martedì 3 ottobre 2023
Lo scrittore ed ex magistrato presenta al Prix Italia di Bari la nuova serie in onda su Rai 1 dal 27 novembre. Alessio Boni carabiniere indaga sull'ascesa della mafia pugliese nei primi anni Novanta
Lo scrittore Gianrico Carofiglio oggi al Prix Italia 2023 di bari organizzato dalla Rai

Lo scrittore Gianrico Carofiglio oggi al Prix Italia 2023 di bari organizzato dalla Rai - @Rai Eleonora Ferretti

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La mafia aggressiva dei primi anni Novanta e la lotta degli uomini dello Stato per debellarla. Sul piccolo schermo arriva un nuovo eroe letterario, il maresciallo Fenoglio (col volto di Alessio Boni) nato dalla penna dello scrittore ed ex magistrato barese Gianrico Carofiglio. Che oggi è stato fra i protagonisti al Prix Italia 2023 della Rai in corso a Bari dell’incontro pubblico “Eroi di Carta – Dalla pagina allo schermo” dedicata al rapporto tra fiction e scrittura. Accanto a Carofiglio Maria Pia Ammirati, Direttrice Rai Fiction, Gabriella Genisi, scrittrice e Luisa Ranieri, attrice protagonista di Lolita Lobosco. Carofiglio, dopo avere portato anche come sceneggiatore su Rai1 il suo avvocato Guerrieri col volto di Emilio Solfrizzi e al cinema Il passato è una terra straniera vedrà presto un altro dei suoi eroi sul piccolo schermo, il maresciallo Pietro Fenoglio. Il metodo Fenoglio sarà trasmesso in prima serata su Rai 1 dal 27 novembre in 4 serate, ed è basato sulla trilogia de Il maresciallo Fenoglio di Carofiglio, edita da Einaudi. (Una mutevole verità, L’estate fredda e La versione di Fenoglio). Diretta da Alessandro Casale, la fiction è stata scritta nelle prime due puntate dallo stesso Gianrico Carofiglio, e da Doriana Leondeff, Antonio Leotti, Oliviero Del Papa, ed è una coproduzione Rai Fiction – Clemart. Il metodo Fenoglio ci riporterà indietro agli inizi degli Anni Novanta, precisamente al 1992, a Bari. Gianrico Carofiglio, incontrato a Bari, racconta ad Avvenire come sarà la nuova fiction.

Carofiglio, cosa racconta la serie “Il metodo Fenoglio”?

La serie è incentrata sul figura del maresciallo Pietro Fenoglio, piemontese trapiantato nel capoluogo pugliese, che non riesce a capire da cosa dipenda l’ondata di violenza che recentemente ha colpito la città. Il maresciallo inizierà a sospettare che la criminalità locale non sia più semplicemente composta da bande rivali, bensì dalla nascita di una vera e propria mafia che ha ormai preso piede. Dopo l’incendio doloso del Teatro Petruzzelli, Fenoglio scoprirà una pista fondamentale, affiancato dal suo alter ego l’appuntato Pellecchia (Paolo Sassanelli) e dalla PM Gemma D’Angelo (Giulia Vecchio). La storia si interseca con le vicende che fanno da sfondo in un periodo complesso come quello dei primi Anni Novanta, con gli attentati orditi da Cosa Nostra ai danni di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle rispettive scorte.

I suoi romanzi come sono stati trasformati in una serie tv?

Per quanto mi riguarda i libri sono una cosa e i film e la serie sono un’altra. Credo che questa sia una buona serie che ha colto alcuni degli aspetti dei romanzi. Intanto, ha colto un tema importante che è il racconto di un investigatore “straniero”. Il Fenoglio dei romanzi è un torinese che si trova a Bari per una serie di circostanze della vita e si trova a indagare sul crimine organizzato. Che secondo molti è qualcosa di cui possono occuparsi solo degli autoctoni, che è uno dei tanti luoghi comuni che riguardano questo mondo delle indagini. Anche se ha qualche cosa di reale. Pensiamo a certe indagini sulla mafia siciliana: in passato soprattutto la comprensione di certi schemi di pensiero dipendevano all'essere autoctoni. Qui invece è il racconto di un investigatore, ma di un uomo soprattutto, la cui dote fondamentale è il metodo cui allude il titolo della serie, che è la capacità di mettersi in ascolto della persona, della realtà. Questa è una delle caratteristiche fondamentali degli investigatori. Soprattutto rispetto a certe indagini, è fondamentale ascoltare senza preconcetti, senza pregiudizi. Registrare quello che accade senza trarre conclusioni affrettate e soprattutto nella consapevolezza che tutte le intuizioni, non solo quelle investigative, possono essere sbagliate e le più pericolose sono le intuizioni belle. Fenoglio è uno che teorizza il fatto che bisogna sempre dubitare.

Come sono i caratteri della serie?

La figura interpretata da Boni è inscindibile da quella di Sassanelli che fa l’appuntato: i due funzionano benissimo insieme. Fenoglio è un personaggio un po’ più silenzioso, non particolarmente estroverso all'apparenza, che però è molto capace di sentire, di essere empatico verso l'altro. Mentre l'appuntato Sassanelli, barese, è più estroverso e vistoso nei modi di fare e barese.

Lei ha scritto anche due puntate della serie. Come interviene da scrittore su un lavoro televisivo?

Ovviamente ho seguito tutto, anche se ho lasciato lavorare gli altri sul resto. La cosa a cui tenevo, ovviamente, è che la storia raccontata, storia di una grande indagine antimafia, fosse plausibile dal punto di vista dell’azione e della procedura e devo dire che questo è accaduto. Chi vede questa serie, vede qualcosa che assomiglia molto al mondo reale.

I romanzi sono ambientati nel 1992, periodo complesso che ha visto. gli attentati a Falcone e Borsellino creare una cesura nella nostra storia nazionale.

Nei romanzi questa atmosfera c'è moltissimo, era un'altra epoca geologica. L'attacco delle mafie allora era di micidiale. È stato uno scontro decisivo in molti posti in Sicilia, in forma più eversiva e drammatica, ma anche altrove, come qui in Puglia. Le mafie pugliesi che erano mafie più giovani, nate relativamente da poco, cercavano di fare il salto di qualità. Racconto in forma romanzata, prendendo da fatti reali anche se mischiati in modo diverso, proprio quella fase cruciale della lotta alle mafie, soprattutto la scoperta che esistevano davvero. E l'attacco che ci fu da parte dello Stato alle mafie fu coronato dal successo. Ha funzionato perché quelle mafie, che stavano tentando di fare il salto di qualità per diventare come tutte le altre in maniera molto pericolosa, sono state fermate.

Oggi come vede la situazione?

Io non mi occupo da tempo di queste cose e ovviamente la mia conoscenza dell'oggi è quella di un lettore di giornali con qualche strumento in più degli altri. Però la mia sensazione è che non siamo più tornati a quei livelli di pericolosità. Era una pericolosità militare, oltre che naturalmente sociale che inquinava la vita collettiva. Basti dire che negli anni 90 in Italia c'erano circa 2000 omicidi all'anno ed oggi sono circa 300. Ora in tanti dicono, e in parte hanno ragione, che i mafiosi sono diventati più scaltri: è vero, ma è anche vero che c'è molta meno violenza per via dell'azione di contrasto e dei mezzi nuovi che ha usato lo Stato. L’idea che i conflitti criminali si possono risolvere con le guerre di sterminio non va più: non dipende dal fatto che sono diventati buoni e intelligenti, ma dal fatto che è considerato pericoloso. Condurre quel tipo di campagne militari, si sa che produce una reazione, è una reazione che di solito produce effetti.

Quanto c’è di autobiografico in questa storia?

Negli anni Novanta, noi, intendo un gruppo di magistrati in vari posti e un certo numero di ufficiali di polizia, abbiamo fermato l'ascesa verso la serie A delle mafie, delle mafie pugliesi che stavano diventando pericolose come le altre. Questo non è accaduto perchè c'è stata una azione seria di contrasto investigativo giudiziario. Una delle ragioni per cui ho scritto quel romanzo è quella di ristabilire la verità su questo, rendere ragione, se non merito e onore a quelli che hanno lavorato in condizioni spesso faticosi.

Cosa ne pensa delle recenti polemiche sulla magistratura?

La guerra in atto tra governo e magistratura purtroppo non è una novità, in molti, tanti, tantissimi, hanno un'idea bizzarra del principio di separazione dei poteri che risale a Montesquieu: l'interpretazione di questo principio di costoro è che, se i magistrati ci danno ragione sono indipendenti, se ci danno torto sono politicizzati dall'altra parte. Non richiede neanche di essere commentata una simile sciocchezza e un approccio così capace di minare dal profondo la legittimazione delle istituzioni.

Il rapporto fra scrittura e fiction. In questo momento molte fiction sono tratte dai romanzi dei grandi scrittori.

Nel rapporto tra scrittore e immaginario non so se le persone sono più attente, forse quelle più consapevoli degli aspetti letterari sì. Quello televisivo è un pubblico vasto con molta gente che non sa chi sia Carofiglio. Però, certo, una serie fatta seriamente, che si basa su dei romanzi dà alcune garanzie di qualità rispetto a cose un po’ più commerciali.

Nuovi progetti?

Sto scrivendo un nuovo romanzo con l’avvocato Guerrieri che dovrebbe uscire fra febbraio e marzo. Guerrieri ciclicamente ritorna con un periodo di tempo in mezzo abbastanza consistente tra un romanzo e l'altro, perché a me non piace l'idea di consumare il personaggio con troppe apparizioni. Il precedente è uscito 5 anni fa e non so se dopo questo c'è ne saranno altri. Perché questo romanzo è il capitolo di una struttura narrativa pensata come la sequenza di un unico grande romanzo. Potrebbe essere l’ultmo capitollo, o magari fra altri 5 anni tornerà. Invece ci sono state proposte televisive per un altro mio personaggio, l’ex pm Penelope, stiamo trattando. Quella si presta a una serie un po’ più dura.

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