sabato 8 agosto 2015
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Il murale di Sironi che vediamo non è l’originale dipinto dall’artista nel 1935, alla vigilia dell’inaugurazione della nuova Città Universitaria: nel 1953 un pittore, Carlo Siviero (un pittore, non un restauratore) ebbe l’incarico di obliterare le insegne fasciste: la data anno XIV, a partire dalla Marcia su Roma, l’aquila, un uomo a cavallo sull’arco di trionfo, la corona turrita sulla testa dell’Italia (le indagini ENEA del 1994 ci dicono che esistono ancora, sotto i ritocchi). Purtroppo il pittore Siviero (e sarebbe bene cercare negli archivi del Rettorato l’incarico, il capitolato, e il rendiconto, i pigmenti usati) estese il suo intervento a tuttol’affresco, con la errata e malaugurata intenzione di “migliorarlo”.La tragicità profetica del linguaggio sironiano, aspro, privo di compiacimenti, che ben si apprezza in una foto Vasari del 1935 (nel 1994 la misi, ingrandita, a puntuale confronto con lo stato odierno, sottolineando la generale alterazione) è stata minutamente e totalmente snaturata. Le figure, tracciate in un voluto e vigoroso “non finito”, in una spazialità ardua e complessa, accentuata dalla forma convessa della parete, sono state banalizzate, completate, addolcite. Sulla testa dell’Italia, al posto della corona turrita è stata messa una pezza, e il volto suggestivo, lo sguardo non retoricamente fiero,  hanno perso identità e ogni espressione. Le figure che sembravano scaturire da un fondo roccioso, evocazione di un passato epico, a giustificazione di un presente inadeguato,  incerto, ora si allineano come fantasmi di carta, ammorbidite nei visi, nelle capigliature, nelle pieghe delle vesti e nei contorni.Quindi a essere epurate non erano solo le simbologie fasciste, ma tutto il clima del murale venne modificato, respinto come testimonianza complessiva della dittatura, con grave dispiacere di Sironi, che non volle intervenire. Sironi negli anni Trenta, in un clima di ritorno all’ordine, di recupero di Giotto, di Piero della Francesca, e di Michelangelo, forse non ignaro dei grandi murales che il New Deal di Roosevelt spalmava sugli edifici pubblici, per aiutare gli artisti in difficoltà e per costruire un immaginario collettivo, aveva voluto pittura e architettura in intimo legame. Anche la scultura era partecipe, con la bellissima Minerva di Arturo Martini, echeggiante l’Auriga di Delfi, collocata davanti al Rettorato. Un ritratto di Marcello Piacentini, firmato da Sironi, testimonia l’amicizia fra i due, e la comunione di intenti. Vorremmo rivedere l’opera di Sironi nel suo stato originario, ma non sarà facile. Per non essere considerati talebani è necessario comparare il dipinto coi documenti, accertare se, come pare, Sironi abbia eseguito ritocchi a tempera, ossia a secco, sul suo affresco poco dopo il 1935, che si perderebbero rimuovendo i ritocchi, essi pure a tempera, di Siviero. Che il murale sia a “buon fresco”, e quindi dotato di resistenza alle puliture, sembrerebbe probabile, se nel 1985 venne delineato il grafico delle “giornate”, ossia delle campiture stese giorno dopo giorno sull’intonachino fresco. La calura dell’estate 1935 fece asciugare troppo rapidamente gli intonaci dipinti?. Come separare i ritocchi di Mario Sironi da quelli di Carlo Siviero? Le tecniche di indagine non distruttive fanno ogni giorno passi avanti, anche le tecniche di restauro si evolvono, sarebbe davvero il caso di eseguire delle prove su piccoli campioni.Occorre un dossier con gli interventi fatti forse nell’imminenza della guerra (applicazione di una carta protettiva), del 1982, del 1985 (diretti da Michele Cordaro, ICR), del 1994 (seguiti da Giuseppe Basile, ICR), esaminare la foto del 1935 e i bozzetti originali, le lettere di Sironi, i documenti d’archivio e gli studi recenti, allargare la commissione istituita dal Rettore a chi si è già occupato seriamente dell’argomento. Insomma non si tratta solo di decidere se rimuovere le “censure”, ormai storicamente acquisite, ma di cercare di far riemergere, sotto alle banali e banalizzanti pennellate di Carlo Siviero, il vero affresco di Mario Sironi.
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