicazione agevola la costituzione di gruppi coesi cui corrisponde quella che in senso antropologico si definisce una cultura. Ora quello che l’uomo conosce, le sue tradizioni, in una parola la sua cultura, sono stampate nel suo cervello. Non si può, tuttavia, sottovalutare il rischio che lo sviluppo dei moderni mezzi di comunicazione, prima tra tutti la televisione, diffondendo messaggi uguali a moltitudini di persone, tenda a fare aumentare pericolosamente il cervello collettivo, più di quello che è richiesto per la socialità all’interno della specie. Mangiamo la stessa “pappa” sensoriale e culturale e sviluppiamo quindi strutture cerebrali simili. Ci adoperiamo con zelo diligente per limitare il nostro potenziale biologico di libertà in cambio di facilitazioni non indifferenti per la vita e lo sviluppo del gruppo e in generale per le interazioni sociali.

L’uomo vuole la sicurezza piuttosto che la libertà come dice Il Grande Inquisitore nei Fratelli Karamazov. La lotta contro la diversità all’interno della specie è una lotta contro natura e contro il piccolo singolo uomo che vuole gridare il suo nome. I mezzi di comunicazione e la globalizzazione che ne è in parte conseguenza hanno certamente influito sul nostro comportamento riducendo, a mio avviso, i rapporti individuali. Si vive in un mondo di decisioni rapide in una corsa continua dove non c’è più tempo per ascoltare, conversare e forse neanche per riflettere e pensare e certamente non c’è più tempo per occuparsi del prossimo. Il vero pericolo, a mio avviso, è che diventi un cervello che perde il suo compito di analizzatore critico e sia soggetto ai messaggi dei media più settoriali e come quelli che consumare sia un bene per l’umanità e che uccidere possa essere anche permesso.

Il mercato è diventato il dio laico dei nostri tempi producendo quello che io, in un saggio ( Elogio della lentezza) ho chiamato «una bulimia dei consumi e un’anoressia dei valori». Recentemente i ricercatori, tra i quali io stesso, si sono posti il problema dell’influenza che un ambiente ricco di stimoli, un ambiente arricchito, ha sul cervello, in particolare nell’invecchiamento, una condizione caratterizzata da numerose disfunzioni nelle modalità sensoriali, motorie e cognitive. A Pisa, in un ambizioso esperimento, “Train the brain”, abbiamo tentato di applicare ai pazienti con morbo di Alzheimer in fase iniziale (MCI) la metodologia dell’arricchimento, con lo scopo di dimostrare la possibilità di rallentare almeno l’evoluzione della malattia. Un sommario dei risultati, molto incoraggianti, e dei protocolli terapeutici è stato pubblicato nei Scientific Reports di “Nature” (2017). Voglio richiamare l’attenzione sulla situazione dell’anziano che, con la globalizzazione e il cambio dei costumi familiari, lo sviluppo rapido della tecnologia delle comunicazioni, si pensi semplicemente allo smartphone, è spesso ridotto in solitudine con una pericolosa diminuzione delle afferenze verbali e sensoriali che non possono che accelerare il suo declino cognitivo. Scuola e assistenza sanitaria sono in crisi progressiva, occorre richiamarci alla saggezza dei nostri governanti per opportuni rimedi. In tutti gli animali il cuore, è “ ultimum moriens”, nell’uomo anche la speranza è dura a morire; sant’Agostino esprime con profondità questo stato mentale con parole che sono una preghiera ma anche un programma politico che io mi ripeto per guidare la mia vita. Riporto queste parole con l’augurio che diventi programma comune: «La speranza ha due bellissimi figli; lo sdegno e il coraggio. Il primo di fronte a come vanno le cose, il secondo per cambiarle».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI