martedì 7 novembre 2023
La sera del 9 novembre 2008 si spegneva la più grande cantante africana, poche ore dopo l'ultimo concerto per migliaia di immigrati del casertano
La cantante sudafricana Miriam Makeba (1932-3008)

La cantante sudafricana Miriam Makeba (1932-3008) - Epa

COMMENTA E CONDIVIDI

Faceva freddo la sera del 9 novembre 2008, ma Miriam Makeba, la più grande cantante africana, simbolo della lotta all’apartheid, volle salire lo stesso sul palco allestito a Castel Volturno. Malferma di salute, 76 anni, voleva cantare a tutti i costi per le migliaia di immigrati della “piccola Africa” casertana. L’ultimo suo concerto fu per loro. Sfruttati, fino alla morte. Come i sei giovani uccisi il 18 settembre dello stesso anno dal gruppo camorrista guidato da Giuseppe Setola. La “strage di San Gennaro”, per la ricorrenza del santo tanto venerato in Campania. Un'azione criminale con finalità di discriminazione e odio razziale, ma anche terroristica per incutere terrore nella comunità, in particolare tra gli immigrati. Che invece il giorno dopo reagirono, scesero in piazza, bloccarono il traffico. Una protesta contro la camorra e lo sfruttamento, con un coraggio che nessun italiano prima aveva dimostrato. Miriam Makeba decise di essere al fianco dei suoi “fratelli” di Castel Volturno, con la sua immensa voce. Lei che aveva dato voce, e che voce!, alla lotta in Sudafrica, la sua terra, e poi in tutto Mondo, dove si lottasse contro sfruttamento e discriminazione. Una voce che consumò fino all'ultimo su quel palco e che si spense poche ore dopo. Trent'anni in esilio imposto dal governo di Pretoria, nomade in giro per il Mondo, portando musica e diritti, vincendo un Grammy nel 1966, incidendo pezzi che sono storia come Papa Pata, The click song e Malaika. E quest'ultimo è proprio titolo dell'evento che il 9 novembre vuole ricordarla a Castel Volturno.

Malaika significa “angelo” in Swahili, ed è una delle più famose canzoni d’amore del continente. «Angelo, ti amo angelo mio, cosa posso fare, amore mio, non ho denaro vorrei sposarti, angelo mio, ma non ho denaro». Così recita il testo che Miriam Makeba cantò anche la sera di 15 anni fa, dopo aver passato la mattina nel Centro Fernandes di Castel Volturno, gestito dal 1996 dalla Caritas di Capua. Incontrò i tanti immigrati accolti, parlò con loro. «Un momento memorabile», ricorda Antonio Casale, responsabile del Fernandes. E proprio qui a partire dalle 18 si terrà un incontro di arte, cultura e musica, per ricordare Miriam Makeba, e quei durissimi giorni, attraverso tante testimonianze. Tra loro il vescovo di Cerreto Sannita, monsignor Giuseppe Mazzafaro, delegato regionale per Migrantes, il ministro plenipotenziario dell’ambasciata sudafricana, Mmathari Mashao, i musicisti Eugenio Bennato che era presente al concerto di 15 anni fa, Tashia Rodrigues, considerata l’erede di Miriam Makeba, Nancy Nene Colarusso e Daniele Sepe, il sindacalista della Flai-Cgil, Jean Bilongo che a Castel Volturno arrivò come bracciante, e poi ancora giornalisti che raccontarono quei giorni, amministratori locali, volontari da decenni accanto agli immigrati. Un coro di voci di chi non dimentica la grande Makeba.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: