domenica 8 marzo 2020
Nel nuovo libro di Ernesto Preziosi l’attualità dell’appello ai “Liberi e forti”; la capacità del laicato di contribuire alla realizzazione del bene comune superando la crisi della democrazia
Un'illustrazione di Doriano Solinas

Un'illustrazione di Doriano Solinas - .

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Giunge in questi giorni in libreria il libro di Ernesto Preziosi, Cattolici e presenza politica. La storia, l’attualità, la spinta morale dell’Appello ai “liberi e forti” (Scholé, pagine 234, euro 18,00) di cui anticipiamo qui uno stralcio.

Cento anni fa, il 18 gennaio 1919, un sacerdote siciliano, don Luigi Sturzo, con un gruppo di amici, lanciava un appello: ai “liberi e forti” e con esso fondava il Partito Popolare Italiano. Con quel partito, che per Federico Chabod sarà «il più importante evento politico nella storia italiana del XX secolo», i cattolici entravano pienamente nello stato unitario, anche con una formazione politica. Quell’Appello e il partito cui diede vita ebbero un carattere innovativo su almeno due fronti: rispetto allo stato liberale in cui venivano a porsi e rispetto all’impegno dei cattolici nella politica.

La realtà odierna interpella quella storia. Da essa, da una sua conoscenza approfondita e critica, si possono trarre insegnamenti, elementi di confronto e, soprattutto, una sostanziale spinta morale a fare la nostra parte oggi; il tutto senza forzarne il senso in una sorta di attualismo, anche se l’occasione va colta per porsi alcune domande. Lo ha fatto il cardinal Bassetti, già nel maggio 2018, all’Assemblea della CEI quando, dopo aver citato l’Appello sturziano, ha affermato che: «La storia della Chiesa italiana è stata una storia importante anche per la particolare sensibilità per l’aspetto politico dell’evangelizzazione». Una storia di cui dobbiamo «essere fieri», rispetto la quale «è venuto il momento di interrogarci se siamo davvero eredi di quella nobile tradizione o se ci limitiamo soltanto a custodirla, come talvolta si rischia che avvenga perfino per il Vangelo».

Ci sentiamo davvero eredi di quella storia? Ci sentiamo chiamati a fare la nostra parte? Sono domande importanti che vanno considerate con attenzione e accompagnate da una esigente lettura di quella storia e, insieme, dell’attuale contesto. La nostra epoca è dentro un cambiamento profondo, antropologico, che non incide solo sulle strutture e sulle istituzioni ma agisce nell’animo umano, nei rapporti interpersonali, nelle relazioni sociali. Il volto della società è radicalmente trasformato. Il richiamo al centenario dei “liberi e forti” va considerato soprattutto in termini di metodo. I credenti operano nei diversi contesti storici, offrendo risposte, dando vita a strumenti, che ritengono idonei a raggiungere il fine che è legato al senso stesso dell’impegno politico del cristiano: operare non già per sé o per gli interessi della Chiesa, bensì per il bene comune. In questo scorcio di storia che abitiamo, il compito di un laicato credente, consapevole della propria chiamata, riguarda in primo luogo la necessità di rendere possibile una democrazia concreta. Per «rendere il popolo, nella sua realtà concreta e plurale, davvero protagonista consapevole della vita democratica, al riparo da scorciatoie pericolose di una democrazia apparente» (De Martin) succube delle dinamiche del leaderismo, per lo più fondato «su un uso disinvolto della comunicazione politica, matrice di un consenso per così dire manipolato, se non drogato».

Don Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo - .

Il libro propone alcuni spunti di lettura dell’esperienza sturziana e del popolarismo per accompagnare la riflessione di quanti, da credenti, si sentono oggi chiamati ad un rinnovato impegno nell’azione politica. Nella fase in cui terminava la seconda breve esperienza del Partito Popolare (1994– 2002) Alberto Monticone ricordava come fosse indispensabile mantenere alta l’attenzione dei credenti per la promozione di una «diffusa cultura progettuale e la tessitura di una trama di collegamenti per una politica d’ispirazione cristiana con stile di laicità». I credenti in tal senso sono « un volontariato intellettuale e politico a servizio dell’intero Paese».

Occorre rimboccarsi le maniche, leggere la realtà, favorire un’opera di acculturazione vasta, di carattere popo-lare, usufruendo anche dei nuovi media per individuare percorsi, costruire proposte. È quanto auspicava Cataldo Naro quando, riferendosi a Sturzo definiva la creatività come «la sua lezione più importante per i cattolici d’oggi». A noi compete il presente e lo sguardo su ciò che verrà. Anche per questo, come ha notato Scoppola, non c’è migliore omaggio ai maestri che «il non ripetere semplicemente quello che essi hanno detto e compiuto; ma cercare di inventare e costruire il nuovo come hanno fatto essi stessi».

Qui sta il senso del richiamo al popolarismo. Le difficoltà, evidenti e più volte sperimentate, non debbono scoraggiare: è una strada che va percorsa favorendo uno stile di confronto che parta da una essenziale stima reciproca, che non si fa velo delle diversità. È possibile trovare «una forma per esprimersi insieme»? È compito di un laicato, «convenientemente formato », individuare e promuovere forme idonee, in un discernimento comune con i pastori.

L’impegno creativo e lo stesso discernimento non possono concentrarsi su modelli astratti, frutto solo di scienza politologica. Dobbiamo partire dalla realtà, da ciò che si è trasformato nella società e dal suo triste riverbero nelle istituzioni di ogni livello, da quelle locali a quelle centrali. In sostanza è urgente rigenerare una proposta condivisa. Nel corso della “Terza Costituente delle Idee”, promossa da “Argomenti2000” nel dicembre 2019, si è avanzata una proposta di incontro-confronto di quanti sono interessati e coinvolti nel servizio politico alla luce dell’ispirazione cristiana. Una proposta che potrebbe essere la concretizzazione di quella necessità, più volte sottolineata, di offrire un “luogo” di incontro. Un forum, che potrebbe anche diventare permanente, per confrontarsi su alcuni temi dell’agenda politica puntando a costruire una piattaforma progettuale, una convergenza sui contenuti più e prima che sui contenitori. Può essere questo un modo con cui, nella fase attuale, i cattolici italiani, nel rispetto di un pluralismo politico che è una ricchezza anche per loro, possono svolgere un ruolo storico prezioso ed essere segno di un’unità dialogante nella cura del bene comune.

La novità, che tanti si aspettano, può essere frutto di un libero confronto, non tra piccoli gruppi, a rischio di autoreferenzialità, ma che faccia incontrare l’insieme dei percorsi che sono oggi in movimento, delle competenze e delle buone pratiche, delle persone che si interrogano su una visione di democrazia, di uguaglianza, d’Europa, di cittadinanza. Queste pagine intendono offrire qualche sottolineatura utile all’impegno, sulla scia dell’esperienza sturziana e del significato che ebbe quel partito per i cattolici e, insieme, per l’intero Paese.

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