domenica 25 luglio 2010
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I Nomadi e la solidarietà, un binomio inscindibile. Cominciarono nel 1993 dopo un viaggio in Cile, ospiti degli Intillimani, con i bambini delle favelas sudamericane. Da allora, ogni anno, il gruppo rock si è posto sempre un obiettivo: chiama i suoi fans sparsi in tutta Italia e nei concerti raccoglie ciò che serve per chi ha bisogno. «Si tratta sempre di oggetti, materiale didattico, farmaci, abiti, cibo, che vogliamo consegnare personalmente» spiega Beppe Carletti, che con il compianto Augusto Daolio è uno dei fondatori della band, nata nel 1963 a Novellara (Reggio Emilia).L’ultima iniziativa benefica in ordine di tempo è stata a favore della «Casa dei risvegli Luca De Nigris» di Bologna, che si occupa di assistenza e riabilitazione dei cerebrolesi e di promuovere la ricerca sul coma. «Nel concerto di Osteria Grande, il primo luglio, abbiamo tirato le fila del nostro "tam tam": è stata un’apoteosi» commenta Carletti. E aggiunge: «Ma, sia chiaro, noi siamo peccatori, non santi, c’è solo una Persona che salva il mondo, noi non facciamo niente di straordinario, anzi siamo privilegiati perché facendo i musicisti ci divertiamo». Come è nata l’idea di aiutare "Gli amici di Luca", persone che vivono in uno stato vegetativo, attaccate a una spina?Tutto è nato dall’incontro con Fulvio De Nigris, il padre di Luca, nel 2002, quando composi per Rai Fiction le musiche del film-denuncia «L’alba di Luca», che racconta la storia di un quindicenne entrato in coma dopo un’operazione che i medici definirono «perfettamente riuscita». Fulvio mi ha chiesto se potevamo fare qualcosa per sostenere l’associazione e la struttura pubblica sorte in seguito a questa triste vicenda. E noi abbiamo detto sì.Ma c’è solo una spinta emotiva dietro alla vostra solidarietà?No. Tutto nasce sempre da un incontro. Certo, molte situazioni ci toccano... soprattutto quando si tratta di bambini.È una questione di concezione della vita?Noi cantiamo da sempre canzoni dove dentro c’è tutto: la vita, la gioia, la sofferenza. I testi non sono mai banali. Non ci sforziamo di essere coerenti. Siamo così. Potrei dire che la nostra è una risposta a un bisogno. Tra noi e le persone che aiutiamo c’è il senso di un’appartenenza a un destino comune. E inoltre abbiamo sperimentato che è più bello donare che ricevere!Siete però gli unici, nel mondo dello spettacolo, a impegnarvi per la solidarietà in modo così continuo coinvolgente.Ripeto, non facciamo niente di straordinario, non esiste nessun progetto precostituito. Siamo partiti quasi per gioco ed è stato così bello che abbiamo proseguito.Tu vai spesso in Madagascar, perché?Ci vado da 20 anni per aiutare i bambini di un villaggio. E non vedo l’ora di tornarci a ottobre, appena finita la tournée.È una missione cattolica? Sì. Se ci penso mi commuovo... Ci sono le suore, c’è suor Vittoria di Palermo, che ha solo 36 anni e ha scelto di dedicare la vita a questi piccoli, lontano da casa e in mezzo a mille disagi. Ha una fede incredibile! Mi ha regalato un rosario...lo tengo sempre nel portafoglio.Una volta i bambini del villaggio mi accolsero cantando Io vagabondo e Crescerà, mi sono messo a piangere...Cosa fanno I nomadi per questi bambini?Laggiù c’è la fame. Una volta abbiamo comprato due mucche perché le cucinassero e se le mangiassero. Ci aspettavano con i tegami in mano! Che gioia! Poi abbiamo consegnato loro medicinali, penne, matite, quaderni donati dal "popolo dei Nomadi". Abbiamo aiutato anche la missione di padre Ugo De Censi nel Mato Grosso.Cosa è cambiato nella società dai tempi di «Dio è morto?»Siamo tutti più egoisti, arrivisti, non c’è più voglia di stare insieme, di fare comunità, ognuno si isola davanti al computer e finisce lì. La canzone di Guccini potrebbe essere stata scritta stamattina...Che fare, allora, secondo te?L’amicizia è importante, come quella tra i nostri fan. Ci sentiamo responsabili anche delle famiglie che sono nate tra chi si è conosciuto durante i nostri concerti. E allora voglio dire loro, come padre e nonno felice: fate figli, tanti figli, e non separatevi mai!
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