venerdì 10 febbraio 2023
Due dubbi sorti la notte passata. Ma «se bruciasse la città…» questa volta non daranno mica la colpa a Blanco? L’altro sospetto che estendo al popolo italiano: può essere...
Cari fluidi, coraggio: qui il meglio è il passato

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Due dubbi sorti la notte passata. Ma «se bruciasse la città…» questa volta non daranno mica la colpa a Blanco? L’altro sospetto che estendo al popolo italiano: può essere credibile un discorso politico (a prescindere dalla colorazione partitica) fatto da Fedez, uno nato e cresciuto a Milano che al nome di Giorgio Strehler ha dichiarato con i suoi classici francesismi: «Chi ca...(bip) è?». Meglio parlare di chi ha davvero incendiato la città del Festival di passione canora: Massimo Ranieri, Gianni Morandi e Al Bano. Non prendeteci per nostalgici passatisti, ma per noi dopo la reunion degli inossidabili Pooh e il Trio dei tenores pop italici il Festival poteva anche chiudersi lì. Non ce ne vogliano i farmacologici, almeno nel nome, Lazza e Lda, o i cartoonistici Will e Holly, ma quei tre che giustamente Fiorello D’Alema” (con quel baffo e quel taglio corto sale e pepe, ricorda l’ex leader comunista) definisce gli «higlanders», sono la Storia. E ahivoglia a ironizzare sui tre “Femores”, i presunti infortuni in cui potevano incappare queste vecchie glorie, sempre verdi, cadendo giù dall’insidiosa scala del palco o gli scalini in platea dell’Ariston, questi tre signori della canzone rappresentano la vera Musica Italiana. E all’interrogativo canoro dei Pooh Chi fermerà la musica?, noi rispondiamo: la loro, e quella degli eterni Morandi-Ranieri-Al Bano, nessuno potrà mai fermarla. Le loro canzoni fanno parte della vera cultura popolare e si tramanderanno ancora per decenni, forse per secoli. Quanto dureranno invece i fenomeni o presunti tali alla Blanco? O ancora peggio, il “perverso” Rosa Chemical. Siamo sicuri che l’interprete di

Made in Italy non si tratti del cantante mascherato da Achille Lauro? La canzone di Rosa Chemical oltre al ritornello alla Fred Flinstone, «Babababadibubum», c’è quel verso rimato, «morire da italiano, una vita come Vasco e stringere la mano a Celentano», che rimanda inevitabilmente alla poetica di mastro Lauro in Rolls Royce che invece vorrebbe vivere «sdraiato a terra come i Doors. Vestito bene, Michael Kors”» Noi saremo anche “boomer “, robivecchi da rottamare, anche perché privi di profilassi social made in Ferragnez, ma nel Paese reale vediamo ancora impiegati andare in ufficio in giacca e cravatta o al limite in jeans e maglione, e non quell’ «uomo vitruviano» di Rosa Chemical che pretende che «ti piace che sono perverso e non mi giudichi, se metterò il rossetto in ufficio il lunedì». Generazione fluida al potere. Filosofia da Il bene nel male di Madame che è poi la sintesi di questa miniserie in cinque puntate che è il Festival di Sanremo. Una triplice alleanza tra la Z Generation, un direttore artistico, Amadeus, che, con tutta la scuderia di Lucio Presta, asseconda il gusto pieno della vita al tempo dei social e si affida al reame sophistical-tamarro dei Ferragnez. Risultato finale? Oltre 14 milioni di telespettatori per la seconda puntata. Se dati causa e pretesto si comprende tutto questo, allora siete pronti per le prossime due puntate della miniserie: Sanremo, mare fuori, vuoto dentro.

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