venerdì 17 febbraio 2023
In un momento in cui sembra riaffiora il sentimento antisemita una raccolta di testi del cardinale tedesco fa il punto sul dialogo affrontando questioni nodali come la dottrina della sostituzione
Walter Kasper: per ebrei e cristiani una medesima salvezza

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Il cardinale Walter Kasper presenta così il suo recente Ebrei e cristiani. L'unico popolo di Dio (Queriniana, pagine 192, euro 22,00): «Vorrei affrontare alcune questioni che mi si pongono dinanzi quasi dieci anni dopo aver lasciato il dialogo ufficiale. Vorrei solo limitarmi a individuare dei singoli punti, senza presentare nuove ricerche». Infatti egli è stato, e lo è ancora, un punto di riferimento autorevole e competente nel dialogo ebraico cristiano. Per motivare la raccolta dei singoli contributi, presentati in occasioni e circostanze diverse, prende le mosse dal serpeggiare attuale dell'antisemitismo e dalla necessità di indicare alcuni punti chiari che, negli otto interventi selezionati, vengono via via colti e portati a chiarezza: "Ebrei e cristiani. Un nuovo inizio dopo la catastrofe della shoah"; "Ebrei e cristiani. L'unico popolo di Dio"; "Note sul questionario per il progetto 'Ebraismo nell'insegnamento cattolico della religione'"; "La notte del pogrom del Reich e l'indifferenza"; "Ebrei e cristiani, fianco a fianco"; "Discorso per la Settimana della fraternità di Monaco del 2007"; "Nostra Aetate e il futuro del dialogo tra ebrei e cristiani"; "Punti teologici chiave nel dialogo tra ebrei e cristiani".

Oggi percepiamo e siamo notevolmente documentati per poter affermare che «il XX secolo è stato il secolo della shoah, che voleva sradicare l'ebraismo. È stato anche il secolo in cui, del tutto inaspettatamente, è accaduto qualcosa di contrario alla shoah, ossia l'ambientazione di Gesù nell'ebraismo». Egli, ebreo, fu circonciso all'ottavo giorno, per secoli la chiesa ha festeggiato questo giorno, non solo rilevando la sua origine etnica ma per coglierne la rilevanza teologica «come segno di perenne legame dei cristiani con il popolo dell'antica alleanza». Il tracciato storico dell'iter del rapporto fra cristianesimo nascente ed ebraismo scorre lineare e nitido, senza nulla tacere, con obiettività storica e coscienza coraggiosa, di quanto pesa a carico dei cristiani: «La distinzione fra cristianesimo ed ebraismo è emersa solo dopo il Nuovo Testamento in un processo che si protrae nel III-IV secolo». Passo dopo passo, in un processo di mutua demarcazione nella «questione controversa se Gesù fosse il Messia profetizzato dall'Antico Testamento, cioè il Cristo e il Figlio di Dio». Non fu un periodo sereno e calmo di confronto, tutt'altro: «L'ebraismo e il cristianesimo, per così dire, la volontà di demarcazione e il conflitto ce l'avevano nel sangue, e li accompagnarono lungo tutto il loro cammino nel corso della storia. Questo dovet-te comportare molte conseguenze tristi e fatali nella successiva storia ebraico-cristiana».

Si giunge così alla Lettera di Barnaba in cui «la continuità di promessa e di adempimento, che è fondamentale solitamente per il Nuovo Testamento, è sostituita dalla rottura nella storia della salvezza. Prende piede così la teoria della sostituzione. Secondo essa il cristianesimo ha diseredato l'ebraismo e il suo posto è stato preso dalla Chiesa come il nuovo popolo di Dio». Chiarificatore è il pensiero di Walter Kasper nell'esegesi di Matteo 26,28 sul sangue di Gesù versato «per molti» cioè per tutti, compresi gli ebrei, parole che acquistano per noi, oggi il loro significato corretto «a partire dalle parole della Cena di Gesù: "Questo è il sangue dell'alleanza, che è versato per molti"». Il cardinale è netto nella sua asserzione: «Quell'esclamazione non accusa gli ebrei, ma accusa noi come cristiani perché, invece di interpretarla come un messaggio di salvezza, l'abbiamo interpretata per secoli come una maledizione per il popolo ebraico».

Come uscire da questo baratro storico che grava sulla Chiesa? Kasper è sereno nella sua disanima e sa indicare Gesù Cristo quale concretum universale e condurre a un modello di rapporto fra ebraismo e cristianesimo che denomina di rappresentanza. «Questo modello include anche ciò che è comune (solidarietà) e ciò che distingue (l'uno e l'unico che agisce per gli altri). In questo "modello della rappresentanza" può essere determinato benissimo, collegandosi a Rm1, il rapporto tra cristianesimo ed ebraismo contemporaneo. «L'ebraismo contemporaneo e il cristianesimo sono segni reciprocamente del giudizio e della grazia divini».

Questi interventi, susseguitisi negli anni, vengono a costituire delle pietre miliari, non solo per chi partecipa concretamente al dialogo ebraico cristiano, ma anche per ogni credente che, posto in ascolto dell'annuncio evangelico e della storia della Chiesa, desideri togliere dalla propria coscienza ogni ombra lasciata dai tempi passati e voglia interrogarsi su come, attualmente e personalmente, relazionarsi con Israele. La sollecitazione è impellente: «Se anche la comunità ebraica, come la Chiesa cristiana, nella fede alla parola di Dio che ascolta, dice "sì" nei fatti e nelle parole, dobbiamo rimettere a Dio il modo in cui egli condurrà Israele alla salvezza, senza "dover mettere in gioco la nostra cristiana speranza di salvezza per Israele"».

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